“San Siro è casa mia, ma oggi Roma è casa mia. Oggi sono molto triste”. Ecco, San Siro e Roma: cominciamo da qui, perché non si capisce. E la questione è importante, direi decisiva.
Cominciamo proprio dalla casa di Mourinho, che ha scelto i Parioli, come il presidente Dan Friedkin, suo datore di lavoro, misterioso e muto come il pesce trasformato in sushi che si gusta nei locali modaioli di zona, e soprattutto il presidente Sergio Mattarella che nell’appartamento ai Parioli ha traslocato per poi sgomberare tutto e tornare al Quirinale. La pensione ai Parioli è l’ideale, ma il Potere è al Quirinale, hanno detto E attenzione alla metafora ritmata, perché ha un suo senso.
Cioè la domanda terra terra – a Roma “tera, tera” con una ere sola – è questa: José Mourinho abita nel presente, e cioè in una squadra e in una Roma che lo ha accolto come Giulio Cesare al ritorno dalla campagna in Gallia, oppure abita ancora nel passato, su quella nuvola ormai virtuale e sospesa che è l’Inter, Moratti, San Siro, il Bernabeu e il Triplete? Scusi Sor José, disse il traslocatore: ‘Ste dieci casse di Champions League, scudetti portoghesi, italiani, inglesi, spagnoli, tutte ‘ste Coppe che ha vinto (25 dice chi le ha contate, più un infinità di premi e targhe varie), dove gliele scarico? Ce l’abbiamo una bella stanza dei trofei? Oppure – come Mattarella – je riporto tutto a Milano, Madrid o Londra, che ne so dove abita Lei? Sarà mai che pure qui bisogna tornare al Quirinale?”.
Appena rimesso piede a San Siro quei furboni di Zhang, Marotta e Zanetti, prima di accompagnarlo cordialmente fuori pure dalla Coppa Italia, gli hanno regalato un trabiccolone di San Siro in argento e cristallo a suscitare i ricordi e la commozione del cinquantanovenne “allenattore” (rigorosamente con due t). Detto tra parentesi – non c’entra proprio nulla – il SuperTrio dirigenziale regala già souvenir di San Siro, perché presto a San Siro manderanno le ruspe e dello storico stadio, che fu anche di Mourinho e del Triplete, rimarrà solo una nuvola di polvere. Sono gli anni che passano. Per lo stadio e pure per Mourinho…
Già, perché quello di San Siro fu davvero lo Special One, mentre al Mourinho odierno di Special è rimasta solo l’esteriorità del personaggio: l’affabulazione, l’adorazione fideistica dei tifosi, il complottismo, il dalli all’arbitro, i poteri forti e quelli piccolini che manco a sentire parlare Alessandro Di Battista o il filosofo sovranista Diego Fusaro. E ci metterei pure lo stiloso cappottino grigio che in Tv ha sfondato assai di più del misero gioco e delle rare vittorie giallorosse.
A quasi 10 mesi dal trionfale annuncio – “Siamo lieti ed emozionati di dare il benvenuto a José Mourinho nella famiglia dell’AS Roma – dissero Dan e Ryan Friedkin il 4 maggio 2021 – José è un fuoriclasse che ha vinto trofei a ogni livello e garantirà una leadership e un’esperienza straordinarie per il nostro ambizioso progetto. L’ingaggio di José rappresenta un grande passo in avanti nella costruzione di una mentalità vincente, solida e duratura, nel nostro Club” – lo schema migliore in cui si è espresso il nostro è quello dello scaricabarile: è colpa dell’arbitro, è colpa della rosa scarsa e ristretta, è colpa dell’inesperienza dei giocatori. Anche la curva che lo ha eletto a capopopolo è accorsa in aiuto nella ricerca degli alibi: “So’ i giocatori che so’ pippe!”, “Ci vogliono i dirigenti giusti, ma Joao Pinto è un cugino di quella sciagura de Monchi?”, “Bollito Mourinho? Ma quale bollito, ci vuole tempo, ha chiesto tre anni e tre anni bisogna dargli”. E giù una gran concione generale sui Rui Patricio, Abraham, Shomurodov, Maitland Niles, Oliveira… Per non parlare di Nicolò Zaniolo, flagellato dagli arbitri, e dai loro cartellini gialli e rossi – secondo Mourinho – come San Sebastiano martire trafitto da mille frecce sul colle Palatino.
Per fortuna di Mourinho che il magnate americano Dan Friedkin per scelta tace, altrimenti chissà cosa direbbe dopo aver speso per la Roma – gli hanno fatto i conti in tasca – 534,8 milioni di euro. Per ritrovarsi poi una Roma a metà classifica, un posto ben lontano da quello in Champions League quello che si agognava in estate, un Coppa Italia andata già in fumo, una partecipazione alla Conference League che è veramente un torneo alla periferia del calcio e pure certe batoste così dolorose – su tutte il famigerato Bodø Glimt – Roma 6-1 – che hanno segnato quest’epoca di mai avvenuta rinascita giallorossa.
Lo Special One si porta sulla schiena tre esoneri consecutivi (Chelsea, Manchester United e Tottenham) il cui peso e rimorso Mou ha magnificamente annegato in fantastiliardiche buonuscite – addirittura 77,5 milioni di sterline – che hanno trasformato i suoi fallimenti in successi. Ora la Roma impallidisce al solo pensiero di dover essere costretta un giorno a rompere con Mourinho: troppo gli costerebbe. Un indissolubile legame di sangue.
Ma intanto si avvicina per il povero Mou lo spaventoso Leviatano che egli stesso, ai bei tempi, invocò dodici anni fa contro la Roma di Claudio Ranieri, in un grottesco transfer temporale di vite e di ruoli, per un rigore contestato, allora come oggi, concesso all’Inter.
Presto, fa qualcosa Mou, inventati un colpo da Special One, o il ferale anatema degli “Zero Tituli!” ti colpirà inevitabilmente come un boomerang spazio temporale da te stesso lanciato. Sdeeeng! E come dicono a Roma: “Pure ‘sto Papa è andato”.
Fabrizio Bocca (www.bloooog.it)