Le Olimpiadi e Paralimpiadi invernali del 2022 rischiano di essere le più calde della storia, per motivi naturali e politici, in campo internazionale e nazionale. Così, dopo il Covid che ha condizionato i Giochi olimpici di Pechino, ecco la guerra in Ucraina a creare danni a quelli paralimpici, su quest’ultimi torneremo in seguito. E non è che la situazione nazionale abbia avuto meno tensioni di quella mondiale all’Olimpiade invernale, dal caso Valieva alle beghe interne italiane, è tutto uno scontrarsi di nazioni, federazioni, atleti e personaggi vari, che non si affievolisce, come si può notare, in Italia, nelle polemiche fra Arianna Fontana e la Federazione ghiaccio, che si sono nuovamente attizzate dopo che la campionessa azzurra ha precisato ancor di più le sue accuse, con nomi e cognomi che in un primo momento erano stati celati. Perciò, cerchiamo di inquadrare meglio la situazione ripercorrendo gli aspetti principali dell’Olimpiade per poi passare, nei prossimi giorni, all’esame di qualcosa ancora più squallido riguardante la Paralimpiade e la scandalosa esclusione degli atleti russi e bielorussi.
LE SORPRESE DEL MEDAGLIERE
Se è vero che Norvegia (prima con 16 ori e 37 podi) e Germania (12 ori e 27 podi) continuano a dominare, come già a Pyeongchang 2018 (14 ori entrambe), qualche variazione in classifica c’è e non di poco conto. La sorpresa più grande è il sorpasso della Cina sugli Stati Uniti, almeno negli ori, 9 contro 8. E’ l’effetto del giocare in casa? Non tanto, perché due ori sono arrivati grazie al “ritorno” di una campionessa del freestyle come Gu Ailing, nata e cresciuta sportivamente negli Usa col nome Eileen (che si pronuncia praticamente nello stesso modo del cinese Ailing) ma che ha scelto la patria della madre come sua bandiera, e perché negli sport in cui ha ottenuto medaglie era già su livelli di eccellenza, come nel pattinaggio artistico, lo short track, lo snowboard. A Pyeongchang aveva vinto 9 medaglie, una sola d’oro, ma 6 argenti che stavano a indicare la sua potenzialità, che si è espressa bene a Pechino, con 15 podi totali. Gli Usa non sono andati al di sotto di quattro anni fa, 8 ori contro 9 e 25 medaglie contro 23, ma hanno mostrato una stasi che dura da un bel po’ (9 ori e 28 medaglie a Sochi 2014). Al contrario, la Russia torna a galla con 6 ori e 32 medaglie dopo i 2 ori e 17 podi di Pyeongchang, ma fa addirittura meglio dei Giochi in casa a Sochi, l’edizione considerata come l’apoteosi del doping russo, quando prese sì 11 ori, ma si fermò a 30 medaglie. E’ forse questo ad aver scatenato di nuovo le ire del Cio, concretizzatesi nel feroce attacco alla Valieva, che con la cancellazione del nome Russia credeva di aver pulito l’ambiente? Adesso c’è il Roc (Russian Olympic Committee) che prende 32 medaglie: o il Cio è convinto di aver permesso solo agli atleti senza doping di andare alle Olimpiadi o pensa che solo uno scarso numero di medaglie serva a mettere la coscienza a posto. In ogni caso, è un Cio che fallisce su tutta la linea e si sfoga poi sui più deboli.
LE CONTRADDIZIONI AZZURRE
In questa classifica, l’Italia ha un risultato bifronte: 17 medaglie (2 ori, 7 argenti, 8 bronzi) e tredicesimo posto contro le 10 di Pyeongchang (3-2-5) e il dodicesimo posto. Un passo avanti o indietro? Sicuramente indietro se si guarda alla qualità degli ori, oltre che del fatto di averne uno in meno, perché a parità di risultato nello short track (Fontana oro nei 500 metri), mancano l’oro di Sofia Goggia nella discesa libera e di Michela Moioli nello snowboard cross contro quello del curling misto. E se sono arrivate medaglie da sport in cui a Pyeongchang c’erano state mezze o complete delusioni, come pattinaggio di velocità e slittino, non c’è mai stata una vera possibilità di attacco all’oro, tranne che nella discesa libera con la Goggia. Gli azzurri sono stati bravi a “raccattare”, sia detto senza offesa, dovunque sia stato possibile, ma la sensazione di una vera forza da 17 medaglie, beh, quella non c’è, tenuto anche conto dell’età dei medagliati, che induce a molte preoccupazioni per il 2026. E vale poco anche il fatto che solo in una edizione dei Giochi invernali, Lillehammer 1994, si siano vinte più medaglie, 20, perché il paragone non regge sia per la qualità (7 ori fra fondo con Di Centa e la staffetta, alpino con la Compagnoni, short track e slittino, più podi con campioni come Tomba, Isolde Kostner, Stefania Belmondo e via dicendo), sia per la posizione in classifica (quarto posto a soli 4 ori dalla Russia, prima), sia per la percentuale di podi sul totale delle gare (17 su 109 gare contro 20 su 61!). E’ stato messo in evidenza che l’Italia ha vinto medaglie in 8 discipline su 15, a dimostrazione che è una nazione più “completa” di altre. Ma, premesso che la Russia ne ha vinte in 10 discipline, Norvegia, Germania e Canada in 9, se la Cina ne ha vinte in 6, pur non avendo una grande tradizione sportiva negli sport invernali, vuol dire che questa distinzione non fa poi pensare a chissà quali meriti sostanziali, a volte è frutto della programmazione, a volte del caso. Le medaglie sono comunque meritate dagli atleti, se sono meritate da tutto il resto è un altro discorso.
LO SCI CHE SCIVOLA SU BUCCE DI BANANA
Lo sci alpino ha confermato, purtroppo, i brutti risultati degli uomini del 2018, ma, nonostante tante polemiche, anche quelli buoni delle donne. Manca l’oro, ma nel complesso le prestazioni sono rimaste di alto livello, sia con la Brignone che con la Goggia, due argenti molto vicini all’oro, vinto in entrambi i casi da due campionesse, quindi non si può parlare di rammarico. Quello che davvero non va è l’atmosfera che è stata creata alla vigilia e quella che ne è venuta fuori durante e dopo. Ma davvero c’è la necessità di presentare all’Italia e al mondo la Brignone e la Goggia come due grandi amiche, come due persone che hanno superato qualsiasi eventuale screzio o dissapore? E non c’è nemmeno il bisogno di insistere su eventuali antipatie personali. Basta lasciarle in pace, ognuna per conto suo, ognuna libera di pensare quello che vuole dell’altra, senza essere obbligata a manifestarlo pubblicamente. Ma se tutto deve essere ridotto a “Reality show” allora non sorprendiamoci se alla fine la lava fuoriesce dal vulcano, perché il tappo non potrà mai fermarla. E l’abbiamo visto, non solo con lo sfogo della madre della Brignone, la non dimenticata Ninna Quario, ma anche con la freddezza delle due quando sono state spinte a dimostrare quanto si vogliono bene tra loro. Ma davvero due persone in questo mondo non sono più libere di considerarsi antipatiche?
Nelle considerazioni tecniche, poi, c’è da rimarcare la solita differenza di valutazioni “casalinghe”. Si è detto, a ragione, che le piste di Yanqing erano troppo facili, di qui una parte di spiegazione per qualche risultato deludente. Ma se sono troppo facili, lo sono sempre. Non è che nel Supergigante, con Brignone settima e Curtoni decima, la pista è troppo facile e nella Discesa libera, con Goggia argento e Nadia Delago bronzo, è diventata improvvisamente difficile.
FONTANA, IL DUELLO E’ FUORI PISTA
Se Atene piange, Sparta non ride. Applicato all’Italia, se nello sci alpino femminile c’è tensione, nello short track volano stracci. Arianna Fontana conferma la sua bravura con un oro, un argento e un bronzo, e peccato per la sfortuna nella staffetta donne con la caduta di Cynthia Mascitto in semifinale, si poteva lottare per un’altra medaglia. Ma tutto il resto avviene fuori della pista con il grande duello fra la campionessa azzurra e il presidente della Federazione sport ghiaccio, Andrea Gios. La sfida si è protratta oltre i Giochi, con l’intervista della Fontana al Corriere della Sera, l’1 marzo, in cui precisa le sue accuse ai componenti della Nazionale maschile che avrebbero tentato, negli anni precedenti, addirittura di farla cadere in allenamento. A Pechino, c’erano state le accuse, ma solo allusioni sui nomi, che non ci interessa riportare qui. Il punto è un altro. Se i metodi di allenamento che preferisce Fontana, vale a dire quelli di suo marito Anthony Bello, l’hanno portata a vincere tutte queste medaglie, perché mai la Federazione insiste a ostacolarla? E poi, Gios ha detto che Bello può seguire Fontana, ma le decisioni spettano al c.t. della Nazionale. E allora, domanda che nessuno ha fatto a Gios: se il c.t. dice una cosa e Bello dice il contrario, Arianna Fontana a chi deve dar retta? Non c’è bisogno di risposta per sapere che tutta questa situazione è diventata una barzelletta, una ripicca che rischia di far fuori una atleta che può dare ancora moltissimo all’Italia. Ma pare che alla Federazione non interessi granché.
BIATHLON, IL BERSAGLIO SBAGLIATO
Il biathlon azzurro se ne viene fuori con un bronzo, contro i due di Pyeongchang (staffetta mista e Windisch nella 10 km sprint maschile), grazie a Dorothea Wierer nella 7,5 km sprint. Ma ancora una volta si è messa in evidenza la grande mancanza di affidabilità della squadra italiana. La Wierer viene celebrata in ogni occasione, ma il suo rendimento è legato strettamente all’efficacia al poligono, perché sugli sci ci sono almeno una decina di atlete che stanno davanti a lei. La sua unica speranza è non solo che le vada bene nei tiri al bersaglio, ma anche che quasi tutte le altre sbaglino. Non è il rendimento di una campionessa. E non si può gettare la croce addosso alle due azzurre meno forti in staffetta per sostenere che l’Italia ha perso l’occasione di una medaglia nella 4×6 solo perché, dopo le prime due frazioni, era seconda. E allora bisogna chiarire. I tecnici italiani preferiscono schierare le due più forti, Vittozzi e Wierer, nelle prime due frazioni, sperando che riescano a conquistare un vantaggio che le altre due, Comola e Sanfilippo, possano tentare di salvaguardare. E’ una tattica, non strana, che può essere o meno condivisa, ma è comunque una scelta. Ma poi non si può incolpare le ultime due se dal secondo posto si retrocede al quinto, come è avvenuto, perché bisogna analizzare meglio la gara. Così, va fatto notare che la Wierer dopo il suo ultimo poligono ha un vantaggio sulla seconda, la russa Reztsova, di 1”8, ma negli ultimi 900 metri viene scavalcata e dà il cambio alla Comola da seconda con un ritardo di 10”7. Quindi, in poco meno di un chilometro sugli sci, ha perso 12”5 dalla Reztsova. Così, non solo l’eventuale vantaggio con cui sarebbe dovuta partire la Comola è diventato un handicap, ma le ultime due azzurre si trovano ad affrontare le più forti delle altre squadre, che hanno preferito fare schieramenti gradualmente in crescita. Perciò, il quinto posto finale dell’Italia era già predeterminato alla fine della seconda frazione, ringraziando la norvegese Echoff che ha sbagliato tutto quello che era possibile al poligono e ha tolto alla sua squadra la possibilità di un oro sicuro, altrimenti l’Italia sarebbe stata sesta. Anche i commentatori, quindi, dovrebbero prendere la mira per colpire il bersaglio giusto, non quello che fa più comodo.
FRENESIA BOCCIOFILA
Ogni quattro anni, l’Olimpiade invernale “impone” il curling come sport stracult. Stavolta, è andata anche meglio perché è spuntato a sorpresa l’oro nel misto. E’ sicuramente una medaglia inattesa che ha fatto scatenare le analisi più disparate, sportive, sociologiche e quant’altro. Dal punto di vista tecnico non resta che dar umilmente notare che il merito va al 90% a Stefania Constantini, chiaramente protagonista sia quando si trattava di scegliere la tattica, sia quando bisognava fare il tiro decisivo, quasi sempre l’ultimo, con Amos Mosaner semplice “spalla”. La dimostrazione della casualità si è avuta poi nella gara a squadre, con lo stesso Mosaner in formazione, con l’Italia tornata nelle retrovie. E lì si è tornati all’essenza di questo sport: non più l’entusiasmo sfrenato di chi si è inventato “esperto”, ma la rassegnazione e la solita considerazione: sono le bocce sul ghiaccio.
RAI, IL SALOTTO DELLE VANITA’
Chiudiamo con la Rai, con una breve premessa su Eurosport. Per l’Olimpiade estiva di Tokyo 2021 le trasmissioni di Eurosport erano criptate per gli abbonati di Discovery. Stavolta, è stato possibile vederle anche su Sky, dove Eurosport è visibile ogni giorno. Ed è stato un bene soprattutto per alcuni sport, come il pattinaggio artistico, letteralmente massacrato dalla Rai. Se poi ci vengono a dire che è stato possibile vederlo in streaming (ammesso che sia così, io non posso saperlo perché ero a Pechino), mi immagino gli spettatori, soprattutto di una certa età, precipitarsi ad accendere i computer per sintonizzarsi e vedere in piccolo uno sport che alle Olimpiadi fa registrare sempre il tutto esaurito, l’unico insieme allo short track!
Ma andiamo alle trasmissioni Rai, che ho potuto osservare una volta rientrato, visto che le avevo registrate 24 ore al giorno su Raidue e Raisport, i due canali che hanno trasmesso l’Olimpiade di Pechino.
Beh, il dato più sconcertante che viene fuori è quello delle ore totali per ciascuno sport: lo sci alpino è al primo posto, ma indovinate chi c’è al secondo? Ebbene sì: il curling!!! Il bello è che è stato trasmesso a tutto spiano non solo nella prima fase, quando c’era il doppio misto nel suo cammino verso l’oro, ma anche nella seconda settimana, con la gara a squadre, con l’Italia malinconicamente sconfitta quasi sempre e relegata nelle ultime posizioni. Tutti gli altri sport, i più spettacolari e quelli meno, vengono dopo. E’ mai possibile? Vorrei proprio sapere, a questo punto, perché la Rai non trasmette altre gare di curling al di fuori delle Olimpiadi. Se ritengono che sia così interessante da avere il secondo spazio, superato solo dallo sci alpino (e ti credo!), perché limitarlo ai giorni dei Giochi olimpici? Mandiamolo in onda ogni settimana. Ma forse non lo fanno perché immaginano che gli ascolti non saranno molto elevati? Chissà.
La trasformazione della cronaca sportiva non sta solo in questa aberrazione del curling che in Tv ha più spazio di quasi tutti gli altri sport, ma anche nel modo di trattare l’argomento. Per Tokyo 2021 il tempo era coperto quasi per intero da un salotto in cui opinionisti e commentatori avevano più importanza dei risultati. Certo, questo è dovuto anche al fatto che la Rai non ha i primi diritti sulle Olimpiadi e quindi le ore di trasmissioni delle gare sono limitate, ma c’è modo e modo di rimediare, a cominciare dal fatto che le gare in concomitanza si possono anche registrare e mandare in onda, in maniera completa, in registrata. Invece, è il salotto delle vanità trasferito negli studi Rai. Stessa cosa, sia pure in misura un po’ ridotta rispetto a Tokyo, per Pechino 2022. A questo punto, meglio il curling.