La 19ma edizione dei Mondiali acquatici (Nuoto, Tuffi, Pallanuoto, Sincro, Fondo), appena cominciata a Budapest, conferma tutti i dubbi sulla portata dell’evento: tecnici, politici e organizzativi. E’ sicuramente un Mondiale non all’altezza di quelli precedenti, con la spiegazione-base delle difficoltà dovute alla pandemia da Covid, ma anche con una gran parte di responsabilità da attribuire alle pecche delle organizzazioni sportive mondiali.
DOPPIO SPOSTAMENTO
Questi Mondiali si sarebbero dovuti disputare in Giappone, a Fukuoka, l’anno scorso. A causa del rinvio dell’Olimpiade di Tokyo al 2021, si decise di spostarli al 2022, sempre a Fukuoka, ma i problemi del Covid ancora non risolti imposero un ulteriore cambiamento dell’ultima ora e si trovò la soluzione del ritorno a Budapest, che già li aveva organizzati nel 2017, in maniera egregia. Gli ungheresi hanno avuto solo 4 mesi per prepararli e, in linea di massima, hanno svolto un buon lavoro. Quello che non va può essere attribuito solo in minima parte a responsabilità locali.
RUSSIA ESCLUSA
La pecca più grande e scandalosa è la solita e riguarda non il nuoto in particolare, ma tutti i grandi eventi sportivi. A questi Mondiali non possono partecipare Russia e Bielorussia, a causa della guerra in Ucraina. La decisione è della Fina, che ha raccolto le “raccomandazioni” del Comitato Olimpico Internazionale. E il punto è proprio questo. Il Cio, tramite il suo presidente Bach, non ha deciso l’esclusione di russi e bielorussi dalle competizioni sportive, ha solo detto che non sarebbe stata opportuna la loro partecipazioni. Le Federazioni internazionali hanno raccolto l’appello e hanno deciso l’esclusione. Poi è arrivato lo squallido balletto di responsabilità: il Cio dice che non ha imposto alcunché, le Federazioni dicono che non si può ignorare quello che ha detto il Cio. In conclusione, siamo di fronte, qui nel nuoto come in tutte le altre grandi manifestazioni di altri sport, alla “vendetta” dei vigliacchi contro atleti indifesi e innocenti degli atti criminali del loro Governo.
Più in generale, lo strumento di vendetta sono diventate le attività “visibili”, quelle insomma che “fanno scena”, a riprova che non è tanto la sanzione nella sua sostanza la cosa più importante, ma l’effetto spettacolare che provoca. Così, le anime belle, per mostrare al mondo la loro indignazione, si sfogano sullo sport, lo spettacolo, la cultura. Il risultato è un impoverimento umano, oltre che di valore delle manifestazioni. E ancora più ipocrita è l’atteggiamento di alcuni, per fortuna pochi, atleti ucraini che pongono come condizione per la partecipazione degli atleti russi la loro abiura di quello che sta facendo Putin, facendo finta di ignorare che un’azione del genere sarebbe pericolosa per le vite dei famigliari degli atleti, esposti alle azioni vendicative del Governo russo.
E infine, non dimentichiamo che gli atleti sono professionisti, che vivono del loro lavoro. Impedendogli di partecipare a campionati e tornei, si provoca un danno enorme. E se è vero che per alcuni giocatori famosi di sport che assicurano incassi milionari una breve sospensione è sopportabile, per tutti gli altri la situazione può diventare molto grave. Forse che un ospedale, in qualsiasi parte del mondo, sospende dal lavoro e dallo stipendio un chirurgo solo perché è di nazionalità russa? Nello sport, nello spettacolo, nella cultura, invece, tutto è permesso. Davvero siamo arrivati a questo punto di inciviltà?
PROTESTE
Fuori dal coro, fuori dall’impianto. La potente macchina celebrativa del Governo ungherese non può impedire qualche manifestazione di protesta. Così, nella giornata inaugurale, proprio di fronte all’entrata principale della Duna Arena, un gruppo di cittadini fa sentire la sua voce e piazza striscioni di protesta che si possono vedere nella foto. Il significato: 150 aziende rischiano la chiusura a causa di provvedimenti governativi che hanno sottratto loro 5 miliardi di fiorini (poco meno di 15 milioni di euro), di qui l’appello a restituire quei soldi. La Polizia controlla, non ci sono incidenti, c’è solo il suono di una sirena azionata dai manifestanti per attirare ancor di più l’attenzione. E si contesta, ovviamente, il fatto che il Governo preferisce spendere soldi per i Mondiali di nuoto mentre li toglie a chi lavora mettendo a rischio le attività produttive. Vi ricorda qualcosa?
TRIBUNA STAMPA
Fra le pecche organizzative (poche comunque) ce n’è una che colpisce i giornalisti, in particolare quelli “non televisivi”. Si tratta della sistemazione della tribuna stampa nella Duna Arena ed è, purtroppo, una tendenza sempre più marcata negli ultimi anni, non relativa quindi ai Mondiali di Budapest, ma a un po’ tutti i Mondiali organizzati dalla Fina, la Federazione internazionale sport acquatici. Le postazioni Tv si trovano in linea con l’arrivo. Una volta (tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana) anche i posti riservati alla stampa scritta e online si trovavano più o meno a quell’altezza. Certo, visto il numero degli accreditati, non era possibile mettere tutti sulla linea del traguardo, ma anche chi finiva più lontano non andava oltre il centro della piscina. Poco alla volta, i giornalisti non televisivi sono stati spostati sempre più lontano. In questi Mondiali si è arrivati all’apoteosi: i posti per loro si trovano dalla parte opposta all’arrivo, in linea con la fine della piscina, alla virata. Quindi, i giornalisti per vedere chi vince possono solo guardare il finale di gara sugli schermi giganti che si trovano nell’impianto. In pratica, potrebbero restare in sala stampa o addirittura a casa per vedere meglio di quanto possano fare stando in tribuna stampa. E’ l’atto finale di una politica delle Federazioni che si inchinano alle Tv e trattano con arroganza il resto della stampa. Ma il paradosso è che fanno bene, visto che nessuno dei mezzi di informazione non televisivi ha il coraggio di protestare. E se qualcuno lo fa viene messo a tacere proprio dai colleghi non televisivi che si dissociano da lui. E allora, se uno si comporta da pecora è inevitabile che sia trattato da pecora. Vedrete, si arriverà al punto che questi giornalisti non avranno più diritto nemmeno a un posto in tribuna e l’unica cosa che sapranno dire, in stile “fantozziano” e “fracchiano”, rivolti al responsabile della Fina: “Come è umano lei”!
GARE
Concludo con le prime gare, non tanto per una cronaca, quanto per mettere in risalto il livello non eccelso di questi Mondiali. Già guardando le liste di entrata si nota come tanti campioni non si siano iscritti. Ma il caso più eclatante è quello dell’australiana Ariarne Titmus, doppio oro sui 200 e 400 all’Olimpiade di Tokyo, record mondiale sui 400 strappato alla statunitense Ledecky e record mondiale sui 200 della Pellegrini sfiorato già due volte. La Titmus ha preferito non partecipare a questi Mondiali per prepararsi meglio ai Giochi del Commonwealth. Se una campionessa preferisce i Giochi del Commonwealth (le nazioni facenti parte del mondo dei Paesi colonizzati dalla Gran Bretagna) ai Mondiali, si capisce bene qualche importanza questi ultimi abbiano assunto. Fra l’altro, a Budapest è possibile rivedere alcuni atleti, già medagliati in passato, che a Tokyo nemmeno si erano qualificati nelle loro gare e che adesso tornano nelle squadre nazionali (e parliamo di Usa e Australia, tanto per capirci, non di nazioni poco forti nel nuoto) per questi Mondiali.
Come esempio concreto, per concludere, faccio quello dei 400 stile libero donne. La Ledecky, bastonata dalla Titmus a Tokyo, li vince con il nuovo record dei Campionati, che è un record relativo, riferito solo alle prestazioni dei Mondiali. Si vede chiaramente che cerca la prestazione super, per dimostrare, soprattutto a se stessa, che su questa distanza non è ancora finita come campionessa. Ma il tempo che ottiene, pur essendo record dei Campionati, è di quasi 2 secondi inferiore a quello mondiale della Titmus (1”75 per la precisione), a dimostrazione che ormai per lei questa gara, come già i 200, è da dimenticare, le rimangono solo 800 e 1500 per gli ori, ma la sua carriera si avvia chiaramente alla fine. Niente di grave, resta la donna con più ori nella storia, ma è l’ulteriore segnale che questi Mondiali non sono di primo livello.
Dal nostro inviato a Budapest
Gennaro Bozza (foto tratta da federnuoto.it)