Sei culture diverse in un uomo solo, Cameron Norrie. Un po’ di Sud Africa, Johannesburg, dov’è nato, un po’ di Scozia da parte di papà, un po’ di Galles da parte di mamma, un po’ di Nuova Zelanda, dov’è cresciuto, un po’ di Inghilterra, Londra, dove vive dai 17 anni, un po’ di USA, la Texas Christian University, dov’ha studiato e ha mixato il suo tennis, rendendolo diverso, unico, fra l’attendista e l’offensivo, con improvvise e micidiali fiammate, fino a salire al numero 10 del mondo (oggi 12), primo dei sudditi di Sua Maestà con la racchetta, ultimo ancora in gara ai Championships 2022 in un ottavo di finale possibile, contro Tommy Paul (n. 32 del torneo) con poi eventualmente, in prospettiva semifinali, un tabellone da sogno, con al massimo la testa di serie numero 23, Tiafoe sul suo cammino.
ALLEATO PUBBLICO
Norrie il mancino, dopo un anno da junior per la Nuova Zelanda – dov’è scappato dai genitori per evadere dalla pandemia in pieno Covid -, gioca per la bandiera inglese da dieci anni ma solo adesso si sente davvero un idolo della sua gente: “Tutti mi hanno dato un’ottima accoglienza, soprattutto più degli altri anni. Penso che mostri un po’ il livello che sto giocando. Ho migliorato il mio tennis. Penso che anche il pubblico ne sia un po’ più consapevole. Sto ancora cercando di migliorare il mio gioco, ci riuscirò, anche con l’aiuto della gente, specialmente qui a Wimbledon”.
Ma l’alleato va gestito con cura, senza illusioni, per non farsi travolgere dall’eccessiva passione che già monta a livelli importanti, senza più Andy Murray: “Sto cercando di prendere partita per partita. Il primo obiettivo era raggiungere la seconda settimana per la prima volta, ci sono molte cose su cui posso migliorare nella mia prestazione, sono felice di esserci e anche di allenarmi, di migliorarmi. C’è ancora molto tennis da giocare, molti grandi momenti da superare per riuscirci”. Dev’essere bello essere al centro delle attenzioni: “E’ la mia prima volta nella seconda settimana di uno Slam, non potrei essere più felice. Essere il numero 1 britannico, giocare sul Center Court, essere sotto i riflettori e giocare a quel livello che ho fatto è stato molto divertente. Penso di essere stato un po’ più fortunato ma non ci sono avversari facili. Il prossimo, Tommy (Paul), ha vinto molto comodamente e penso che l’erba sia probabilmente la sua superficie migliore, quindi sarà dura”.
MATURITA’
L’anno scorso qualificandosi sia pure come riserva alle ATP Finals fra i primi 8 del mondo in gara a Torino e scalzando Dan Evans dal numero 1 dei tennisti brit, “Cam” ha fatto il decisivo salto di mentalità che coach Facundo Lugones, argentino agognava. Transitando per due fasi importantissime, fisico e tattica, migliorando la base atletica, ha potuto sostenere per periodi più lunghi sia la tenuta negli scambi da fondo che la spinta a rete e quindi il suo decisivo gioco d’attacco, corroborando i colpi-base – dritto in top e rovescio a due mani in back – con un piano d’azione e una concentrazione superiori. Addio soluzione estemporanee “da college”, il tennis pro è fatto di sostanza e continuità, e anche di capacità di esprimersi su tutte le superfici. Come sta facendo Norrie anche sulla terra rossa.
COCKTAIL ESPLOSIVO
“Non avevo programmato di spostarmi così tanto, è successo e basta. Sono stato abbastanza fortunato a potermi muovere e vivere la vita che ho vissuto. È abbastanza bello ma è anche complicato. Sposti le tue cose tutto il tempo ma impari molto su culture diverse”. Norrie sa di avere quel qualcosina in più che può risultare decisivo nella vita. Norrie ci ha preso gusto e, dopo il match dominato contro Steve Johnson si sbilancia: “Sono pronto al massimo. Mi sto allenando più che posso: è stata una stagione difficile sull’erba ma ho raggiunto il picco al momento giusto e mi sento decisamente molto meglio in campo”. E anche coi media brit, che gli contestano l’accento, troppo scozzese per via di papà, tanto da soprannominarlo “il Murray mancino”, gli criticano i colpi – “ha un servizietto, ha un rovescio che non piacerebbe neanche a sua madre, ha un potenziale tecnico che è un enigma” – e spulciano nella sua vita privata, finché non gli fanno confessare: “Io e Louise discutiamo soprattutto in cucina, lei seguirebbe le ricette alla lettera, io sono un creativo”. Louise Jacobi, con cui “Can” sta insieme ufficialmente dal 2020 è la fondatrice e direttrice di una ditta di interior design, dal nome emblematico: “Please Don’t Touch”. L’indicazione sul fenomeno Norrie che infiamma Wimbledon.
Vincenzo Martucci (testo e foto tratto da supertennis.tv)