La finale più inedita di sempre, tra la tunisina Ons Jabeur e la kazaka Elena Rybakina, è anche la finale della possibile grande beffa per il board di Wimbledon. Elena Rybakina, nata, cresciuta e residente a Mosca, alta, bionda, occhi azzurri, di fatto russa fino al midollo, è in finale a Church Road. Ma come? Non avevano vietato la partecipazione a russi e bielorussi? Certo, ma anche il destino era d’accordo col 95% del mondo che ha giudicato sbagliata la scelta del Board del torneo. Il Fato ha quindi scelto lei e il suo passaporto kazako – ha preso quella nazionalità attirata dalla ricca federazione – per beffare l’AELTC, togliendo alla bella Elena le insicurezze che nella sua pur breve carriera si è sempre portata dietro e facendole condurre senza tentennamenti il vantaggio di un set. Quando infatti nel secondo set sul 2-1 e servizio Rybakina la russa (anzi no, scusate, kazaka…) ha subìto il controbreak dall’esperta e favorita Simona Halep, era lecito pensare di vedere un film già visto. Quello che vuole Rybakina negata nel ruolo di front-runner, come la sua carriera sembra dire. Fino a oggi, perché la sicurezza con cui da lì in avanti ha servito e giocato nei suoi turni alla battuta, nella partita più importante della sua vita, cancella i peccati del passato.
RYBAKINA E I RIMPIANTI DEL PASSATO
La ventitreenne di Mosca ha iniziato Wimbledon da n. 24 del mondo, ma ha come best ranking il n.12, raggiunto a gennaio grazie alla finale del WTA 500 di Adelaide, ed è nelle prime 20 del mondo dal 2020 (chiuso al n.19), migliorando l’anno scorso quando ha chiuso il 2021 al n.14. In bacheca ha due trofei, i WTA 250 di Bucarest 2019 (sulla terra rossa) e di Hobart 2020 (sul veloce), ma altre sei finali perse: oltre alla già citata Adelaide ’22 dove si arrese ad Ahley Barty, nel 2020 Dubai – battuta proprio da Simona Halep, alla faccia della rivincita! -, Strasburgo, San Pietroburgo Shenzhen e nel 2019 Nanchang. L’anno scorso ha raggiunto i quarti di finale al Roland Garros, dove ha perso un’autentica maratona (9-7 al terzo set) con uno sciagurato doppio fallo sul match point per l’avversaria, Anastasia Pavlyuchenkova, dopo esserle stata superiore per lunghi tratti del match. Poi sono arrivati un ottimo ottavo di finale a Wimbledon e un discreto terzo turno a New York, ma alle Olimpiadi di Tokyo è arrivata l’altro grande rimpianto del 2021: una medaglia di legno che avrebbe potuto essere d’oro o d’argento se non avesse buttato alle ortiche ben sette match point in semifinale contro Bencic (7-6(2) 4-6 6-3) e di bronzo se non si fosse fatta scoraggiare nel terzo set per aver perso il tie-break del secondo set una volta dominato il primo (fu sconfitta 1-6 7-6(5) 6-4). Insomma, era chiaro che Rybakina è una runner-up, una giocatrice che si trova più a suo agio quando deve inseguire nel punteggio piuttosto che amministrare una situazione di vantaggio. Come confermato ieri, quando sotto di un set ha rimontato Alja Tomljanovic, ex di Matteo Berrettini. Già, era chiaro.
CLASSE E BELLEZZA
Da oggi invece è falso. Elena Rybakina ha superato i suoi limiti nella partita più importante, se non è classe questa! Stangona di 1 m e 84, è bella e sa di esserlo, prova ne sia la sua intensa attività social in cui si mostra sovente disinibita e disinvolta. La sua bellezza, il suo tennis esplosivo e l’assenza di un fidanzato dichiarato, le hanno portato in dote 70.000 followers, ma già oggi ne avrà almeno il triplo. Dritto potente e rovescio a due mani solido, ma soprattutto un servizio esplosivo che le consente di ottenere punti facili nei momenti di maggior difficoltà del match. Sabato sfiderà la favola di Ons Jabeur nella finale di Wimbledon. Dopo sei finali perse su otto, contro la n.2 del mondo parte nettamente sfavorita. Esattamente come oggi, contro la campionessa dei Championships 2019. Sfaterà anche il tabù di finalista perdente, dando al Kazakistan il primo Wimbledon della sua storia e agli organizzatori un grosso imbarazzo?
FENOMENO JABEUR
In finale l’attende la prima africana all’atto conclusivo di Church Road, e prima musulmana in assoluto, uomini compresi. “Spero che il mio viaggio continui”, aveva detto Ons Jabeur appena battuta la ceca Marie Bouzkova e conquistata la semifinale, e la sua speranza oggi contro Tatjana Maria si è realizzata. Ventotto anni (li compirà il prossimo 28 Agosto), nata a Ksar El Hallar, occupa il secondo posto del ranking WTA. Parliamo di una giocatrice alta 1 m e 68 e dal fisico non propriamente agile. Come ha fatto una così ad arrivare al n.2 del mondo e alla finale di Wimbledon? Nell’unico modo possibile, con una manina fatata e un tennis che più vario non si può: dritto e volèe, slice e palle tagliate come se piovesse, palle corte e back di rovescio. Uno stile di gioco pressoché unico nel panorama monocorde di potenza e regolarità del tennis di oggi. Aggiungeteci le radici arabe, la capacità di emergere nascendo in Tunisia, in una città non certo grande (Kasr Hellal ha 50.000 abitanti) con una federazione che non poteva certo garantire sostegno adeguato, ed ecco che avete di fronte un soggetto formidabile. Jabeur ha preso in mano la racchetta a 3 anni, incoraggiata dalla madre Samira, appassionata di tennis. Mai entusiasmo materno fu più azzeccato: Ons nel 2011 vince il Roland Garros Juniors proprio nell’anno in cui la sua Tunisia è martoriata dalla guerra civile (la Rivoluzione dei Gelsomini culminata con la caduta del regime in carica). Si rivela però davvero al mondo nel Roland Garros del 2017, quando a sorpresa raggiunge il terzo turno ed entra nelle prime cento giocatrici del mondo. Già da professionista è molto considerata in patria (prima di lei, dove la trovavate un’africana nel circuito?), figurarsi con due partite vinte in uno Slam e l’accesso alla top 100. I riflettori in patria sono tutti per lei, le aspettative schizzano alle stelle, Ons accusa un po’ la pressione e chiude il 2019 al n.77, 15 posti dietro di come aveva chiuso l’anno prima, pur centrando il terzo turno agli US Open.
IL MINISTRO DELLA FELICITA’
Nel 2020 la svolta. Agli Australian Open centra i quarti di finale, superando al primo turno Johanna Konta e al terzo Caroline Wozniacki dopo una grande battaglia (7-5 3-6 7-5). A Parigi raggiunge gli ottavi di finale, battendo al terzo turno la ben più potente e atletica Aryna Sabalenka, tds n.8 del tabellone (7-6 2-6 6-3) facendola impazzire con una palla sempre diversa dall’altra: tra slice e palle corte, la robusta bielorussa non può esprimere la sua potenza. Ormai è stabilmente nelle prime 30 del mondo e una brutta avversaria per chiunque. Nel 2021 centra i quarti di finale a Wimbledon e gli ottavi a Parigi, quest’anno vince a il WTA 1000 di Madrid e il 500 di Berlino, arriva in finale a Roma e a Charleston. “Sono una tunisina molto orgogliosa oggi, e la Tunisia è parte del mondo arabo e del continente africano. Voglio ispirare più persone possibile. Voglio vedere più giocatori dal mio paese, dal Medio Oriente, dall’Africa. Penso che il mio popolo in passato non ha creduto abbastanza che potesse accadere. Ora io sto cercando di mostrare che può succedere”. Ma non pensate a Jabeur come una persona presuntuosa, è molto amata anche per il suo umorismo e la sua sportività. Dopo la vittoria di oggi, ha preso per mano l’avversaria e amica Tatjana Maria per ricevere l’applauso insieme a lei. Il suo sorriso è sempre molto naturale e contagioso, al punto che in Tunisia l’hanno soprannominata il Ministro della Felicità: “È incredibile, bellissimo e divertente: il nostro attuale Primo Ministro mi accoglie sempre dicendo: ‘Ciao, Ministro’. Ma sono tempi difficili in Tunisia e lo sport unisce sempre i popoli. Sono felice che la mia gente mi segua. Spero di mantenere questo Ministero per sempre”. Sulla Rybakina, sua avversaria in finale: “Elena gioca molto bene, con uno stile completamente diverso dal mio. Sarà una partita durissima”.
Il Ministro della Felicità tunisino contro la beffa russo-kazaka. Il gioco vario e tagliato contro il servizio esplosivo e il dritto a chiudere. Umorismo contro bellezza. Chi vincerà la finale femminile di Wimbledon?
*foto ripresa da https://www.mykhel.com/