Gli ultimi giorni del Mondiale di calcio in Qatar si sono mischiati con le notizie degli arresti, a Bruxelles, di deputati e affini trovati con centinaia di migliaia di euro in tasca, frutto secondo l’accusa di corruzione operata proprio dai governanti qatarini. Il tutto si aggiunge alle critiche per gli operai morti nella costruzione degli stadi, 6500 secondo tutti i mezzi di informazione, il mancato rispetto di diritti civili e in generale per la politica di “conquista” sia del Mondiale, sia di posizioni di rilievo nella politica e nel mercato mondiali.
Questo offre lo spunto per tentare di definire meglio la situazione e, soprattutto, di mettere in evidenza alcuni dubbi che possono nascere da una narrazione forse troppo semplice e scontata, a cominciare proprio dai morti nella costruzione degli stadi. Sono stati davvero 6500? Da dove nasce questa cifra? Ci sono indagini, prove? E, sia chiaro, non è un discorso negazionista, ma semplicemente di verifica che riguarda il modo in cui è nata questa cifra. Perché dalla verifica può venir fuori che i morti siano stati molti di meno, ma anche molti di più, o proprio quei 6500 che tutti indicano come certi. Il punto essenziale riguarda il sistema di informazione, l’affidabilità dei metodi usati dai giornalisti di tutto il mondo, la garanzia dei riferimenti e dell’origine delle notizie.
L’INCHIESTA DEL “GUARDIAN”
Il Mondiale in Qatar era nato sotto accusa già dal momento dell’assegnazione, quando si parlò di corruzione a suon di dollari per ottenerlo. Ma nel settembre 2013 l’attenzione viene portata su qualcos’altro: le difficili condizioni dei lavoratori che stanno costruendo edifici e grattacieli a Doha e i numerosi morti causati dal mancato rispetto di diritti fondamentali. C’è un articolo del quotidiano britannico “The Guardian” che parla dei lavoratori immigrati nel Qatar, in particolare da paesi come Nepal, India, Sri Lanka, e riferisce dell’allarme lanciato da un sindacato, l’International Trade Union Confederation (Ituc): 700 operai indiani sono morti dal 2010 al 2012, dati forniti dall’ambasciatore dell’India in Qatar. Sempre secondo l’Ituc, 32 nepalesi nel luglio 2013. Inoltre, 44 dello stesso Nepal sono deceduti nel periodo dal 4 giugno all’8 agosto del 2013, dato che The Guardian precisa essere emerso da una propria indagine. Non ci sono informazioni su eventuali lavoratori morti dello Sri Lanka, ma il quotidiano inglese prosegue dicendo che l’Ituc prevede almeno 600 morti all’anno fino al completamento degli stadi e teme che, prima del calcio di inizio del Mondiale la cifra totale sarà di almeno 4000. Per chiarezza, ecco il link dell’articolo, così chiunque può verificare quanto ho appena descritto: https://www.theguardian.com/g
I NUMERI
Secondo questi dati, alla fine del 2013 almeno 800 operai sono deceduti durante i lavori negli edifici in costruzione nel Qatar (776 fino all’8 agosto, quindi si può ragionevolmente pensare a molti di più di 800 a fine anno). Considerando il termine dei lavori nel 2021 (cosa che non si è poi effettivamente verificata perché c’è stato lo sforamento di uno stadio, il Lusail, nel 2022) – quindi parliamo di un lasso di tempo di otto anni – , si hanno ulteriori 4800 morti, e non 4000 come dice il Guardian, che forse ha stimato la fine dei lavori nel 2020, altrimenti non si spiega questa differenza di cifre. In questo modo, si ha una previsione di almeno 6000 morti alla fine dei lavori, secondo le stime del Guardian, che, ricordiamolo, le dà come “minimo”. Se poi aggiungiamo l’estensione dei lavori all’inizio del 2022 per lo stadio Lusail e applichiamo lo stesso criterio del Guardian come previsione del numero di morti, si arriva a una cifra intorno ai 6500, quella che tutti citano come sicura e definitiva, a cominciare dallo stesso Guardian che, nel 2021, dà i 6500 deceduti come riferimento finale. In quest’ultimo articolo del marzo 2021 (https://www.theguardian.com/g
I DUBBI E LA REALTA’
Cos’è che non convince? Piccola premessa sui lavori per gli stadi. Il Mondiale è assegnato al Qatar il 2 dicembre 2010. Fino agli ultimi mesi del 2013 non si parte ancora con la costruzione degli stadi. Al momento del primo articolo del Guardian, nel 2013, i lavori stanno per cominciare e riguardano soltanto lo stadio Khalifa: si tratta di opere di ammodernamento della struttura che è stata completata nel 1976 ed era stata già rinnovata una prima volta nel 2005 in preparazione ai Giochi Asiatici del 2006. I lavori si concluderanno nel 2017. Quelli per gli altri stadi cominciano tra la fine del 2015 (Al-Janoub e Education City i primi due) e il 2018 e si concludono fra il 2019 e il 2021, tranne, come detto, quelli allo stadio Lusail, finiti nel 2022. Quindi, i 700 morti dal 2010 al 2012 citati dall’ambasciatore indiano non stavano lavorando per gli stadi, come gli ulteriori 77 dell’estate 2013. Il Guardian, perciò, ha applicato quei numeri, relativi alla costruzione di edifici, alla prossima realizzazione degli stadi, fra l’altro non considerando che nei primi due anni (fine 2013-2015) si lavora soltanto in uno stadio già esistente, non alla costruzione degli altri sette.
E qui già c’è un errore di fondo: su quanti edifici lavoravano gli operai morti nel periodo 2010-2013? E’ chiaro che si tratta di un numero molto elevato se si considera la trasformazione in atto a Doha, intorno al centinaio di strutture, basta osservare le foto dell’attuale centro di Doha dal 1980 (deserto totale, sabbia senza case, intorno all’hotel Sheraton, quello a forma di piramide, sul mare) al 2000, con pochissimi grattacieli e tantissime case basse, fino a oggi – lo Sheraton quasi scompare davanti a una foresta di grattacieli, per avere un’idea -, dovendo poi considerare tante altre gigantesche opere nel resto del territorio di Doha e dell’intero Qatar.
Gli stadi sono solo 8, uno da ristrutturare, gli altri da costruire, con un numero enormemente ridotto di operai rispetto a quelli che lavorano nel resto del Qatar. Ma il Guardian applica ai successivi lavori negli 8 impianti cifre che, ammettendo come vere quelle iniziali (2010-2012) fornite dall’ambasciata indiana, sono la base di partenza precedente all’inizio della costruzione degli stadi e relative a TUTTI i lavori nel territorio.
A questo punto, perciò, il problema principale è inquadrato precisamente: i 6500 morti sono il risultato di una “previsione”, sulla base di dati precedenti, assegnati peraltro a due realtà differenti, non di una “indagine conclusiva”, perché le cifre finali citate nell’articolo del 2021, oltre a considerare anche il periodo 2010-2013 in cui non c’erano lavori agli stadi, sono prese in modo tale da fornire quasi al 100% il risultato previsto nel 2013. E si resta sempre ai 12 morti alla settimana, dato primario del 2013, come se fosse un dogma, anche se una verifica delle cifre mostra sbalzi notevoli nel computo finale se si rispetta questo dato di base, tanto da essere costretti a una elasticità anormale degli anni considerati per non allontanarsi dal numero 6500 e soprattutto a considerare anche il periodo in cui gli stadi non erano in costruzione pur di arrivare a 6500, altrimenti si smentirebbe l’indagine del 2013. Tutti i media mondiali fanno riferimento al Guardian, che nell’articolo nel 2021 parla di 6500 morti, ma la base di tutto è la previsione fatta nel 2013, non ci sono riscontri successivi se non quelle delle fonti governative non specificate che, per singolare coincidenza, combaciano con le previsioni fatte otto anni prima. Peggio ancora, la cifra rimane la stessa anche dopo che i lavori sono proseguiti nel 2022 per lo stadio Lusail. Possibile che il Guardian, e nessun altro, abbia mai fatto un aggiornamento per verificare se ce ne fossero stati ulteriori? E ancora: tutti i mezzi di informazione del mondo fanno riferimento all’articolo del quotidiano inglese del 2021, ma nessuno parla del primo articolo, quello del 2013, che fa capire come la cifra 6500 sia una previsione e non un accertamento.
L’INDAGINE CHE NON C’E’
Durante il Mondiale, i dirigenti qatarini fanno qualche ammissione. Il capo del comitato organizzatore, Hassan Al-Thawadi, per la prima volta dice che è stata fatta una stima tra i “400 e 500 morti”. E a proposito dei 6500 citati dal Guardian le autorità sostengono che è il numero totale di immigrati morti in Qatar dal 2010 a oggi. Può essere vero? Purtroppo nessuno è in grado di dirlo perché tutti, comodamente, si sono adagiati sui 6500 degli stadi del Mondiale e sono rimasti fermi lì. Eppure, bastava leggere il primo articolo del Guardian, quello del 2013, per capire che le cifre di partenza non riguardavano gli stadi, ma l’intera nazione. Significa che nessuno lo ha letto con attenzione? Di conseguenza, nessuna curiosità su eventuali morti in tutti gli altri cantieri di Doha, che negli ultimi venti anni si è trasformata in modo impressionante. Nessun raffronto con altri Paesi, ovviamente facendo la proporzione fra numero di abitanti e fra numero di cantieri e di lavoratori impiegati, per avere un’idea se la strage di operai è un peccato particolare del Qatar o se c’è chi fa peggio. In proposito, ricordiamo che in Italia nel 2019 sono stati 1156, poi circa 1600 nel 2020 e 2021 con 300 ogni anno attribuiti al Covid (dati dell’Inail). Una strage anche questa.
Rimane quindi la domanda senza risposta: quanti operai sono davvero deceduti in Qatar nella costruzione degli stadi del Mondiale? Come detto all’inizio, potrebbero essere molti di meno dei 6500 indicati dal Guardian, ma anche molti di più, o proprio 6500. Ma non lo sappiamo perché una vera indagine non c’è stata e non c’è. E questa è la sconfitta più grande per un giornalismo che si vanta di fare inchieste.