(Immagine di copertina © Il Post)
Come si tifa una squadra di calcio di una città in cui si parlano due lingue, si vive una miscela di culture e, soprattutto, dove il calcio non è lo sport dominante come nel resto d’Italia? La risposta non è semplice.
Le radici del Südtirol non vanno ricercate a Bolzano, ma a Bressanone. È qui che, nel 1974, viene fondata la Midland, una polisportiva, la cui sezione calcistica gioca nei campionati dilettantistici del circondario. Vent’anni dopo, la svolta: l’imprenditore Sepp Insam decide, nel 1994, di rilevare la squadra di calcio della Midland e renderla un punto di riferimento dell’Alto Adige. Un’idea rivoluzionarla per la zona. Per farlo, si deve necessariamente cambiare denominazione in Südtirol Alto Adige. Inizialmente i vertici Midland non ne vogliono sapere, ma la bruciante retrocessione in Promozione, fa tornare Insam alla carica: cambiare nome per sensibilizzare gli investitori locali. Affare fatto.
Il Südtirol Alto Adige fa il suo esordio nella stagione 1995-96, campionato di promozione. Nel ’96 vincono l’Eccellenza, anzi, l’Oberliga come più di qualcuno la chiama da queste parti, e incrociano il loro destino con quella che, allora, è la squadra di riferimento: l’AC Bolzano, società scioltasi nel 2017. L’ontologia del Südtirol è espressa dalle parole di Leopold Goller, storico numero uno degli altoatesini dal 1997 al 2006: “Abbiamo campioni assoluti nell’hockey, nello sci e in tante altre discipline. È venuto il momento di farli crescere anche nel mondo del calcio!” A Bolzano, infatti, il pallone non è mai riuscito a scaldare i cuori degli sportivi che, fino a poco tempo fa, battevano tutti per l’hockey sul ghiaccio. Le Foxes, questo il soprannome della squadra di hockey locale, sono infatti una vera e propria istituzione in città: diciannove scudetti, tre coppe Italia e una coppa delle Alpi rendono l’Hockey Club Bolzano uno dei più titolati d’Italia.
Nel 2016, ecco il trasferimento da Bressanone a Bolzano. Non è, però, l’unico cambiamento degno di nota: per la seconda volta nella sua giovane storia la squadra cambia nome. Non più Südtirol Alto Adige ma solo Südtirol. Una scelta che ha infastidito e non poco i tifosi italofoni, sempre presenti in curva all’ombra del tricolore. Una fiera rivendicazione di appartenenza allo Stivale, come a voler ricordare l’italianità di Bolzano e dell’Alto Adige. “Noi siamo l’Alto Adige!” – questo il grido di protesta del gruppo ultras altoatesino, gli Eagles Supporters. Gli ultras sono schierati apertamente in favore del mantenimento del nome di fondazione, che esprimeva, secondo loro, la volontà di portare avanti il desiderio di raggruppare tutta la provincia. Per i tifosi di lingua tedesca la squadra si chiamava Südtirol anche prima del 2016 e questo aspetto non ha mai rappresentato un problema per la curva, che ha accolto e continua ad accogliere senza distinzioni appassionati di entrambe le lingue. Questa scelta è stata quindi recepita dalla galassia del tifo organizzato come essenzialmente politica.
La parola d’ordine è e rimarrà testardaggine. Nonostante le mille problematiche legate all’ambiente, nulla ostacolerà la voglia di bere una Forst tra le lunghe tavolate del Biergarten di Caldaro, un suggestivo pub rivestito interamente di legno, o di girare il Belpaese come insigni rappresentanti della “bolzanità”, un privilegio per dei ragazzi nati e cresciuti nel capoluogo di provincia. Ha fatto presto il giro della rete la foto dell’unico tifoso del Südtirol nel settore ospiti del Vigorito di Benevento. La promozione in serie B la passata stagione e la possibilità, quest’anno, di portare gli squadroni della A sulle sponde dell’Adige sono viste come giusti premi per chi è sempre stato al fianco della squadra dalle tribune del Druso, dal 2000 la casa dei biancorossi altoatesini.
Druso! Chi era costui? Nerone Claudio Druso, passato alla Storia come Druso maggiore, fu fratello minore di Tiberio e padre di Claudio, entrambi imperatori romani, e committente attorno al 15 a.C. del primo ponte sopra il fiume Isarco, il Pons Drusi, in un’area dove poi sorgerà la città di Bolzano. L’impianto è espressione della volontà italianizzatrice del fascismo, il taglio del nastro è infatti avvenuto nel 1930, e la scelta del nome di un condottiero romano quale autentico ecista della città di Bolzano nonché vincitore del “nemico tedesco” ne è una lampante dimostrazione. Il vero fiore all’occhiello del Südtirol è l’FCS Center, avveniristico centro sportivo in mezzo alle verdi montagne e sede del ritiro per i mondiali di Russia 2018 della Mannschaft di Löw. Cinque campi, di cui due in erba e tre sintetici, e un edificio di tre piani con al pian terreno il settore giovanile, al primo piano gli spazi riservati alla prima squadra maschile, tra i quali spiccano un centro di riabilitazione tra i più moderni in Italia e una piscina per il recupero dagli infortuni, mentre al terzo piano ecco gli uffici per ogni dirigente e la sala conferenze con vista sui campi di allenamento. Una perla in grado di non sfigurare innanzi alle bellezze della natura che la circonda.
“Alcune squadre sono convinte che senza il blasone non si va da nessuna parte, ma se fosse così la favola dell’Fc Südtirol non esisterebbe”, ha dichiarato Bisoli. Non sbaglia: ciò che è essenziale è l’ambizione. E il Südtirol è lì a ricordarcelo. Sempre.