Il pienone della Superarena di Saitama, con più di 18.000 spettatori nell’ultima giornata dei Mondiali di pattinaggio artistico su ghiaccio, diventa una gigantesca coperta, ma piena di buchi e strappi, sulle contraddizioni e sui problemi di questo sport, spaccato fra divieti ingiustificabili agli atleti russi e bielorussi, spettacolo declassato, giudici disinvolti e ancora dubbi sull’equilibrio fra parte tecnica e artistica. Insomma, non ci si fa mancare alcunché in un momento nel quale tutte le certezze sono andate a farsi benedire.
La responsabilità, ovviamente, è dei dirigenti della Federazione mondiale, che non sanno cosa decidere e vanno avanti sperando che alla fine tutto si aggiusti da solo. Ma i problemi sono lì, davanti a tutti, e diventano sempre più grandi. Né può bastare il tutto esaurito, frutto della passione del pubblico giapponese unita all’aspettativa di record di medaglie, puntualmente realizzatasi, perché il resto della stagione, a cominciare dal Grand Prix, ha offerto la desolazione di palazzetti mezzo vuoti. E mica si può risolvere tutto organizzando qualsiasi gara in Giappone! Nell’attesa che qualcuno si svegli e cominci a dare una scossa all’ambiente, vediamo cosa è venuto fuori dalle restanti due gare che hanno chiuso i Mondiali, singolo Uomini e Danza, dopo che singolo Donne e Coppie avevano già mostrato le pecche della situazione attuale.
ASPETTANDO NATHAN CHEN
Fra gli uomini, la conferma del giapponese Shoma Uno, già vincitore nel 2022 a Montpellier, era quasi scontata e il “quasi” era legato più che altro alla possibilità che lo statunitense (figlio di russi-uzbeki) Ilia Malinin azzeccasse un superprogramma di quadrupli, cominciando dall’Axel, che sopperisse al basso livello dei Components. Così non è stato, anche se il quadruplo Axel, come già accaduto nelle tappe del Grand Prix, è stato eseguito bene. Non sono stati altrettanto efficaci gli altri previsti nel programma, ma soprattutto si è confermato che la parte artistica è davvero povera, tanto che qualcuno, acutamente, gli ha affibbiato il soprannome di “Trusovo”, per affinità con la russa bravissima nei quadrupli e meno brillante in tutto il resto (e comunque le va dato atto dei suoi tentativi di migliorarsi anche nel lato artistico). Malinin nel programma libero ottiene appena 80,98 nei Components ed è addirittura undicesimo sui 24 finalisti in questo punteggio, con Uno che lo sopravanza di quasi 14 punti, e il sudcoreano Cha Junhwan, ottimo secondo, di 10. Malinin si mostra deluso sul podio, ma anche se gli fossero andati bene tutti i quadrupli il significato della sua prova non sarebbe cambiato. Potrebbe essere questo un argomento a favore di chi dice che bisogna limitare i quadrupli o aumentare il valore dei Components, perché Malinin con i quadrupli eseguiti bene avrebbe anche potuto vincere l’oro, ma le controindicazioni sono parecchie. Intanto, la gestione dei Components è sempre un rischio, si darebbe ai giudici un potere discrezionale incredibile e nel passato si è già visto quali nefaste conseguenze si sono avute, in particolare nel settore femminile. Poi, il campione olimpico Nathan Chen ha dimostrato che si possono eseguire anche sei quadrupli in un programma e mostrare allo stesso tempo doti artistiche di rilievo. Certo, uno come Yuzuru Hanyu resterà inarrivabile da questo punto di vista, ma non si potrà accusare Chen di aver vinto solo grazie ai quadrupli. Lo statunitense si è preso un anno sabbatico, dopo le fatiche olimpiche della scorsa stagione, si spera che torni presto per rivedere un livello tecnico più elevato, così come si è sentita la mancanza del giapponese Yuma Kagiyama, argento olimpico a Pechino 2022, che ancora deve recuperare da un serio infortunio. Per Shoma Uno sono due avversari irraggiungibili, a ulteriore dimostrazione che questi Mondiali, anche nel settore maschile, sono stati di livello inferiore, ma con una nota speciale di merito per il francese Kevin Aymoz, quarto con la sua migliore prova di sempre e capace di un pattinaggio bellissimo, al di fuori degli schemi, sempre originale e degno di punteggi ben più alti. Infine, i due azzurri Matteo Rizzo, nono, e Daniel Grassl, dodicesimo. Il risultato non è quello sperato per entrambi, ma le indicazioni sono differenti. Rizzo paga gli errori nel Corto, il quadruplo Rittberger con caduta e il triplo Axel diventato semplice e quindi azzerato, ma è autore di un Libero molto bello (il settimo punteggio), con soltanto qualche imperfezione negli ultimi due salti, triplo Toeloop e triplo Axel, tanto da risalire quattro posizioni. Con un Corto anche solo sufficiente, un quinto-sesto posto sarebbe stato assicurato, con un Corto sopra la media sarebbe potuto arrivare anche il quarto posto. Resta la delusione, ma la strada continua a essere quella giusta. A ritrovarla, invece, deve pensare Grassl, che sbaglia troppo, il quadruplo Lutz nel Corto, i quadrupli Lutz e Rittberger nel Libero, oltre a due tripli Axel. L’esperienza con la Tutberidze appare meno fortunata del previsto, ma la sensazione è che troppi cambiamenti in poco tempo abbiano tolto sicurezze a Grassl. Niente di compromesso, ma non può più perdere tempo.
LA DANZA “PRECLASSIFICATA”
L’argento di Charlene Guignard e Marco Fabbri nella Danza è il miglior risultato mondiale di sempre per questa coppia, ma di pari passo con la loro soddisfazione va il rammarico per il comportamento delle giurie che continuano imperterrite e senza vergogna a stilare una loro classifica prima ancora che gli atleti scendano sul ghiaccio. Inutile prendersi in giro, la situazione della Danza è questa: i giudici premiano le coppie in ordine di nazione di appartenenza e di anzianità. Una volta che mancano i francesi Papadakis-Cizeron, “designati” da anni come esempio di bravura, nonostante la loro noiosissima e di scarso rilievo tecnico “banal dance”, ecco che la classifica viene stilata in base alla “fama” dei pattinatori, così gli statunitensi Chock-Bates “devono” vincere, gli italiani stanno dietro, i canadesi Gilles-Poirier terzi e così via, con i bravissimi e spumeggianti britannici Fear-Gibson penalizzati perché “da dove escono questi?”. Nemmeno una caduta nel programma libero impedisce a Chock-Bates di ottenere il miglior punteggio. Il ragionamento è semplice: dopo i francesi oro mondiale e olimpico, senza i russi argento olimpico e gli statunitensi Hubbel-Donohue (loro sì, veri campioni) bronzo olimpico, l’oro tocca agli Usa con la coppia più anziana, Chock-Bates appunto. E i punteggi sono conseguenti, con la classifica finale già chiara e immutabile dopo il Corto. Tanto per chiarire, è evidente che fra Corto e Libero è più probabile che ci siano cambiamenti nelle prove in cui sono previsti i salti, perché ci possono essere cadute e altri errori, ma una classifica fossilizzata come nella Danza è difficile trovarla. In questi Mondiali, sono rimasti nella stessa posizione del Corto, nella classifica finale, un solo atleta su 24 negli Uomini (Shoma Uno, primo), 6 su 24 nelle Donne e 6 su 20 nelle Coppie. Nella Danza, sono rimasti nella stessa posizione ben 16 coppie su 20: soltanto due piccoli cambiamenti fra ottavo e nono posto (Turkkila-Versluis superano Taschlerova-Taschler) e fra tredicesimo e quattordicesimo (Kazakova-Revia superano Bemougeot-Le Mercier). Insomma, tutto già prestabilito, non si può cambiare alcunché, ma proprio niente. Guignard e Fabbri, come già in altre occasioni, meriterebbero di più. Intanto, è bello segnalare l’altra coppia italiana, ex svizzera, Victoria Manni e Carlo Roethlisberger, diciassettesimi alla fine, anche loro un po’ penalizzati dai giudici, ma capaci di esprimere freschezza e brillantezza, davvero bravi.
L’ELEGANZA PERDUTA
C’è la possibilità che qualcosa cambi, presto o tardi? La riammissione dei russi, secondo le voci che ho raccolto fra tecnici e dirigenti a Tokyo, pare non sia vicina. Secondo queste voci, l’Isu è intenzionata ad andare avanti con il blocco di Russia e Bielorussia. Se davvero è questa la tendenza, ci aspetta un’altra insipida stagione, con ulteriori danni a questo sport, con palazzetti mezzo vuoti e chissà quali altri problemi. E da parte della base non si vede un movimento di opinione che miri a cambiare qualcosa. Basta leggere qua e là i commenti indegni contro i russi, in particolare contro le donne. Il peggio è che si finisce con l’esprimere non solo idee sul blocco della partecipazione dei russi, perché ognuno ha diritto di pensare quello che gli pare, ma si arriva a veri e propri sproloqui tecnici e artistici sulle russe, come se ci fosse bisogno di affondare i colpi anche sul piano strettamente sportivo per assecondare le decisioni “disciplinari”. Per cui si legge che le russe sono “macchinette di salti” senza alcun valore artistico, senza eleganza. Beh, se si arriva a questo punto, vuol dire che non c’è più vergogna. Si è convinti che è giusto non far partecipare i russi? Si ha il diritto di sostenerlo, nessun dubbio su questo. Ma se si passa al giudizio tecnico e artistico, allora anche l’opinione deve avere un minimo di base realistica. Se si può criticare una atleta come la Trusova perché “costruita” per fare salti quadrupli e basta (e, ripeto, bisogna pur considerare i suoi sforzi per staccarsi da questa routine e tentare di aggiungere contenuti artistici al suo programma), non si può bestemmiare quando si parla di atlete di grandissima eleganza come la Shcherbakova (con scelte di musiche altrettanto adeguate) e la Valieva (con la suprema bellezza del suo Bolero), e di tante altre come la Kostornaja (purtroppo fermata da un infortunio e non più in grado di gareggiare nel singolo, sta tentando di passare alle Coppie), la giovanissima Akateva e tante altre. Ma davvero siamo arrivati a questo punto? Quello che si può dire è che senza di loro il pattinaggio ha perso non solo tecnica e spettacolo, ma anche grazia ed eleganza che è quasi impossibile trovare nel resto del mondo.
TRIBUNA STAMPA VUOTA
Concludo con un’altra nota dolente che riguarda la partecipazione della stampa ai Mondiali. A questa edizione, c’erano solo due italiani accreditati come giornalisti, io e una collega di un altro sito online. Nel 2022 a Montpellier c’ero solo io, così come nella precedente edizione a Saitama, nel 2019. La Rai ha effettuato le telecronache in studio, nelle sue sedi in Italia. Ogni testata giornalistica di proprietà privata decide in base a proprie considerazioni, per cui non si può sindacare. Ma che non ci sia la Rai, con propri inviati, non solo in Giappone, ma nemmeno nella vicina Francia l’anno scorso, non è bello. E non credo che si possano giustificare queste assenze, cominciate per pura coincidenza dopo il ritiro di Carolina Kostner, con il fatto che l’Italia abbia minori possibilità di medaglie, perché queste possibilità ci sono e molti atleti azzurri lo hanno dimostrato. Non credo sia giusto nei loro confronti, oltre che in quelli degli spettatori, che pagano il canone. Magari i dirigenti Rai avranno una spiegazione per tutto questo, ma la delusione rimane in ogni caso.
Foto ripresa da ilfaroonline.it