Bloooog!
|
Andiamo al sodo, il nodo della questione è la classifica. Napoli 75, Lazio 61, Juventus 59, Roma 56, Milan 53, Inter 51, Atalanta 49. La Juventus al momento ha riavuto i 15 punti che le erano stati tolti con la penalizzazione per il “caso plusvalenze” e in attesa che si rimetta ancora una volta in moto la macchina giudiziaria-sportiva, è ufficialmente terza. Espellendo di fatto dai primi quattro posti della zona Champions League, il Milan.
Clamoroso? Sì, la classifica a fisarmonica effettivamente lascia stupiti. Ora la fisarmonica si richiude, ma può essere che il prossimo processo la riallarghi. Di quanto non sappiamo. La vicenda è fin troppo grottesca e con aspetti kafkiani.
Come primo effetto collaterale, abbiamo che le due squadre italiane che giocheranno la semifinale di Champions League – Milan e Inter – con una delle due quindi in finale, potrebbero non giocare la prossima Champions League. Credo che questo sia un aspetto del grande intrigo che stiamo sottovalutando. Sono in gioco interessi enormi, una qualificazione alla Champions League vale da sola oltre 50 milioni, e sarà dunque una lotta senza quartiere. Come reagirà e quali forze metterà in campo chi non ha fatto trucchi? Anche se c’è chi sostiene che una “plusvalenza” non sia affatto un trucco e anzi, al momento, siamo sospesi parzialmente nel vuoto. Non sappiamo nemmeno bene se per i giudici la Juventus sia colpevole e fino a che punto. Abbiamo dei dirigenti squalificati, ma la Juve?
Non voglio farvi una cronaca che già conoscete: sommariamente, il Collegio di Garanzia del Coni ha rispedito la sentenza del -15 alla Corte Federale, invitandola a motivarla meglio soprattutto in relazione alla forte stangata inflitta alla Juventus. Al tempo stesso ha respinto i ricorsi di Agnelli, Arrivabene, Paratici e Cherubini – squalificati e ormai fuori dalla Juventus – sostanzialmente ribadendo che il “reato sportivo” c’è stato. Il problema è il prezzo da pagare, e soprattutto quando e come pagarlo.
Siamo quasi a maggio e la stagione è ormai agli sgoccioli. Il 4 giugno, ultima giornata di campionato, avremo una classifica definitiva per quanto riguarda il campo. Ma non definitiva, probabilmente, per quanto riguarda i verdetti. Vabbé dai, questo non è così stupefacente: ricordiamo le estati torride del Calcio Scommesse (1980), del caso Catania (2003), di Calciopoli (2006). Solo per citarne alcuni e solo per dire che non dobbiamo meravigliarci di niente.
Questa storia però ha già fatto avanti e indietro troppe volte. Esattamente un anno fa, si apriva una prima importante tranche con una raffica di assoluzioni – stavano tutti a fare i conti con le tabelline di Transfermarket… – oggi siamo ancora lì a inseguire una giustizia di comodo, che tenga in piedi il calcio, più che una giustizia reale. O meglio realmente sportiva. La giustizia sportiva infatti non ha gli strumenti di indagine della giustizia ordinaria, per cui la verità la scopre a tratti. Va continuamente all’inseguimento.
Siamo dentro un intrigo mostruoso, con una stagione sottosopra, una classifica eternamente sub judice, un sistema del calcio mercato opaco in cui tutto è possibile, mettere insieme sport, finanza e giurisprudenza è come tentare di mischiare l’acqua con l’olio. Una cosa mi sorprende, la stessa lettura del comunicato del Collegio di Garanzia del Coni – farraginoso e complesso, pieno di rinvii alle norme dei codici, nemmeno fosse la Cassazione o la Corte Costituzionale – la rappresentazione spettacolare del procedimento con magistrati e illustri avvocati che vanno e vengono dentro grandi e austere macchine con autista davanti al Palazzo H del Coni e che si danno battaglia in aula, ci danno la dimensione e anche la paradossalità del problema. Non stiamo parlando di calcio ma di tutta la immane struttura che lo governa e lo finanzia. Il gioco e lo sport lì in mezzo spariscono.
Lo sport ha antiche regole di cavalleria, abbastanza elementari, il business agisce in tutt’altra dimensione. Lo sport risponde a criteri di correttezza, equilibrio, velocità, il business ha strutture ben più complesse, rigide, spietate. Qui esiste la stretta di mano, là il codice civile. Qui i tempi quasi non esistono perché domani si rigioca, c’è un calendario e c’è una classifica con i suoi verdetti, là c’è un tempo per le motivazioni, un tempo per i ricorsi, un tempo per il processo. Senza contare che c’è anche un’altra tranche d’inchiesta – quella cosiddetta “manovra stipendi” – da finire di elaborare e spedire al giudice sportivo. Ci sono fascicoli aperti al momento che riguardano anche Roma, Lazio e Salernitana. Il tutto mentre l’Uefa sta guardando questo enorme, incontrollabile, mefitico blob da lontano: che farà, come si comporterà, come reagirà alle decisioni della giustizia sportiva del calcio italiano? L’ingorgo a questo punto è sicuro e magari, prima che tutto si blocchi, qualcuno dovrà andare di Idraulico Liquido.
Per carità non che i 15 punti non apparissero anche a me tanti, effettivamente di stangata si trattava, ma comunque pensavo che i giudici avessero valutato il tutto. E comunque resta sempre il solito problema di mantenere la barra dritta, avere una coerenza.
Tenere tutto insieme con un certo raziocinio e soprattutto cercando di non calpestare lo spirito sportivo stesso, è quasi impossibile. Credo che assisteremo a vari esperimenti di giustizia sportiva creativa, ultima branca della complicatissima materia. Lo “scontificio“, ossia siamo inflessibili ma un po’ ci pieghiamo e comunque una mediazione al ribasso è sempre possibile, fu già messo adeguatamente in opera nella fase finale e conclusiva dei processi di Calciopoli. Per me che penso che vendere e comprare calciatori lucrando sul loro lavoro sia un’attività medievale e che inserire nei bilanci il valore dei propri calciatori sia un obbrobrio – per caso le aziende per cui lavorate lo fanno? – non starò certo a qui a difendere il sacrosanto diritto alla plusvalenza artificiale, virtuale e gonfiata. Comunque mi appare un sotterfugio, figuriamoci se poi lo si fa in serie.
Solitamente quando la giustizia sportiva arriva a questo livello, lo “scontificio” entra in azione. Tutti spaventati dai ricorsi possibili ai Tribunali dell’Onu e dei Diritti Umani. Sia mai che si discrimini una plusvalenza e che questa invochi il suo legittimo diritto alla lievitazione artificiale. Da lì alla “moltiplicazione degli gnocchi” come per la veggente di Trevignano il passo è breve. Il campionato dei magistrati e degli avvocati ormai conta di più di quello dei centravanti.
Articolo e foto ripresi da www.bloooog.it