Jonathan Milan ha illuminato la seconda tappa del Giro d’Italia numero 106 e ridato un po’ di speranza ai tifosi italiani. Una volata così da un ciclista italiano non si era vista dai tempi di Mario Cipollini e Alessandro Petacchi. La potenza di Milan mi ha fatto rivedere proprio le innumerevoli vittorie di Re Leone. Come ha ricordato Petacchi, «stilisticamente deve migliorare, perché si muove molto, ma ha una potenza talmente incredibile che se migliora nel gesto atletico potrebbe essere veramente il nostro velocista del futuro».
«Stiamo affinando la tecnica e speriamo nelle prossime tappe», ha confermato Milan. Un’investitura comunque importante, cui ha fatto eco anche l’ex ct Davide Cassani e immaginiamo conforti l’attuale ct della nazionale Bennati. Al Mondiale su strada di agosto, però, pare che Milan e neanche Filippo Ganna
potranno esserci per la contemporaneità delle gare su pista. Un vero peccato e un errore della Federazione ciclistica internazionale che avrebbe dovuto ragionare meglio il calendario.
«Strada e pista: non c’è una più importante dell’altra», ha ripetuto Milan. E la pista sta effettivamente regalando, anche su strada, le uniche soddisfazioni di un ciclismo italiano in debito di campioni. Ganna e Milan. Per ora, quasi solo loro. In attesa, magari, di scoprire in questo Giro un italiano capace di competere per la rosa.
Il “gigante di Buja” ricorda Cipollini anche dal punto di vista fisico, anzi, a soli 22 anni è molto più strutturato di come era il toscano alla sua stessa età. Di 5-6 centimetri più alto, di un paio di chili più pesante. Ma le analogie non finiscono qui: il velocista della Bahrain-Victorious vince a San Salvo (Ch), 34 anni dopo il primo sigillo al Giro di Mario Cipollini a Mira (Ve), alla sua stessa età.
«Avevo timore per questo Giro: debuttare e poi non essere pronto, anche se poi mi sentivo bene e nella cronometro avevo dato prova a me stesso di avere buone gambe. I ragazzi mi hanno messo nella posizione migliore possibile è qualcosa di incredibile!». Andrea Pasqualon l’ha guidato fino ai 900 metri, poi il friulano si è accodato al “treno” Alpecin-Deceuninck per l’australiano Kaden Groves, quindi ha trovato un varco ai 100 metri per imporsi con due lunghezze su tutti.
Il ragazzo c’è e si immaginava. Nel 2021 ha vinto oro nell’inseguimento a squadre ai Giochi olimpici di Tokyo in quartetto con Simone Consonni, Ganna e Francesco Lamon, poi il titolo europeo nell’inseguimento
individuale, il titolo mondiale di inseguimento a squadre (con gli stessi compagni di Tokyo) e l’argento nell’inseguimento individuale. A febbraio di quest’anno ha vinto la seconda tappa del Saudi Tour. Pochi giorni ancora ed è campione europeo nell’inseguimento a squadre e nell’individuale. Adesso non si può più nascondere: il Giro lo attende. Già dalle prossime tappe.
Massimo Vallini (foto Bahrain-Victorious)