Maledetto Mancini, vergogna! Passare dalla panchina della Nazionale Italiana a quella dell’Arabia Saudita in un amen, abbandonando l’Italia in piena corsa alle qualificazioni per l’Europeo 2024. Con una misera PEC balneare. Per una mera questione di quattrini, per uno stipendio di platino di 50 milioni di euro in poco più di due anni. E pensare che il Mancio era partito così bene, con quella miracolosa vittoria all’Europeo. Mamma mia che goduria vincere in casa degli snob d’oltremanica, a Wembley! Ma era il 2021 e sembra (perché lo è) davvero lontanissimo. Tuttora, visto cosa c’è stato dopo, ci chiediamo come sia stato possibile vincere! Eliminati dal Mondiale per mano della Macedonia del nord, non del Brasile o della Spagna. E a ben guardare neanche di quella Svezia che ci negò il Mondiale di Russia 2018, quando sulla panchina azzurra c’era Giampiero Ventura. Altro personaggio attaccato più al vil denaro che alla bandiera. Ce lo ricordiamo bene, l’indomani dell’eliminazione, chiedere scusa per la mancata qualificazione ma subito mostrarsi sospettosamente vago in risposta alle richieste di dimissioni. Ventura e Mancini, il vegliardo contamonete e il mercenario dandy, che scandalo….
Ma quale scandalo! Davvero siamo così verginelle da non renderci conto che il professionismo è anche questo? Andiamo con ordine. Giampiero Ventura perse lo spareggio con la Svezia e la sua (e nostra) Italia si ritrovò fuori dalla Coppa del Mondo di Russia 2018. In conferenza stampa, chiese scusa per il risultato ma difese esplicitamente il suo lavoro e la sua professionalità. Quando rispose “Vedremo” alla richiesta di dimissioni venne subito scaraventato nel girone degli approfittatori – politici in primis – che non lasciano mai la poltrona, nemmeno quando l’evidenza del fallimento lo imporrebbe. Si ricordò immediatamente il bel gesto di Cesare Prandelli, che dopo l’eliminazione ai gironi del Mondiale brasiliano del 2014, prese atto della disfatta e con grande classe si dimise, rinunciando così allo stipendio. Il sentimento popolare sentenziò deciso: doveroso il comportamento di Prandelli, vergognoso quello di Ventura. Non è affatto così, non è Ventura da condannare, ma Prandelli da elogiare. L’eccezione non è rinunciare allo stipendio per un lavoro che è stato svolto con professionalità, per quanto deludente nel risultato, ma rinunciarvi nonostante l’impegno e la dedizione dimostrati, per farsi carico del fallimento. No, Ventura non è stato peggiore di noi, semmai Prandelli è stato migliore.
Tornando al mercenario dandy, alzi la mano chi, di fronte a un’offerta di lavoro con un compenso nemmeno mai immaginato, risponde “no, non tradisco la società per cui sto lavorando”. Certo, questo discorso è molto più semplice da sostenere con i club che con la Nazionale, per la quale il ruolo che si ricopre dovrebbe andare oltre il riconoscimento economico. Di fronte però a una prospettata vita da nababbo, anche il sentimento nazionale viene meno. E’ una considerazione tristissima, ma reale. Il professionismo è anche questo, inutile girarci intorno. Ben vengano le bandiere Del Piero, Totti, Maldini, ossigeno puro in un mondo inquinato, ma anche qui, come per Prandelli, parliamo di chiare e nobili eccezioni. No, Roberto Mancini non è né un mercenario né un traditore, ma semplicemente un professionista che guarda con attenzione al mercato dove lavora. Un mercato cinico e crudele, ma dove i termini mercenario e traditore risultano del tutto anacronistici e sorpassati.