“Non ricordo nessuno che colpisse la palla in quel modo. Serve fortissimo e ho quasi rotto le corde per rispondergli, sono sicuro che resterà a lungo nei piani alti e giocheremo tante sfide insieme”. Quando il numero 1 Carlos Alcaraz ha elogiato l’avversario al Masters 1000 di Toronto, molti hanno pensato che fosse una scusa per giustificare la propria prova non eccezionale. Ma vedendo ieri a New York un professionista fatto e finito come Tommy Paul che, dopo aver superato il formidabile spagnolo proprio in Canada, stava impazzendo per fronteggiare il servizio del suo giovane connazionale e transitava da un applauso di frustrazione a un goffo tentativo di parata contro pallate che gli scheggiavano la racchetta senza che riuscisse ad alzarla in tempo per la risposta, dopo aver visto il numero 14 del mondo, lottare, rimontare da due set e 4-1 sotto nel terzo, ma poi comunque soccombere e quindi cedere l’agognato pass ai quarti di finale degli US Open contro quel ragazzino con l’argento vivo addosso, tutti hanno capito che i giovani fenomeni 20enni del tennis mondiale non sono solo Alcaraz e Holger Rune ma anche Ben Shelton, figlio dell’ex 55 ATP, Bryan. Perché dalla racchetta del bell’atleta mancino piovono sì missili micidiali che viaggiano a quasi 300 all’ora ma anche spallate poderose di dritto e rovesci in via di miglioramento che fanno anche molto male. E, soprattutto pressione continua per via delle frequentissime discese a rete da protagonista di un tenis che fu e ci appassionò tanto, negli anni 90, proprio quando giocava il padre che gli ha messo la racchetta in mano e ora l’allena, dopo averlo affidato a più specialisti. Papà che ora gongola per questo secondo quarti di finale Slam del figlio, dopo quello di febbraio agli Australian Open, quando, al primo torno fuori dagli Stats (!), si fermò proprio contro Paul. Mentre ora, dopo aver fermato l’amico Tommy Paul è atteso ad un altro derby, ancor più delicato come emozioni, contro l’amicissimo Frances Tiafoe nella parte inferiore di tabellone “made in USA”. Col terzo americano nei quarti, Taylor Fritz, chiamato alla rivincita contro Novak Djokovic.
COME RODDICK
Ben somiglia tanto nel suo “easy going” ad Andy Roddick, l’ultimo campione Slam, peraltro proprio nel Major di casa, nel 2003, che il nuovo Bum Bum ha già agganciato come ultimo 20enne americano ai quarti dal 2002. Il ragazzo di Atlanta è un entusiasta che si carica col pubblico proprio come il picchiatore di Omaha, Nebraska, come ha detto commosso ai microfoni in campo: “Giocare in casa davanti al pubblico americano mi ha fatto sentire amato per tutta la settimana. E’ difficile credere che ho giocato sull’Arthur Ashe con le tribune tutte piene”. Oggi come oggi serve appena più piano, nel senso che, dopo il record di 147 miglia al servizio contro Karatsev, contro Paul ha toccato le 149 (239.7 chilometri all’ora), e quindi è ancora sottostimato rispetto alle prestazioni del 2004 Andy che aveva sparato la pallina a 152 miglia all’ora (244.6 km).
MEGLIO DI RODDICK
Sono numeri che impressionano, certo, ma la cosa più importante al di là di questi record che rischiano anche di causare danni fisici, è che Shelton è più completo di Roddick, sia tecnicamente che tatticamente, e impara anche più in fretta: “Proprio nei precedenti contro Paul ho imparato ad essere più forte di testa, quando ci ho giocato in Australia, guardavo al mio box e dicevo: “Ho le gambe morte, sono stanco, non posso fare di più. Ho capito quanto sia importante credere in me stesso. Così posso andare fino in fondo sia come emozioni che come fisico, e avere piena fiducia nei miei mezzi”. Come vuol significare col bicipite alzato alla Braccio di ferro davanti al pubblico a fine match: “Anche quei due servizi a 149 sono pura adrenalina. In qualsiasi altra atmosfera non sarei riuscito a calmarmi e penso che il mio braccio potrebbe essersi staccato. Ma mi sento abbastanza bene in questo momento”. Con la classifica mondiale che è già schizzata su di 20 posti, da numero 47 a 27, anche già oggi vale i top 10.
MIGLIORAMENTI
Tutti guardano le bombe, la potenza che Shelton sprigiona col servizio e col dritto, la sua ultima vittima, invece Tommy Paul esalta le sue volée, fotografato dal 28/42 a rete: “Sì, è qualcosa che è decisamente migliorata nel mio gioco. Movimenti ed interventi a rete sono complicati: devi allenarli molto e devi implementarli anche nelle partite. Quando i margini sono così piccoli, spesso devi colpire piuttosto basso e la palla sta arrivando rapidamente. Hai davvero bisogno di essere perfetto, e più continui ad entrare, più migliori. Anche anche il doppio aiuta il mio gioco in rete, infatti ultimamente ho fatto tante partite in coppia. E’ un altro pezzo di me in forte evoluzione. Ovviamente voglio vincere le mie partite di doppio ma mi dà anche la possibilità di lavorare su competenze che forse non mi terrei a perfezionare in allenamento. Così lo faccio direttamente in partita”. Curioso: quest’anno ha fatto coppia con 11 compagni diversi, e l’anno scorso erano stati 6. Un’altra strategia d’apprendimento ideata da papà Bryan per metterlo in situazioni sempre differenti e prepararlo agli imprevisti del singolare.
CAMBIAMENTI
Le cose cambiano. Tommy Paul è stato proprio il collega che ha preso sotto la sua ala Ben, trattandolo come un fratello minore, quando è apparso sul Tour a metà dell’anno scorso abbandonando di colpo l’Università, da star NCAA: “Mi ha aiutato tanto a navigare nei primi passi della carriera professionistica, è stato davvero un grande amico, ci siamo anche allenati insieme in Ohio”. Dopo un anno di lezioni, e di sconfitte, Ben è maturato e ha battuto l’amico, cancellando a tratti letteralmente dal campo: “La chiave è stata giocare con me stesso, non ho provato a giocare troppo bene o essere troppo perfetto o pensare che dovevo essere troppo bravo o colpire palla troppo forte per vincere la partita. Anzi, penso che più rallentavo le cose, cambiavo velocità e rimanevo calmo e fiducioso nel mio gioco, senza strafare, cercando l’occasione giusta, più rendevo”. La chiave, secondo Paul è stata la freddezza/abilità di Ben nel salvare le palle-break (solo 3/14 per Tommy) e tutte le situazioni delicate: “Mi veniva a rete, togliendomi il tempo, e giocava benissimo: si è allenato tanto su questo fondamentale. E poi con quel servizio potente e pieno d’effetto, da mancino, ha davvero un’arma in più”.
Chi ferma il nuovo Bum Bum? Quell’istrione di Tiafoe ci proverà in tutti i modi per bissare le semifinali dell’anno scorso. Ma come gestirà la potenza di Bum Bum Shelton?
Testo tratto da SuperTennis TV