A una decina di giorni dalla fine dei mondiali di atletica, un piccolo bilancio ragionato.
Nel medagliere, dietro gli Usa (12 ori; 29 medaglie) il Canada (4 ori; 6), la Giamaica come podi sarebbe seconda.
Due ori per l’Uganda, 4 medaglie per l’Ucraina; un titolo, a sorpresa, per l’India, nel giavellotto, solo due podi per la Polonia. Un podio, storico, per le Isole Vergini, l’argento; secondo posto nel giavellotto per il Pakistan.
Solo un bronzo per la Francia, addirittura la Germania conclude senza medaglie. Se indiani e pakistani hanno punte superiori a francesi e tedeschi è qualcosa di epocale. Da Francia e Germania mai ci si aspetterebbe una involuzione del genere, soprattutto dai tedeschi.
L’Italia è 13^, con 1 oro (Tamberi nell’alto) due argenti (Fabbri nel peso e la 4×100) e un bronzo (Antonella Palmisano nella marcia). Come podi è stata da 7,5, con 13 finalisti siamo da 7, rispetto a un recente passato.
L’ultima medaglia dell’Italia è stata l’argento della staffetta 4×100, ne riprendiamo il racconto da Repubblica di due lunedì fa, nella prima parte.
“Uno scienziato (poco) pazzo, due cavalieri della velocità, uno specialista e un dilettante. Tutti loro vengono da una notte insonne”, scrive Emanuela Audisio, 70 anni, fiorentina, veterana della redazione, dopo le scomparse di Gianni Mura e di Gianni Clerici.
Rigali (10”55), Jacobs (8”55), Patta (9”28), Tortu (8”94) e il segreto di una staffetta azzurra, argento mondiale anche grazie al metodo Di Mulo: «Far correre il testimone il più velocemente possibile nella zona cambio». Il passaggio Jacobs-Patta è avvenuto in due centesimi in meno di Jacobs-Desalu a Tokyo. Filippo Di Mulo, 60 anni, è il prof della velocità, fisico asciutto:«La tensione mi prosciuga, la notte prima della gara non dormo». Gira con il tablet, ha immagazzinato 10 anni di atleti, dati, gare, centimetri, numeri di scarpe. «Non mi sfugge nulla. Ci sono sempre emergenze, anche all’ultimo minuto, andrei nel panico se non avessi le schede di tutti, io ragiono sui numeri. Voi pensate sia facile chiamare in privato Desalu, campione olimpico, e dirgli che al posto suo corre Patta? Non l’ha presa bene. Io cerco sempre di spiegare, ma se mi sbagli 5 cambi su 10 significa che non sei concentrato e vai fuori. Rigali in prima frazione era andato bene a Grosseto, Ceccarelli invece si è rifiutato di correre la 1ª, la 2ª, la 3ª frazione perché è a disagio, cosa gli faccio fare, la 5ª? Jacobs è tatticamente bravo, sa adattarsi, come Patta, che nella staffetta si esalta, anche se ricevere da Jacobs e dare il testimone a Tortu implica responsabilità».
Il Cenerentolo del gruppo è Roberto Rigali, 28 anni, l’unico non militare, che quasi piange: «Mi faccio il mazzo come gli altri, ma sono dilettante, nella società Bergamo Stars del presidente Dante Acerbis, che ringrazio, perché mi paga le cure mediche e mi allunga anche qualche soldo per la benzina. Vivo a Bergamo, sono di Borno, in Valcamonica, mio padre Vincenzo fa il cuoco, mia mamma Elena è operatrice sanitaria, ho un fratello più grande, a casa abbiamo un orto. Quando faccio lavoretti, tipo tagliare la siepe, papà mi dà una paghetta. Studio scienze motorie, ho una borsa di studio, finora non avevo mai vinto nulla, mi battevano sempre tutti, ma io in panchina ho tenuto duro. Quando ho dato il testimone a Marcell gli ho fatto un urlo da spavento. Peccato che i miei compagni mi abbiano festeggiato buttandomi in testa un secchio d’acqua dove dentro c’era una lastra di ghiaccio che mi ha fatto venire un bernoccolo».
Fin qui il racconto di Audisio, sempre fascinoso, nella storia meno attesa dell’Italia dell’atletica.
Al meeting di Zurigo, il secondo posto di Davide Re sui 400 e il quarto di Gianmarco Tamberi. Poi lo squillo del record italiano di Roberta Bruni, nel salto con l’asta, a Chiari, Brescia.
Il dt Antonio La Torre resta un fuoriclasse.
Vanni Zagnoli