L’Inghilterra, Londra in primis, non è mai stato un Paese accogliente. Semmai aperto, che è tutta un’altra cosa. Chi arriva a Londra per costruirsi un futuro, dal cameriere in prova al professionista più esperto, deve fare i conti con il liberismo e la spietata legge del mercato. Una rapida colazione con brodaglia di caffè americano e un sostanzioso muffin scuce dalle tasche non meno di 5 sterline – quasi 6 euro. Un affitto a un’ora e mezza di metropolitana dal luogo di lavoro arriva tranquillamente a 1200 sterline al mese (poco meno di 1400 €). In questo difficile contesto ci sono però due magnifiche eccezioni: i musei a ingresso libero e lo sport in chiaro. Mentre da noi, con tre reti pubbliche, è del tutto normale affidarsi alla tv a pagamento per vedere il tennis di Wimbledon e il rugby del Sei Nazioni, nella patria del liberismo una risposta fulminante di Novak Djokovic e un drop in mezzo ai pali di Owen Farrell si vedono gratis nelle case degli appassionati. Due sontuose opere d’arte, non meno nobili della Cena in Emmaus di Caravaggio o dei Girasoli di Van Gogh… ( anch’essi visitabili a offerta libera alla National Gallery).
Tornando al rugby in chiaro, la BBC e l’altra emittente pubblica ITV hanno fatto fronte comune per offrire di più delle reti private a pagamento al centenario torneo ovale. Questo almeno fino al 2025. Dopo, la spietata legge della domanda e dell’offerta potrebbe violare i templi di Twickenham e Murrayfield, costringendo gli sportivi a pagare direttamente l’evento. Come riportato da loslalom.it, infatti, i direttori di BBC Sport e ITV hanno manifestato davanti alla Commissione parlamentare per la cultura, i media e lo sport l’impossibilità di continuare a competere economicamente con le pay-tv, in un quadro di ricavi in calo e costi dei diritti del Sei Nazioni in costante crescita (come scrive il sito specialistico onrugby.it, il contratto quadriennale in essere, che scadrà alla fine del 2025, è costato complessivamente alle due emittenti pubbliche 460 milioni di sterline – 550 milioni di euro -, ma gli organizzatori per il quadriennio 2026-2029 si sono dati l’obiettivo di ricavo di 150 milioni di sterline l’anno, ossia totali 600 milioni di pounds – 690 milioni di euro – dal solo mercato britannico e irlandese!)
Tutto questo nel paradosso di un movimento rugbistico internazionale finanziariamente in espansione ma tecnicamente in difficoltà. La Coppa del Mondo 2023 appena conclusa in Francia ne ha messo a nudo i limiti. Se la terza squadra del ranking mondiale – la Nuova Zelanda – dà quasi 100 punti all’undicesima – l’Italia – e se alle fasi conclusive arrivano sempre le stesse squadre offrendo Mondiali sempre uguali ogni quattro anni, significa che il rugby non sta facendo nulla per uscire dalla sua torre d’avorio. Una torre dove le nazionali di primo livello – il cosiddetto Tier 1 – si sfidano sempre fra loro (nel Sei Nazioni per l’emisfero Nord e nel Rugby Championship – ex Tri Nations – per l’emisfero Sud) e ogni quattro anni ai Mondiali sommergono di punti le avversarie dei livelli inferiori. Le conseguenze di questa frattura tecnica possono riflettersi nel giro di qualche anno anche sul business. Mentre la domanda e l’offerta delle sfide interne al Tier 1 continuano a crescere, il resto del mondo potrebbe rapidamente perdere d’interesse vista la continua assenza di sfide con le nazionali big, unico modo per far crescere tecnicamente Georgia, Portogallo, Romania, USA, Namibia, Uruguay, Cile, … Fino a un inevitabile calo futuro della domanda anche nelle nazioni big.
A quel punto anche l’offerta tornerà su livelli abbordabili dalle tv pubbliche, ma al carissimo prezzo di un livello tecnico abbassato. In questo spazio temporale che divide l’attuale calo tecnico dal possibile futuro calo economico, il movimento internazionale ha tutto l’interesse ad aprirsi al resto del mondo, rinunciando in parte ai facili guadagni delle sole sfide interne. Con un occhio più al futuro che al presente, dove regna incontrastata la legge di mercato. E dove per vedere il rugby in chiaro serve un corposo finanziamento pubblico sull’economia, come esplicitamente richiesto da BBC i ITV. Il governo liberista di Rishi Sunak li ascolterà?