Bloooog!
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Ma sì, diciamolo: “gracias a la vida” che ci ha dato José Mourinho. Lui che parla dieci minuti in portoghese alla tv italiana, resterà un meraviglioso blob che accompagnerà per sempre la scheda biografica del personaggio. Come lo Special One, “non sono un pirla”, le manette e via così, verso l’infinito e oltre.
Applausi a José Mourinho, grande attore di quella straordinaria commedia che è il calcio italiano. José calca il palcoscenico come nessun altro, con la stessa padronanza e scenicità di un gran giullare alla Dario Fo o alla Vittorio Gasmann. Ormai ne conosciamo tutte le smorfie, le pause, gli scatti, gli sguardi, la voce che accompagna i suoi giudizi più feroci e spregevoli, e attendiamo la sua esibizione più ancora di quella di Dybala o Lukaku. Il meglio viene sempre dopo. Beh, stavolta anche prima…
Con le dovute proporzioni e il dovuto rispetto ovviamente, ma il rapporto è questo. José sta al calcio, come Gasmann e Dario Fo stavano al teatro. Noi un po’ siamo semplici spettatori, un po’ siamo marionette che stiamo al suo gioco, lui ci sbatte di qui e di là e noi appresso a pendere dalle sue labbra, dai suoi gesti. Aspettiamo l’acrobata col suo triplo salto mortale in diretta davanti a un microfono…
Qualcuno si è accorto per caso della vittoria della Roma sul campo del Sassuolo, da lui debitamente insolentito già prima del match accusando i suoi giocatori di antisportività? No, non credo, anche perché la gara è stata oggettivamente risibile e i gol non proprio il massimo: un rigore, un autogol, e il Sassuolo ridotto in dieci. Quindi nessuna impresa, ma una classifica che da qualche partita in qua volge al bello, si tratta solo di tenere il passo e reggere il gioco al gran giullare.
Dicevamo: siamo tutti pedine sulla scacchiera di José Mourinho. Eccezionale ma anche turpe manovratore di umori, agitatore di acque lì dove c’è calma piatta, disegnatore di complotti, divoratore di arbitri, denunciante di incapacità e deficienze altrui, mai le sue. Di se stesso agita solo il numero dei trofei vinti e sfida gli altri a esibirne altrettanti. Fossimo nella sua posizione faremmo così anche noi, ma lui davvero non ha pudore alcuno, sottolinea sempre la differenza di rango e di casta.
Stavolta Mourinho ha insolentito l’arbitro, il povero Matteo Marcenaro, fin dalla vigilia, arrivando all’accusa preventiva e tanto da beccarsi anche un sacrosanto deferimento disciplinare. Ma lo ha sicuramente messo in conto, anzi forse proprio questo voleva. Una bella squalifica per tenere vivo il personaggio. Dopo fa la parte della vittima e dell’eternamente frainteso, tanto da parlare solo in portoghese come non lo avevamo mai sentito in Italia.
E’ tutto abbastanza prevedibile, scontato, noto da 15 anni a questa parte; lo show di Mourinho questo è, una straordinaria finzione. Una grande commedia di cui lui è il mattatore. Da una parte non possiamo farne a meno e ne siamo anche un po’ complici, perché meglio di lui, da questo punto di vista non c’è nessuno – allenatori migliori e più bravi in genere ormai sì – dall’altra a volte vorremmo anche levarcelo di torno perché ha davvero stufato e occupa fisicamente molto più spazio di quello che gli è dovuto. Ma è solo un pensiero cattivo che si fa presto a scacciare, in realtà non possiamo farne a meno.
Per chi fosse Mou dipendente – come me ad esempio – so che ormai si organizzano sedute di analisi collettiva in presenza di psicologi specialisti. “Ciao a tutti, mi chiamo Fabrizio, ed è una settimana che faccio a meno di Mourinho…”
di Fabrizio Bocca
Testo tratto da Il Bar Sport di Fabrizio Bocca – Blooog!