Una volta definite tutte le questioni sul regolare accertamento delle violazioni di
Alex Schwazer in tema di doping, come abbiamo visto nelle precedenti due puntate
dell’intervista a Stefano La Sorda, giudice internazionale di marcia, arriviamo alla
conclusione di questa storia. Schwazer ha chiesto uno sconto di pena, che non gli è
stato concesso dalla Wada, l’Agenzia mondiale antidoping. Da qui un’altra serie di
accuse di grande complotto ai suoi danni. Vediamo allora perché la sua richiesta di
sconto di squalifica non aveva alcuna speranza di essere accolta.
Quando è possibile avere lo sconto?
“Da regolamento, un atleta squalificato per doping può richiedere una riduzione di
squalifica se fornisce collaborazione all’autorità antidoping. Questo significa dare
informazioni rilevanti su violazioni antidoping altrui ma soprattutto dimostrare
buonafede, nel senso che l’atleta deve rendersi conto di avere sbagliato e quindi, se
non lo ha fatto ancora, ammettere anche le proprie violazioni antidoping. Questo è il
criterio per cui la Wada può accettare di concedere uno sconto di pena a uno
squalificato per doping. Ed è un criterio valido per tutti. C’è una casistica dalla quale
si ricava che gli atleti che riescono a ottenere uno sconto sono quelli che hanno già
confessato le loro violazioni antidoping oppure confessano quello che prima non
avevano rivelato. Quindi, possono dare una informazione anche non relativa al
proprio caso doping, ma devono ammettere ugualmente la propria violazione.
Questo è scritto nel regolamento della Wada. Non ci sono altre interpretazioni”.
Ci sono altri casi di atleti cui è stato rifiutato lo sconto di squalifica?
“Certo, proprio perché non avevano ammesso la propria violazione oppure avevano
fornito una collaborazione minima. Ad esempio, un atleta straniero già squalificato
provò a richiedere una riduzione facendo il nome di un allenatore di una palestra
che forniva testosterone ad altri, ma non era un caso clamoroso e soprattutto non
coinvolgeva professionisti. Bisogna dimostrare la volontà di contribuire allo sport
pulito. Non c’è scritto sui regolamenti ‘se uno collabora gli dobbiamo dare lo sconto
per forza’, non è così. Quello che è stato pubblicato sui giornali dà l’impressione che
funzioni in questo modo, ma contano anche i precedenti, pure questo è stato
colpevolmente dimenticato”.
Situazione che rende ancor più pesante il caso di Schwazer.
“Si valuta anche la gravità delle violazioni precedentemente commesse, e Schwazer
parte da una situazione svantaggiosa, quasi 12 anni di squalifica, 2 violazioni
antidoping, anzi 3 perché lui tentò di aggirare il famoso controllo del luglio 2012
quando coinvolse la povera Kostner”.
Ricordiamoli meglio questi casi.
“La prima squalifica, di 4 anni, fu ridotta a 3 anni e 6 mesi, perché fu clemente il
tribunale, in pratica gli dissero: ti vogliamo dare la possibilità di partecipare
all’Olimpiade successiva. Poi venne fuori che aveva tentato di aggirare il controllo
nella situazione in cui fu coinvolta la Kostner, perciò gli vennero aggiunti 6 mesi, poi
ridotti a 3 perché lui collaborò con l’autorità antidoping fornendo nomi di atleti che
aveva visto sulla scrivania del dottor Michele Ferrari (medico dello squalificato
ciclista per doping Lance Armstrong e a sua volta inibito dalle autorità ciclistiche
francesi e statunitensi nell’attività sportiva, ndr). Quindi, uno sconto lo aveva già
ottenuto. Allora lui ha collaborato subito e in questo caso c’è un altro tipo di sconto,
viene riconosciuta la buona volontà, la confessione. Nado Italia dovette chiedere a
Wada e Iaaf l’autorizzazione per concedere lo sconto e non ci fu alcuna opposizione.
Successivamente, chiese un ulteriore sconto, a fine 2015, cercando di fornire
informazioni aggiuntive, ma si trovò di fronte alla realtà, perché non puoi confessare
un po’ alla volta per avere un po’ di sconto in più ogni volta. In quella occasione la
richiesta fu respinta perché il parere di Wada e Iaaf fu negativo”.
Lo staff di Schwazer cita il caso dell’atleta turca Asli Cakir Alptekin, ma i riferimenti
portati a sostegno appaiono inappropriati.
“La Alptekin viene pescata per doping la prima volta nel 2004 e si fa la sua squalifica
di 2 anni. Rientra in attività e viene squalificata una seconda volta nel 2013,
rischiando 8 anni o la squalifica a vita. Tutte e due le volte era stata presa
dall’autorità antidoping della Turchia. Lei fa un accordo con l’autorità antidoping
turca e la Iaaf, accetta la contestazione, riconoscendo di fatto la violazione ed evita
la squalifica a vita, così prende 8 anni. Nel 2015 il Tas ratifica questo accordo. Quindi
lei riconosce di aver violato le regole, e non c’è neanche bisogno di descrivere come
si è dopata, basta riconoscere di aver violato il regolamento”.
E la storia della Alptekin non finisce qui.
“Dopo un po’ viene fuori il caso del doping in Russia e dell’allora presidente della
Iaaf, Lamine Diack. La Alptekin fornisce informazioni su Diack e su quelli che
l’avevano ricattata perché, quando era stata trovata positiva, le avevano chiesto
soldi per non svelare la sua positività. Quindi lei fornisce una informazione rilevante
su altri, ovvero il presidente Diack, non su un anonimo coach di una palestra. Lamine
Diack, l’allora capo dell’antidoping Gabriel Dollè (entrambi poi deceduti, ndr) e altri
tenevano sotto ricatto atleti trovati positivi, pretendevano da loro soldi per
nascondere i risultati delle analisi. Lei svela informazioni su un importante sistema di
corruzione, perciò ha diritto allo sconto. E avendo già ammesso la sua violazione antidoping la Wada le concede lo sconto di 4 anni, per cui lei deve comunque fare 4 anni di squalifica”.
Che le impediscono di partecipare ai Giochi di Rio 2016.
“Perciò lei fa ricorso al Tas perché vuole un ulteriore sconto in modo da avere la
possibilità di partecipare all’Olimpiade 2016; ma perde, quindi lo sconto rimane di 4
anni e niente Olimpiade in Brasile. La sua storia, poi, non finisce qui. Ricomincia a
gareggiare, viene trovata positiva una terza volta ed è nuovamente squalificata.
Quindi si usa la storia della Alptekin, ma senza citarla tutta”.
E soprattutto non citano quello che è scritto nella sentenza del Tas, che è un vero e
proprio sbarramento a qualsiasi rivendicazione di Schwazer a proposito di
partecipazione all’Olimpiade. E’ forse il riferimento giuridico più importante in
questa storia.
“Le storie di Alptekin e Schwazer diventano simili in questo caso, entrambi
pretendono uno sconto per poter partecipare all’Olimpiade. La turca però non ha
successo. La Wada in pratica le risponde: a parte il fatto che ti ho già dato uno
sconto, non te ne do un altro per la gravità delle tue violazioni, visto che sei già stata
squalificata due volte; ma soprattutto io non ti devo regalare le Olimpiadi solo
perché tu ti presenti adesso con questa richiesta. Il Tas, questa cosa è
importantissima, non solo ha risposto negativamente alla Alpetkin, ma questa
sentenza, che si può facilmente trovare in internet, fa giurisprudenza”.
Precisamente, cosa scrive il Tas in questa sentenza?
“Il Tas sostanzialmente dice che la Wada può rifiutare una richiesta di sconto di un
atleta che ha compiuto più violazioni antidoping gravi anche per impedirgli di
partecipare alle Olimpiadi. Il testo della sentenza, a tale proposito, è questo: “La
decisione della WADA di non concedere un’ulteriore sospensione del periodo di
squalifica in base alla considerazione che l’atleta aveva avuto due precedenti
violazioni antidoping (entrambe gravi, doping del sangue e steroidi) e che la
concessione dell’ulteriore sospensione richiesta consentirebbe potenzialmente
all’atleta di competere ai prossimi Giochi Olimpici non è irragionevole o presa in
malafede”. Se andiamo a prendere questa definizione e a rimetterla nel caso di
Schwazer, si adatta perfettamente. Viene da chiedersi come fa lo staff di Schwazer,
conoscendo questa sentenza, a fare ricorso. E’ una pietra tombale. E’ regolamento
ed è anche giurisprudenza. Non c’era possibilità prima, ce n’è ancora meno adesso.
Lo sconto dovuto è falso. I giornali che parlano di “sconto dovuto” fanno
considerazioni assolutamente sbagliate. Il regolamento parla chiaro, il Tas parla
ancora più chiaro”.
Il contributo della Alptekin, in ogni caso, è di grande rilevanza e produce uno
sconto di 4 anni. Cosa si può dire a proposito di quello fornito da Schwazer?
“Le informazioni sono frammentarie perché in questi casi non si può rendere
pubblico ciò che l’atleta riferisce. Se Schwazer avesse rivelato tutto alla stampa si
sarebbe persa la riservatezza e per questo motivo avrebbero potuto rifiutargli la richiesta di sconto. Però qualche traccia è stata data. Si è cominciato a parlare di un
allenatore squalificato a vita che lavorerebbe ancora per una federazione, cosa che
ovviamente non potrebbe fare da squalificato, e Schwazer avrebbe fornito
informazioni su questo soggetto. I giornali non fanno nomi, ma se si prova a fare
l’identikit di un tale allenatore subito si pensa a Viktor Chegin, tecnico russo della
marcia, squalificato a vita nel 2016. Ma su di lui già molto è noto, tutti in Russia e
fuori sanno dell’attività irregolare di Chegin, ne hanno parlato già in passato illustri
quotidiani stranieri. Quindi bisognerebbe misurare l’effettiva rilevanza di questa
informazione. Se l’informazione riguarda Chegin, che tipo di collaborazione ha
fornito Schwazer? Lo sanno già tutti. Inoltre, lui è già squalificato a vita, non è
possibile un’ulteriore squalifica in base a nuove informazioni”.
Che modo c’è di venire a conoscenza legittimamente e pubblicamente del
contributo fornito da Schwazer?
“Al momento nessuno, ma se si va al Tas tutto verrà alla luce perché le sentenze del
tribunale di Losanna sono pubbliche, quindi si saprà almeno su cosa e su chi lui
avrebbe fornito informazioni, che sia Chegin o un altro tecnico. Se Schwazer, come
ha detto in Tv, vuole fare davvero un altro ricorso, sapremo tutto con precisione. Il
“detto non detto” non esiste più, quindi vedremo che tipo di collaborazione ha
fornito, oltre al fatto che non ha voluto confessare il suo doping del 2016. E allora,
conviene davvero andare al Tas sapendo che tutto diventerà pubblico e non si potrà
usufruire dell’aiuto dei mezzi di informazione?”
Altra accusa: la Wada avrebbe cambiato le regole apposta per lui. E viene messa
sotto accusa la condizione di dover ammettere di essersi dopato. Le cose, però, a
leggere bene i regolamenti della Wada, non stanno proprio così. Cominciamo
proprio dal perché la Wada chiede la confessione.
“Ci sono alcuni criteri da rispettare nel codice Wada. Uno di questi è l’obbligo di
dimostrare la propria buonafede, di essere contro il doping, di aver ammesso le
proprie colpe. Quando c’è il processo antidoping non ti chiedono di ammettere che
ti sei fatto le iniezioni, che sei andato a comprare le sostanze dopanti. Ti chiedono
solo se ammetti di aver violato le regole. Se lo fai, già ti danno un anno in meno di
squalifica, come il caso di Antonio Infantino, squalificato per 3 anni e non 4, nel
2022. Quando sei trovato positivo, l’antidoping non dice che l’hai fatto per
imbrogliare o per sbaglio, ti contesta la violazione della norma antidoping: ti ho
trovato positivo, ammetti la violazione, sì o no? E se non lo ammetti, si va a processo
e rischi il massimo della pena. Io la sostanza l’ho trovata, ti dice la Wada. Lui invece
non ha ammesso la seconda violazione e ha dato battaglia nei tribunali e anche sulla
stampa, con il film-documentario e tutto il resto. Non è una ripicca della Wada, è
che se non hai ammesso le tue precedenti violazioni una autorità antidoping non
può fidarsi di quello che dici. Fra l’altro, Schwazer continua a mettere in dubbio la
regolarità del “percorso” delle provette dal prelievo fino al laboratorio in cui è stata
effettuata l’analisi”.
Ci sono casi in cui è stata effettivamente riscontrata una violazione di questo
genere?
“C’è un caso, clamoroso, in cui una squalifica è stata annullata perché ci sono state
violazioni durante il trasporto delle provette del controllo antidoping. Si tratta di un
golfista, cui il Tas ha dato ragione. Era stato trovato positivo a molte sostanze,
testosterone, steroidi, già molto strano per uno sportivo del golf. Schwazer si
lamenta perché il suo campione ha viaggiato per un giorno e mezzo, che è la norma,
nel caso del golfista aveva viaggiato per 10 giorni. Il Tas gli ha dato ragione perché
non si sa dove stavano le provette in quei dieci giorni. Ci sono casi e casi. Ma un
ricorso del genere era perdente in partenza perché mancava l’ammissione di colpa.
Era destinato a essere respinto non perché ce l’abbiano con lui, ma perché dal punto
di vista regolamentare non c’è alcun appiglio. Quando la Wada ha ricevuto la
richiesta di sconto gli ha chiesto: ammetti la violazione? E all’inizio lui non ha
risposto. Non lo so se poi ha risposto successivamente. Se l’avesse ammessa, senza
spiegare come, quando e perché, la Wada lo sconto gliel’avrebbe dato. A termini di
regolamento poteva concederglielo”.
La notizia del ricorso rigettato avviene durante la trasmissione “Il grande fratello”
e viene annunciata un paio di settimane prima dal conduttore, Alfonso Signorini.
Ma questo va a cozzare con la tempistica della Wada. Quindi, o lo sapevano già o
sono stati incredibilmente fortunati a ricevere questa notizia proprio nel periodo
di permanenza di Schwazer nella casa del Grande Fratello.
“Signorini, due settimane prima di venire a conoscenza della decisione, diceva che
l’avrebbero comunicata nel corso della trasmissione. Ma quando fai una richiesta di
sconto non c’è un processo in una determinata data, ti devono solo rispondere e per
la risposta non c’è un tempo limite, quindi non si sa quando arriverà, dopo un mese,
sei mesi, un anno. Gli hanno risposto dopo due anni. Come fai a sapere che arriverà
dopo due settimane?”
Altra coincidenza: il tentativo di ritorno alle gare avviene sempre in prospettiva
olimpica, mai quando si avvicinano altre gare pur importanti come Mondiali o
Europei.
“La tensione viene alzata quando si avvicinano le Olimpiadi. Nel 2016 cercano di fare
Rio, ma non ci riescono. Poi calma. Ricominciano quando si avvicina Tokyo. E adesso
di nuovo visto che c’è Parigi. Nessun tentativo in vista di Mondiali o altro, no, solo le
Olimpiadi. Fra l’altro, il codice etico della Fidal non gli consente di vestire la maglia
azzurra, perché lui ha subito una squalifica di otto anni e quelle superiori ai due anni
impediscono il ritorno in nazionale. Ci dovrebbe essere una deroga concessa dal
Consiglio federale, ma ci vuole un voto all’unanimità e al momento su Schwazer
questa non c’è”.
Al di là dello sconto della squalifica, c’è un altro problema che non viene messo
abbastanza in evidenza: Schwazer, anche se potesse tornare alle gare prima della
data limite per ottenere il tempo di qualificazione per Parigi, che è 1h20’10”,
dovrebbe poi effettivamente riuscire a farlo, ma anche riuscire ad andare più
veloce di qualche altro azzurro che invece ha già ottenuto tempi che, sui 20
chilometri, Schwazer non sembra poter garantire.
“In effetti, tutto questo spettacolo, ricorsi, partecipazione al Grande fratello,
visibilità mediatica, per cosa? Lui, a prescindere dalla squalifica, dovrebbe cercare il
tempo minimo per Parigi, fra l’altro per la 20 km, visto che non c’è più la 50. E la 20
non è la sua gara. Dovrebbe fare 1h20’10 per rientrare nella lista di chi ha ottenuto il
minimo, dopodiché si vede chi sono i tre atleti che la Fidal decide di mandare
all’Olimpiade. Massimo Stano e Francesco Fortunato vanno più forte di lui e sono
sotto 1h20’: Stano ha 1h20’07” nel 2023 e un personale di 1h17’45”, Fortunato ha
1h18’59” nel 2023. C’è il giovane Andrea Cosi che ha dimostrato di poter ottenere il
minimo. Poi ci sono quelli che facevano la 50 e sono rimasti senza gara e qualcuno di
loro è in grado di andare veloce nella 20, come Giupponi che 1h19’-1h20’ li fa e ha
un personale di 1h19’58. Schwazer, lasciando da parte l’età, deve mostrare quali
sono i suoi attuali limiti. In tutta la sua carriera, è andato sotto 1h20’ solo due volte:
a Lugano nel 2010, con 1h18’24”, quando non c’erano prove del doping ma era
seguito dal dottor Michele Ferrari, e ancora a Lugano nel 2012 in 1h17’30”, risultato
poi cancellato perché ammise che anche in quella gara aveva usato Epo. Anche
quando è rientrato nel 2016 con Sandro Donati, ha fatto una 50 a Roma, che ha
vinto, e una 20 a La Coruna, dove è arrivato secondo in 1h20’23”, tempo oltre
l’attuale limite di qualificazione olimpica. Ma, non dimentichiamolo, entrambi questi
risultati del 2016 sono stati cancellati per la squalifica doping”.
(3 – fine)
1 – Schwazer all’ultimo atto: le voci nascoste della verità
2 – Schwazer, quei tanti dubbi sul doping del passato