Non esistono limiti che non possono essere superati nel corso della vita. La dimostrazione arriva direttamente da Davide Bendotti, atleta della Nazionale Italiana di sci alpino paralimpico che ha superato le ardue pendenze del Monte Rosa prima di giungere ai 4554 metri di Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Italia.
Coinvolto in un incidente stradale nel 2011 che lo ha costretto all’amputazione della gamba sinistra, il 29enne di Colere ha trovato nella montagna un modo per ripartire e costruire una vita dedita all’alta quota. Al via delle Paralimpiadi di Pyeongchang 2018 e Pechino 2022, il portacolori del Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa si è armato di ramponi e buona volontà andando oltre le difficoltà legate all’impresa alpinistica che ha riscritto la storia dello sport paralimpico.
Quest’estate ha scalato il Monte Rosa raggiungendo Capanna Margherita, il più alto rifugio d’Europa. Com’è riuscito in questa impresa?
La scorsa primavera la fisioterapista Elena Semplici mi ha proposto questa spedizione insieme all’alpinista Luca Colli. L’obiettivo era raggiungere il rifugio, tuttavia, avendo perso una gamba in un incidente motociclistico nel 2011, il percorso è stato adattato. Siamo infatti saliti con delle stampelle particolari che, invece dei tradizionali gommini, erano forniti di ramponi. Se è vero che abitando in montagna ciò mi consente di far qualche escursione in estate, d’altra parte sono abituato ad affrontare dei sentieri compatti e ben delineati. Motivo per cui all’inizio di questa spedizione ero un po’ preoccupato perché affrontavo per la prima volta un ghiacciaio. Mi sono però bastati pochi passi sulla neve per capire che ce l’avrei fatta e concentrarmi così solo sulla risalita. Il team mi ha fatto sempre sentire a mio agio e questo mi ha consentito di compiere questa impresa. La discesa invece me la sono goduta maggiormente essendo un atleta della Nazionale di sci alpino.
Come si prepara una spedizione di questo genere, considerato che si superano i 4000 metri d’altezza?
La spedizione è stata fatta a inizio luglio, motivo per cui non avevo alle spalle una grande preparazione atletica. Avevo però già affrontato una serie di allenamenti in palestra, in bicicletta e qualche camminata in montagna che mi hanno permesso di trovare la giusta base per affrontare quest’impresa. Con il passare delle ore ho sentito un po’ di affaticamento, in particolare alle spalle, però fortunatamente non ho avuto grossi problemi di respirazione.
Attualmente le montagne sono accessibili per tutti oppure è ancora necessario lavorare su questo fronte?
Penso sia complicato rendere la montagna accessibile a tutti. So che vicino a casa mia, ai piedi della Presolana, è stato realizzato un percorso che consente a ragazzi in carrozzina e a persone ipovedenti di raggiungere Baita Cassinelli. Certamente ci sono dei tratti dove è possibile intervenire con opere strutturali, ma in altri casi si finirebbe per deturpare in maniera eccessiva l’ambiente montano che deve essere sempre rispettato.
Nel 2011 ha subito un grave incidente stradale che lo ha portato all’amputazione di una gamba. Lo sci le ha consentito di iniziare una nuova vita?
Purtroppo sono stato vittima quell’estate di un incidente in motocicletta nel quale ho perso la gamba sinistra sino all’altezza della coscia, ma soprattutto ho perso il mio carissimo amico. Non è stato facile superare questa tragedia, tuttavia ho avuto la fortuna di avere l’aiuto della famiglia, degli amici e degli abitanti del mio paese che, essendo una piccola comunità, mi hanno sostenuto moltissimo nel ritorno alla quotidianità. Da un punto di vista sportivo devo molto a Luca Carrara, un atleta paralimpico della Val Gandino che mia madre ha incrociato sulle piste di Colere. Avendo appena subito l’incidente, lei si è permessa di chiedere come si potesse sciare con soltanto una gamba e se potesse darmi alcune informazioni. Il giorno stesso è venuto a casa mia e insieme ci siamo dati appuntamento per tornare a sciare visto che prima dell’incidente svolgevo questa attività, ma solo per divertimento. Ci siamo quindi trovati al Passo della Presolana, sulle piste del Donico, e grazie ai suoi consigli sono riuscito ad affrontare le mie prime discese e prendere quindi fiducia nel nuovo attrezzo. Luca è stato importante perché mi ha spronato a provare con le gare, motivo per cui ho iniziato poi la preparazione per i Campionati Italiani 2014 in programma a Prato Nevoso. I risultati non sono stati ottimi, vista anche la poca esperienza che avevo sulle spalle. Quest’occasione è stata fondamentale per capire quale fosse il mio percorso e a gennaio 2015 ho iniziato la carriera internazionale con le prime gare in Austria.
Come si suddividono le gare di sci alpino paralimpico?
Nello sci alpino paralimpico ci sono tre diverse categorie: i visually impaired che comprendono gli atleti ipovedenti, la categoria standing che unisce tutti coloro che gareggiano in piedi e la sitting che interessa tutti i ragazzi che non riescono a usare gli arti inferiori per una doppia amputazione o per una paraplegia. In questo settore c’è un sistema di calcolo del tempo che si chiama crack system e consente di tarare i risultati sulla base della disabilità di cui si è affetti.
Nel 2018 ha affrontato per la prima volta le Paralimpiadi, esperienza che ha ripetuto quattro anni dopo. Ci racconta quali emozioni ha provato in quelle due occasioni?
Le Paralimpiadi racchiudono sempre storie tragiche come la mia ed è quindi bello confrontarsi sull’ausilio delle protesi, capire quanto siano più avanti nel resto del mondo e diventa quindi un’occasione per incontrare persone provenienti da tutto il mondo. Motivo per cui sono stati entrambi due eventi bellissimi. Ho avuto la fortuna, il piacere e l’onore di partecipare a manifestazioni fondamentali per un atleta, anche se fra loro si sono differenziate in quanto Pyeongchang rappresentava la prima partecipazione e soprattutto non c’era il Covid. Ciò ci ha consentito di confrontarci con atleti provenienti da tutto il mondo. A Pechino invece i contatti erano molto limitati e per questo abbiamo vissuto un’esperienza fra piste e albergo.
Lei gareggia in tutte le discipline disponibili. Ciò la rende un atleta polivalente? C’è una disciplina che preferisce?
Fino al 2018 sono stato polivalente a tutti gli effetti visto che erano i miei primi anni di carriera e dovevo fare esperienza in tutte le discipline. Da quel momento in poi ho cercato di specializzarmi nelle discipline tecniche e in particolare nello slalom speciale dove posso ottenere più risultati. Non correndo solo con ragazzi come me a cui manca un solo arto inferiore, spesso diventa difficile per noi ambire a piazzamenti importanti. Un atleta LW2 non riesce a centrare una medaglia paralimpica da Sochi 2014. Questo è un po’ il limite per cui continuo a lavorare, ma è necessario un cambiamento che arrivi dalla FIS.
C’è la speranza che in futuro si possano suddividere ulteriormente le categorie affinché si trovi un vero equilibrio?
E’ quello a cui ambisco, ma la vedo difficile. Circa una trentina d’anni fa esisteva questa suddivisione, le gare duravano poco, ma le premiazioni erano infinite visto che andavano premiati ragazzi e ragazze di ogni disabilità. Per dare meno medaglie hanno deciso di fare questi accorpamenti che hanno favorito alcune sottocategorie e penalizzato altre come la mia. Per esempio a Pechino 2022 nel gigante sono stato il migliore fra gli atleti mono-gamba, però nella classifica standing sono giunto attorno alla ventesima posizione.
Quali sono gli obiettivi per questa stagione?
Fra poco inizierà la Coppa del Mondo, ma quest’anno non ci saranno grandi eventi come Mondiali o Paralimpiadi. Daremo molta importanza alle gare di Coppa Europa, Coppa del Mondo e Campionati Italiani.
In conclusione, c’è un sogno che le piacerebbe realizzare?
Sicuramente sarebbe una bella medaglia paralimpica che penso possa essere il sogno di tutti gli atleti e rappresenterebbe il coronamento dei numerosi sacrifici fatti durante la mia carriera. Legandomi a questo discorso, molte volte ci ritroviamo a dover allenarci il doppio degli altri raccogliendo poco o niente. Guardando alle Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026 spero quindi di poter tagliare questo traguardo.