Novak Djokovic divide ancora a metà il tennis fra ammiratori e detrattori. Sei giorni dopo aver ceduto contro Alex De Minaur l’imbattibilità in Australia dopo 43 partite denunciando un problema al polso destro, s’è presentato senza fasciature al primo allenamento sulla Rod Laver Arena dove ha firmato ben 10 Australian Open, confidando a sorpresa all’emittente Sport Klub: “Ad essere sincero, sono un po’ combattuto. C’è sempre una parte di me, quella del giovane che ama il tennis, sa tutto di questo sport e dà tutta la vita per il gioco. E questo giovane vuole ancora continuare. D’altra parte, però, sono padre di due figli e sono lontano dalla mia famiglia. Ogni volta che viaggio per un lungo periodo mi si spezza il cuore. Penso sempre a quanto dovrei giocare, quanti tornei, e se ne vale la pena. Ho iniziato questa stagione semplicemente facendolo. Sono venuto in Australia e basta”.
DUBBI
Chi non l’ha mai sopportato, anche in contrapposizione con Roger Federer e Rafa Nadal, e lo vede come il diavolo, enumera le sue tante pretattiche soprattutto negli Slam, ed enumera i miracolosi recuperi-lampo di Nole I di Serbia, in carriera e specificatamente a Melbourne. Dal titolo 2021, a suo dire, “con una seria lesione ai muscoli addominali” già dal terzo turno contro Taylor Fritz che rimontò da due set a zero sotto, a quello dell’anno scorso, “con una gamba sola”, come giura coach Goran Ivanisevic parlando del ginocchio malconcio. Se non è pretattica, soprattutto nel primo Major dell’anno quando le incertezze sono maggiori, come interpretare lo sfogo di Novak il terribile? Non è il timore di perdere il numero 1 del ranking a fine torneo a favore di Carlos Alcaraz, dopo aver chiuso la stagione per 8 volte al comando (record), tenendo lo scettro per 407 settimane in 13 anni (altri record). Può pesare la qualità e la quantità della concorrenza, sempre più qualificata e famelica, dai giovanissimi Alcaraz, Jannik Sinner, Holger Rune e Ben Shelton ai più esperti Sasha Zverev, Stefanos Tsitsipas, Daniil Medvedev, più Fritz e Rublev. Soprattutto alla vigilia della maratona nella dura estate australiana, con tutte le partite di 5 set, l’idea di incrociarli magari a raffica può essere più un onere che un onore. Pur sbandierando orgoglioso i 36 anni, il fisico ancora perfetto, come il livello di gioco, oltre ai 24 Slam-record che spiccano fra i 93 titoli ATP. E, quand’è sotto pressione, come fra Masters e finali Davis, anche super-Djokovic può perdere 3 volte su quattro contro un pretendente al trono come il Profeta dai capelli rossi, Sinner.
OBIETTIVI
E’ anche legittimo che, dopo 20 stagioni sull’ATP Tour, il campione di gomma più vincente del tennis che ha guadagnato 181 milioni di dollari di soli premi ufficiali – almeno 500 con l’indotto -, sia un po’ stanco e demotivato. Ma la sua prima, vera, ufficiale, mozione degli affetti lì dove 16 anni fa ha firmato il primo Slam, nel 2008, rimane indecifrabile, come puntualizza lui stesso: “So che gli obiettivi continuano ad essere gli Slam e le Olimpiadi ma, oltre a questo, non ho idea di quali tornei giocherò. Ho ancora fame, voglio continuare a gareggiare e posso correre per ore. E’ più una questione di aspetto emotivo, che è la mia priorità: non voglio perdere troppi momenti insieme ai miei figli”. Domenica scatta il primo Slam 2024 e il peggior nemico di Djokovic resta Djokovic.
Vincenzo Martucci (tratto dal messaggero del 10 gennaio 2024)