“In Europa sono le otto e un quarto: buon giorno, ragazzi!”. Jannik Sinner saluta tutti gli italiani, non solo quelli svegli dalle 4.30 davanti alla tv: ha demolito il totem degli Australian Open, Novak Djokovic, domattina, alle 9.30, in diretta su Rai2, che s’affianca in extremis a Eurosport, gioca la sua prima finale Slam. Mamma e papà? Il messaggio è in perfetto stile-emigrato 13enne che ha lasciato i monti dell’Alto Adige per far fortuna con la racchetta alla scuola di Bordighera: “Sono a casa e ci resteranno”. Il Profeta dai capelli rossi ha scalato due-tre marce in tutto, ormai anche col microfono è in dimensione Alberto Tomba & Valentino Rossi: “Non saluto solo la mia famiglia, ma tutte le persone vicine e tutti i tifosi italiani. Proviamo a fare il massimo. Ci sono anche Bolelli e Vavassori in finale di doppio! E’ bello avere altri italiani, apprezzo il supporto anche dei tifosi qui a Melbourne. Ci vediamo domenica!”.
MATURITA’
Jannik è il solito esempio, lucidissimo dentro e fuori del campo: “La partita è stata complicata. Nei primi due set Nole ha sbagliato tanto, nel terzo il livello era più equilibrato. Sul match point, su quel dritto teso, volevo giocare lo sventaglio lungolinea poi ho cambiato all’ultimo e le gambe non mi hanno aiutato. Il primo game del quarto set è stato importante, l’ho giocato davvero bene: dovevo ripartire prima possibile, ho continuato a spingere, ho cercato di restare positivo, ho avuto palle break sull’1-0 e non le ho convertite, ma mi sentivo pronto fisicamente e mentalmente. Ho servito e risposto bene”. Felice, ma senza eccessi, anche nella celebrazione sul campo: “Ci avevo appena giocato tre volte ed è stato molto importante, un conto è l’allenamento e un altro la partita vera e i punti importanti. Anche quando ci avevo perso in 3 set a Wimbledon sentivo che il livello si stava avvicinando tanto. Gli Slam sono diversi e questo è stato un grande test per capire a che punto ero fisicamente: nel quarto set, ho scavato a fondo le mie energie, soprattutto sul 3-1: era l’ultimo game con le palle vecchie e dal gioco dopo sarebbe stato più facile servire”.
AUTOCONTROLLO
Il ragazzo dimostra molto più i 22 anni: “Dobbiamo essere onesti, nei primi due set ho visto che non colpiva la palla come lui sa. Non si muoveva molto bene e penso che non fosse nemmeno così concentrato. Ma è il numero 1 al mondo e devi essere pronto al fatto che riesca a cambiare le cose rapidamente. Nel terzo set abbiamo giocato alla pari e abbiamo fatto i migliori scambi del match. Non ha avuto un solo break-point è questa è una statistica insolita per lui. Ma nel tennis quando hai una brutta giornata è difficile uscirne vincitori. Quindi, vedendo che non stava giocando un granché bene, ho cercato di tenere alta l’intensità degli scambi e ho colto l’occasione”. Ha solo un gesto di stizza in panchina a fine terzo set, con la bottiglietta d’acqua smanacciata ed è la reazione più scomposta di chi si qualifica alla prima finale Slam: “Provo tante emozioni e grande soddisfazione. Ovviamente per me significa tantissimo aver battuto Novak qui a Melbourne. Abbiamo lavorato tanto per arrivare fin qui. Ma il torneo non è finito: c’è una partita importante per me e per la mia carriera, vediamo come va”.
DELUSIONE
Da parte sua, il re ha la testa bassa: “Sono scioccato dal mio livello di gioco. Nei primi due set non ho praticamente fatto nulla. E’ uno dei peggiori match a livello Slam che ho giocato. Non è una bella sensazione ma complimenti a Jannik per aver fatto tutto meglio”. Chissà se è pentito: proprio lui suggerì al 17enne Sinner di variare il gioco a partire dal servizio.
Vincenzo Martucci
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La prima finale Slam personale, la prima anche in assoluto del tennis italiano agli Australian Open, rimpolpa i già tanti record di Jannik Sinner, ad appena 22 anni. E’ anche la prima volta, era Open, che un azzurro supera un numero 1 nei Majors, e che – a parte Federer e Nadal – qualcuno batte Nole I di Serbia 3 volte in 9 settimane negli ultimi 4 confronti (nei gironi del Masters, alle Finals di Davis e ora a Melbourne); sconfitta nella finale di Torino. E’ anche il più giovane finalista a Melbourne proprio da Djokovic al primo urrà Slam nel 2008. E, fra gli italiani, è a una finale Slam come Berrettini, De Stefani, Panatta, Errani, Vinci, Pennetta, la Schiavone 2, Pietrangeli 4.
NUMERI-RECORD
Per scrivere la sua storia personale il Profeta dai capelli rossi stoppa la serie magica “down under” del 10 volte campione Djokjovic (dopo 33 partite, dal 22 gennaio 2018 con Hyon Chung), domina 6-1 6-2 il primatista di 24 Slam, cede il terzo set dopo aver mancato un match point sul 6-5 del tie-break con un dritto, sul quale, per la prima e unica volta trema. Ma subito riparte con il controllo delle emozioni che lo rende un campione, chiudendo il match per 6-3, dopo 3 ore 22 minuti. Non concede palle break (5/11 per lui), con l’83% di punti con la prima di battuta, il 63% con la seconda e 28 gratuiti (a 54!).
NUOVO DJOKOVIC
Queste statistiche e quanto espresso in campo venerdì a Melbourne dimostrano che le parti fra i due si sono invertite: Jannik domina lo scambio sin dal primo colpo e Novak forse si alza male dal letto come succede sempre più spesso con l’andare degli anni (lui, a 36, lotta alla pari coi ventenni). Nole è irriconoscibile: arranca, forza e sbaglia tanto, troppo, preso in velocità dall’italiano, proprio come fa in genere lui, gettando l’avversario nella frustrazione. Del resto, Sinner è stato un po’ clonato guardando proprio Djokovic e le somiglianze sono sempre di più: entrambe alti 1.88, come un fisico longilineo, elastico e ricco di forza veloce, sul quale hanno montato qualche chilo di muscoli con attenzione certosina, colpiscono sempre in equilibrio; nati sul cemento, si esaltano in difesa chiudendo tutti gli spazi, da implacabili contrattaccanti da fondocampo – evoluzione di Andre Agassi -, completi nel bagaglio tecnico, dal servizio alla risposta, con l’asso nella manica del rovescio naturale, a due mani. Entrambe costruiti col lavoro e con continue e nuove richieste allo staff tecnico-fisico, per migliorarsi. Entrambe, sin dall’arrivo Tour, hanno puntato, senza giri di parole, al massimo, cioé al vertice.
FINALE
Guardando alla finale di domani mattina alle 9.30 italiane, i testa a testa Sinner-Medvedev sono 6-3 per il russo. Ma gli ultimi 3 confronti li ha vinti Jannik, sfatando il tabù nella finale di Pechino, confermandosi in quella subito dopo di Vienna e imponendosi anche nelle semifinali del Masters di Torino. Il russo (alla terza finale a Melbourne, dopo l’urrà agli US Open 2021) sarà sicuramente provato dal duro torneo (5 set con Ruusuvuori e Borges) e dalla rimonta di 5-7 3-6 7-5 7-6 6-3 di 4 ore con Zverev. Peraltro, Sinner ha imparato a non farsi irretire dai melliflui palleggio da fondo della piovra del tennis, neutralizzandolo con un mix di fiondate violente negli angoli e smorzate. Anche se il Kraken risponderà più avanti e tenterà la via delle rete.
Vincenzo Martucci
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Servizio
Il colpo che è più migliorato come prima e seconda palla, come velocità e varietà. Gli avversari non lo “leggono”. Soprattutto la primo risolutiva arriva quando ne ha più bisogno, da campione
Risposta
E’ la leva tecnica sulla quale fonda il suo gioco, l’arma più sicura, quella che anche nelle giornate-no, gli dà punti e mette in difficoltà l’avversario e lo costringe a fare qualcosa di più
Fisico
Col baricentro basso che ha allenato con lo sci, colpisce sempre in equilibrio, spesso in anticipo. Più potente e resistente, non è di gomma come Nole, ma ha migliorato la velocità di piedi
Gioco
Un anno fa sembrava ancora scolastico, farraginoso e prvedibile, ha imparato ad eseguire i dettami della coppia Vagnozzi-Cahill. Col lavoro, ha aggiunto un varieta anche offensiva inimmaginabile
Testa
E’ la sua arma paralizzante. A dispetto dei 22 anni, reagisce al meglio dopo qualsiasi colpo e in qualsiasi situazione, resettando senza problemi e senza trapelare le emozioni. Sembra un robot.
Vincenzo Martucci (Tratto dal messaggero del 27 gennaio 2024)