Che rabbia! Che beffa atroce. E che sfiga quel pallone che scivola dalla base, costringendo il povero Garbisi a un calcio quasi al volo per non venire stoppato dai francesi. E quel maledetto palo… Già, i francesi, due volte fortunati, alla fine ma anche all’inizio, per quella meta concessa con molta generosità dal debuttante arbitro inglese Christophe Ridley, peraltro bravissimo (a dirla tutta, il calcio finale era da far ripetere, perché nei calci di punizione, durante i 60 secondi a disposizione del calciatore, gli avversari non possono intervenire: possono farlo solo per i calci di trasformazione di una meta). Un’Italia corsara stava per compiere l’impresa, battere in casa sua la squadra che solo quattro mesi fa in Coppa del Mondo ci annichiliva 60-7. Certo, questa Francia è diversa e molto più sperimentale di quella collaudata dei Mondiali, ma anche gli azzurri avevano non poche defezioni (tra gli altri Allan, Negri, Lorenzo Cannone). L’Italrugby ha completamente riscattato la batosta di Dublino, 36 punti a zero dall’inarrivabile Irlanda, con una prova difensiva pressoché perfetta e con la lucidità necessaria per non buttare via i palloni con passaggi affrettati e imprecisi. Anche un fondamentale come la touche, fortemente deficitario contro gli irlandesi, ha presentato un notevole miglioramento. Vero anche che non abbiamo saputo sfruttare al meglio la superiorità numerica per tutto il secondo tempo, a seguito dell’espulsione di Jonathan Danty.
A conti fatti, il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Al capitano Michele Lamaro, nella conferenza stampa dopo il match, è stato chiesto: “E’ più forte la soddisfazione di aver giocato alla pari con la Francia o il rammarico per la vittoria mancata di un soffio?” Lui ha risposto laconico: “Rammarico“. Coach Quesada invece ha preferito esaltare la prova della squadra. Resta, appunto, il rammarico di non aver vinto, mancando il primo successo in terra francese nel Sei Nazioni dopo una partita dove avremmo più che meritato.
Ma dopo quasi 11 anni siamo rientrati nelle prime dieci squadre del ranking mondiale, mentre nel “ranking” del Sei Nazioni abbiamo 3 punti, al quinto posto assieme al Galles (ma i dragoni hanno una miglior saldo punti fatti – punti subiti). Inoltre Tommaso Menoncello è stato eletto man of the match e capitan Lamaro, autore di 18 placcaggi (come Ross Vintcent), è stato osannato dalla stampa estera: ”Lamaro ha abbattuto così tanti corridori francesi che gli servirà una settimana di bagno nel ghiaccio al ritorno in Italia”. Ma con tutto questo ben di Dio, come abbiamo potuto sprecare l’ultimo calcio, dannazione!
Insomma, questo bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
La risposta è… da rimandare. Solo la prossima partita, sabato 9 marzo a Roma contro la Scozia, autentica prova del nove dei progressi azzurri, ci dirà se la grande prestazione di Lille è stato l’inizio di un vero cambio di passo oppure uno degli episodi brillanti finiti nel limbo degli acuti sporadici. Certo, l’occasione fallita con beffa finale per battere i francesi in Francia grida vendetta, ma hanno detto bene sia Lamaro sia Quesada: non è un calcio sbagliato a cambiare l’ottima partita giocata. Il famigerato bicchiere, dunque, si sarà rivelato mezzo pieno o mezzo vuoto dopo la sfida con gli highlander scozzesi, perché troppe volte l’Italia ha fallito la prova del 9 facendo seguire a una grande partita una prova deludente.
Nel Sei Nazioni dell’anno scorso l’esordio azzurro fu ottimo. Contro la Francia a Roma ce la giocammo fino alla fine (29-24 per i galletti il risultato finale). Nel match successivo con l’Inghilterra a Twickenham, però, nel primo tempo venimmo a lungo dominati dagli inglesi, pur disputando una buona reazione nella ripresa, ma a risultato ormai compromesso (31-14 al fischio finale). Allo stesso modo, dopo una bella partita persa 34-20 contro l’Irlanda che poi avrebbe fatto il Grande Slam (e quest’anno è a un passo dal ripeterlo, sarebbe – sarà, questi qui non li ferma nessuno – record perché non c’è mai stata una squadra capace di vincere sempre per due anni di fila nella centenaria storia del Sei Nazioni), il match contro un Galles fino a quel momento deludente imponeva agli azzurri la vittoria. Eravamo a Roma ed era il primo match del torneo da dover vincere, non sarebbe bastata la buona prestazione. La vera prova del 9. Purtroppo fallita dagli azzurri, mai veramente in partita e con molti errori figli del peso dell’inedita responsabilità di farsi trovarsi alla fine dalla parte giusta del tabellone (i gallesi s’imposero 29-17).
Contro la Scozia non si chiede all’Italia di vincere per forza, ma di rispettare quello che è ormai un mantra delle interviste di Capitan Lamaro: dimostrare di aver il diritto di rimanere nel Sei Nazioni giocandocela per tutta la partita e nel finale avere anche l’occasione di vincere. Se sarà così, magari anche perdendo di un soffio, i ragazzi di Quesada rivedranno il bicchiere mezzo vuoto di Lille spumeggiante di birra e fiducia. Due sostanze fondamentali, nel rugby come nella vita…
*Autore della foto: DENIS CHARLET
Ringraziamenti: AFP
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