La grande madre Russia è molto distante della nostra mentalità e, quando la tocchiamo con mano, ci allontana ancor di più, con le sue donne algide e fortissime, e quel Vladimir Putin che ci fa proprio paura, come la sigla che l’accompagna, il terribile Kgb russo dei primi film di 007.
Freddo, ecco, quando pensiamo a quella gente e a quei posti, ci viene sempre in mente lo stesso aggettivo. Anche se il gas che ci arriva da laggiù riscalda tutti i giorni le nostre case. La grande madre Russia – il più vasto stato del mondo, con una superficie di 17098241 chilometri quadrati – è anche potenza, economica, e pure sportiva, con una scuola, rigide selezioni, fra tutti quella gente: 143,5 milioni di abitanti di etnie e caratteristiche fisiche così diverse. Lo sport è stato ed è ancora di regime, come una delle tante industrie che devono fruttare, comunque, e sempre. Lo sport regala soddisfazioni e campioni in tutti i campi. L’ultimo squillo, domenica, nel cuore della ricca California, nel deserto di Indian Wells, è stato un trionfo nel trionfo, con la finale tutta russa fra Elena Vesnina e Svetlana Kuznetsova, finale a sorpresa, con la prima, campionessa olimpica in carica di doppio, che l’anno scorso perdeva nel primo turno di qualificazioni ed ora somma il successo più grosso nella nuova carriera di singolarista, concludendo una rimonta in classifica spettacolare: dal 122 del mondo del febbraio 2015 al 13 di oggi. Negli ultimi nove mesi è nata una nuova giocatrice che è arrivata in finale a Charleston passando dalle qualificazioni, ha toccato le semifinali a Wimbledon, ha vinto l’oro di doppio a Rio, e poi il Masters ed ora Indian Wells. “Ho toccato veramente il fondo, peggio di così non poteva andarmi, non potevo far altro che rimettermi insieme. Ce l’ho fatta e ora penso che per un paio di giorni riderò e basta, mi sa che riderò che durante la notte mentre dormo, ripensando a questa corsa: anche il presidente della vostra federazione, parlando di me, anche quando ero numero 15 del mondo in singolare, mi aveva presentata dicendo: “E’ una buona doppista”. E basta. Ne ho parlato a lungo con la mia compagna del Masters, Ekaterina Makarova, e le ho detto: “ Katya, penso che non sia giusto, noi due siamo universali”. Infatti possiamo fare sia singolare che doppio: siamo fra le prime 20 del mondo in singolare e fra le prime 10 in doppio perché possiamo giocare su tutti i campi e in tutti i modi”.
La 30enne Vesnina non è l’unico miracolo russo. L’altra finalista, la connazionale Svetlana “sciagura” Kuznetsova, dal potenziale molto superiore ma dalla testolina molto più indisciplinata, di anni ne ha 31, è arrivata al numero 2 del mondo ed ha firmato due Slam. Anche lei è riesplosa, anche è destinata comunque a sparire, quantomeno come attenzione, quando sulla scena c’è la divina Maria Sharapova, come succederà ancora il 26 aprile al torneo di Stoccarda dopo lo stop di 15 mesi per doping. Mentre, appare la più seria candidata al suo trono: Anastasia Potapova, campionessa di Wimbledon e numero 1 del mondo juniores 2016, che compie 16 anni il 30 marzo e, nelle qualificazioni di Miami, ha travolto col suo gioco elettrico il primo ostacolo, la 21enne greca Maria Sakkari, 84 del mondo. Senza tralasciare le emergenti del’97, Daria Kasaktina e Natalia Vikhlyantseva, rispettivamente 42 e 81 del mondo.
Le donne che emergono nel tennis non sono una sorpresa, così come nove rappresentanti fra le prime cento del mondo: il serbatoio atletico è davvero senza pari e garantisce risultati senza crisi. La sorpresa può finalmente arrivare, però, dal tennis maschile, dopo un lungo silenzio al vertice, con gli sporadici squilli del principino Evgeny Kafelnikov e dell’affascinante Marat Safin. Oggi c’è un discreto nugolo di tennisti giovani che promette molto nell’ATP Tour, proponendo insieme qualità e quantità: dal 20enne Karen Khachanov al 21enne Daniil Medvedev, al 19enne Andrey Rublev al 20enne Ivan Gakhov al 19enne Roman Safiullin. Potevano essere anche di più se Alexander Bublik non avesse “sposato” il Kazakistan e se papà Alexander Zverev non fosse emigrato in Germania, facendo nascere ad Amburgo il figlio Sascha, anche lui classe ’97, il più autorevole candidato al numero 1 del mondo da qui a tre-quattro anni.
VINCENZO MARTUCCI