“Padri e figli” non è uno slogan, o un fondamentale libro del filone russo o un pensiero che si inchioda nella mente facendoci fissare per ore il soffitto di prima mattina. Padri e figli è un tema sempre più delicato della nostra società, un soggetto ideale per le tragedie e le psicosi più importanti. Ricorderò sempre quando il papà di una famosa tennista mi domandò, serissimo e rabbioso, se fossi padre, perché solo in quel caso, secondo lui, avrei potuto capire quanto male gli avessi fatto lasciando trapelare da un mio scritto un segreto sulla figlia. E, come tutti i papà, ricorderò ogni momento, belli e brutti, dei miei figli. Perciò, in queste ore mi chiedo come reagirei se mio figlio fosse sospeso dall’antidoping. Quante domande mi porrei, quanto mi auto-flaggerei pensando ai miei errori giovanili, ai miei errori di educazione sportiva, da genitore, alla mia mancata/insufficiente attenzione, eccetera. Figurarsi se mio figlio fosse un atleta famoso, e se io avessi intrapreso anni prima una crociata contro il doping nel mio sport in particolare e in quello in generale. Se mi chiamassi Yannick Noah, e fossi il mito del tennis francese, l’ultimo ad aggiudicarsi uno Slam – e addirittura il Roland Garros di Parigi – mi sentirei ancora più al centro del mirino. E vivrei momenti davvero drammatici.
Da papà, esprimo quindi personalmente la mia solidarietà a Yannick, uno degli uomini e degli atleti di maggior carisma che abbia mai conosciuto. Perché suo figlio 33enne, Joakim, centro dei New York Knicks già fermo per infortunio, è stato squalificato per 20 partite (la squalifica partirà solamente al suo rientro in attività) per aver violato il protocollo antidoping dell’Nba, assumendo un farmaco da banco – liberamente acquistabile – vietato dalle norme della famosa lega basket americana. E’ risultato positivo allo LGD-4033 un modulatore selettivo del ricevitore dell’androgeno non steroideo che ha una funzione simile al testosterone su muscoli e ossa senza effetti collaterali negativi paragonabili. E’ molto usato nel body building e si compra liberamente anche su Internet. Anche se la sua assunzione non è stata “né volontaria né consapevole” e ha cooperato attivamente all’indagine della lega.
La condanna è tornata come un boomerang proprio contro Yannick che, nel 2011, lanciò una vera e propria crociata contro il doping, e in particolare contro quello del tennis spagnolo. Anche se la sostanza ingerita dal figlio diventerà prossimamente legale, i media spagnoli hanno subito riproposto le accuse di allora del campione del Roland Garros 1983: “Com’è possibile che tutto all’improvviso la Spagna abbia cominciato a dominare in tanti sport? Ha forse scoperto qualche tecnica di allenamento sconosciuta? No. Oggi lo sport è un po’ come Asterix alle Olimpiadi: senza pozione magica non si vince. E, proprio come Obelix, gli spagnoli sono stati fortunati a cadere dentro la pentola con la pozione magica. Basta con l’ipocrisia: o il doping viene accettato o deve essere proibito per tutti. E dico tutti. In Spagna lo sport ha un ruolo più importante che in altri paesi, e per i suoi atleti vengono maggiormente tutelati”.
Joakim, nel maggio 2008, venne fermato dalla polizia nei pressi di Gainesville, in Florida, ubriaco e con una dose di marjuana. E papà Yannick, anni fa ha cambiato idea anche sul doping chiedendo che venisse legalizzato, perché ormai la guerra all’antidoping è impari. Ma queste, evidentemente sono altre storie. Non c’entrano con quella chiave di padri e figli.
Vincenzo Martucci