Il primo maggio del 1994 moriva Ayrton Senna. Clinicamente all’Ospedale Maggiore di Bologna, tecnicamente e fatalmente alla curva del tamburello di Imola. Io ero nel mio studio di Milano, davanti alla tv. Poi sarei andato a San Siro per Milan-Reggiana di campionato (0-1). Ricorderò sempre, il 17 luglio a Pasadena, lo striscione che la Nazionale brasiliana espose e trascinò per il campo dopo la vittoria mondiale, ai rigori, sull’Italia di Arrigo Sacchi.
Marguerite Yourcenar ha scritto: «Alla fine e all’inizio della vita bisogna vivere come se si andasse a morire tra dieci minuti. O come se si durasse per sempre». Voi dov’eravate, quella domenica? E ogni volta che leggete Ayrton a cosa pensate?