Radek Stepanek è stato nei top ten sia in singolare che in doppio, anche se negli Slam ha vinto solo in coppia. Ha deciso due Coppe Davis per la Repubblica Ceca, brillando con un gioco di varietà e tante soluzioni a rete. Come altri colleghi era allenatore in fieri già quando giocava, e quindi la sua transizione a coach è stata automatica. Fino a guidare Sebastian Korda – che ha affrontato Flavio Cobolli – il figlio di quel Petr che lo ha allenato. Anzi, che l’ha trasformato da ottimo doppista in buon singolarista.
Radek, il bravo coach migliora o cambia il giocatore?
“Cambiare una persona è difficile in ogni relazione, dal coaching al matrimonio: cambi solo se lo vuoi davvero, e con tutto te stesso. Altrimenti puoi ricevere le informazioni più giuste, i tempi più esatti e le indicazioni più appropriate ma non c’è forza, né magia per cambiare un essere umano. Ho avuto difficoltà in carriera e lo so per esperienza personale: le modifiche arrivano solo se sono convinte e se vengono direttamente dalla propria volontà, perché altrimenti non trovano il terreno giusto”.
Qual è la parola chiave fra coach e giocatore?
“Fiducia, l’uno per l’altro, sapendo che oggi arrivano tante informazioni da fuori campo: indicazioni sul recupero, sull’allenamento fisico e mentale, sulla dieta alimentare. Chi decide il match, dopo la strategia e la tecnica è lo standard di comportamenti, la disciplina nel verificare tutto, e nella percentuale di tante componenti diverse e ugualmente importanti. Siamo diversi l’uno dall’altro, ognuno va gestito in modo diverso, coi giusti messaggi, sapendo come dare indicazioni se usando i modi più duri o più delicati, dipende da come la persona capta meglio l’aiuto, e poi cambiare sistema di volta in v
Lei ha avuto “clienti” molto diversi: Djokovic, Dimitrov e ora Korda. Chi ha aiutato di più, e meglio?
“Purtroppo sono arrivato nei loro momenti peggiori, quando avevano problemi evidenti: Novak col gomito, Grigor era giù mentalmente e Sebi è stato fermo tre mesi per il polso destro”.
Sebi che potenziale ha?
“Tutti sanno che ha un potenziale importante perché colpisce bene la palla, ha potenza e varietà. Ma oggi la partita di tennis è più simile a un incontro di boxe: i due contendenti se le danno di santa ragione per ore e questo comporta una spesa importante sotto ogni aspetto, umano, muscolare, mentale, sempre e comunque, fino al limite”.
Quindi qual è l’arma migliore?
“La disciplina, la capacità di sapersi esprimere anche quando non vorresti alzarti dal letto: e hai male e stai male. Quando le cose vanno bene e ti senti bene sono capaci tutti di giocare bene, ma i Fab Four sono stati la dimostrazione migliore di come ci si deve esprime al massimo anche quando le condizioni sono negative, prendendo comunque le decisioni giuste, concentrandosi e portando a casa la partita”.
Torniamo a Sebi: papà Petr era perplesso, non sapeva se il figlio avesse il sacro fuoco per sacrificarsi ed esprimersi al massimo. Qual è la sua risposta?
“Credo che ce l’ha, altrimenti non sarebbe dov’è adesso: sta anche acquisendo l’esperienza, sta imparando ad esprimersi anche come persona, mostrando le emozioni, tirando fuori fino in fondo quello che è. Può alzare ancora di molto il livello, la sua evoluzione è a rete, coi colpi che ha da fondo per me è destinato a chiudere sempre di più i punti alla volée, e in modo costante”.
Sebi può far scintille anche sulla terra?
“Certo che sì, anzi, sul rosso ha tutti i colpi del libro: lo slice e tutte le variazioni. Il problema è mettere insieme tutti i tasselli del puzzle e farli funzionare. E’ adesso che cominciamo davvero il nostro lavoro in profondità, dopo i problemi fisici… Toccando ferro!”.
Parliamo della scuola tennis ceca: da tantissimo tempo avete tantissimi giocatori, uomini e donne che giocano bene e fanno risultato, a prescindere dal tennis che cambia.
“Io ripeto sempre che la storia prova tutto. Da cinquant’anni, per noi, è così. Quanti ne abbiamo avuti? Kodes, Navratilova, Lendl, Smid, Berdych, Mandlikova, Sukova, Novotna… Per un po’ non abbiamo avuto un top ten, ma queste nuove generazioni promettono bene. Il nostro segreto si chiama buoni allenatori, si chiama ispirazione dai precedessori, si chiama valori che ci hanno insegnato i genitori e si chiama conoscenza fra noi tutti, vivendo in un piccolo paese, con continui riscontri in partita, sia in singolare che in doppio, una specialità che allena molto tutti i colpi. Ma soprattutto la chiave è sapere che senza il duro lavoro non si raggiunge il top”.
Il pioniere del professionismo nel tennis è stato Ivan Lendl
“Ha cambiato questo sport sotto tutti i profili, cominciando dai dettagli per creare ogni tipo di miglioramento, addirittura dai test delle varie racchette e dal varie tensioni delle corde per adattarsi alle caratteristiche dell’avversario. Io ho passato 15 anni con lui a guardarlo e ad imparare: dalla dieta alla palestra, dagli specialisti medici al primo team itinerante per i tornei”.
Nel tennis moderno potrebbe esistere un altro Stepanek?
“La varietà resta un vantaggio importantissimo per far giocare male l’avversario e per i momenti in cui le cose non vanno bene. Oggi come oggi avrei bisogno di sviluppare maggior potenza ma saprei ancora trovare il punto debole dell’avversario e lavorare su quello”.
Stepanek è stato anche rubacuori: ha conquistato tante colleghe, da Hingis a Kvitova, e ha battuto il record con Vaidisova che ha sposato due volte.
“Ci ho anche fatto due meravigliose figlie e sono felice con Nicole, che come tennista è stata sfortunata, si è fatta male, e invece poteva salire al numero 1 del mondo. Con lei ci siamo lasciati e ci siamo ripresi, ci siamo rinnamorati, siamo ripartiti insieme in due diversi momenti. Perché? Come mai? Per quella bella cosa chiamata vita”.
Un motivo per essere contenti e uno per essere scontenti se le sue figlie vorranno giocare a tennis come mamma e papà.
“Sarei felice se fossero felici di quello che fanno, qualsiasi cosa fosse. Io sono cresciuto con una mentalità sportiva, facendo qualsiasi sport, dal calcio, all’hockey, così ho acquisito movimenti che mi sono serviti poi nel tennis”.
Che cosa non le piace del tennis moderno?
“Vorrei vedere più personalità e più persone che si mostrano in campo per quello che sono veramente. La gente vuole vedere più McEnroe, più reazioni di Djokovic, più intrattenimento. Io almeno ho sempre mostrato chi ero veramente e questo mi ha aiutato ad esprimermi come tennista”.
da SuperTennis TV