Foto della nostra inviata a Roma – Marta Magni
Dal Cile con furore. In un torneo di Roma infuocato si catapulta la garra charrua sudamericana. Due cileni nei primi quattro, c’è un precedente ma è il “250” cileno di Vina del Mar 2006, vinto da Josè Acasuso su Nicolas Massu. Come dire: tutta un’altra cosa rispetto a un Masters1000, dall’altra parte del mondo, con i due ossessi che hanno eliminato gente del calibro di Novak Djokovic e Stefanos Tsitsipas.
Nicolas Jarry, spilungone di 2.01 metri, esulta per la vittoria nella semifinale contro Tommy Paul per 6-3 6-7(3) 6-3 e adesso alla prima finale in un Master1000 della carriera.
Servizio imponente e spirito da lottatore, ha avuto una carriera sofferta, fatta di onesti successi ma anche di due lunghi e pesanti stop, una prima volta per 4 mesi per infortunio – una frattura allo scafoide della mano sinistra – e la seconda, molto più lunga, per doping a gennaio 2020.
Ventotto anni, attuale n.24 del mondo (è stato n.18 a gennaio), Jarry proviene da una famiglia di sportivi. Il padre Allan e la madre Cecilia hanno giocato a volley da professionisti, ma la parentela decisiva è il nonno Jaime Fillol, ex n.14 ATP e avversario dell’Italia di Panatta e Pietrangeli nella finale Davis del 1976, vinta dagli azzurri nel pieno delle polemiche per aver giocato a Santiago, a casa di Pinochet. Il cileno ha iniziato il torneo degli Internazionali di Roma come ammazza italiani, eliminando prima Arnaldi e poi Napolitano. Dopo gli ottavi di finale con Muller, ha trionfato ieri contro Stefanos Tsitsipas raggiungendo le semifinali di un 1000 per la prima volta in carriera. Niente male per uno che in partenza era la testa di serie n.21. “Scusate” ha scritto sulla telecamera dove di solito ci finisce la firma, coma a dire “scusate per vedermi in semifinale al posto di Tsitsipas o di un altro big”. Nel 2024 ha fatto finale a Buenos Aires, sconfitto da Facundo Diaz Acosta, ma dopo aver eliminato Alcaraz in semifinale, e i quarti di finale a Miami (dove la sua corsa si è fermata davanti a Daniil Medvedev). L’infortunio del 2019 ne ha rallentato la salita in classifica, ma è stata la controversa squalifica per doping a inizio 2020 lo scoglio più duro da superare. L’ITF l’ha ritenuto colpevole per assunzione di integratori vietati, ma Nicolas ha dimostrato la sua innocenza, provando col suo team legale che le sostanze proibite erano state contaminate indirettamente dal laboratorio brasiliano che ne aveva riscontrato la presenza. Nonostante questo, ha preferito accettare la squalifica di 10 mesi perché contemporanea allo stop totale per il Coronavirus. Jarry è stato costretto a risalire la classifica da zero, come i suoi punti ATP dopo la squalifica. Con pazienza certosina e grande determinazione, è ripartito dalla giungla dei Challenger negli angoli sperduti del mondo, dalla cilena Concepcion alla tedesca Lüdenscheid, da Lima a San Paolo. La risalita è proseguita senza particolari acuti fino al 2023, anno della svolta, col ritorno nei Top100, dopo aver raggiunto la semifinale dell’ATP 500 di Rio de Janeiro e vinto negli ATP250 della sua Santiago e in quello di Ginevra. L’anno scorso ha centrato anche gli ottavi di finale al Roland Garros, battuto da Casper Ruud. La vittoria di ieri sera ne fa una bestia nera di Stefanos Tsitsipas, superato su tutte le superfici: due volte sui prati (a ‘s Hertogenbosch e Halle), una sul duro – Pechino 2023 – e una sulla terra, qui a Roma ieri sera.
Alejandro Tabilo ha cominciato il torneo da testa di serie n.29 e si è rivelato al mondo con la vittoria al secondo turno su Novak Djokovic. Ha sconfitto il n.1, incerottato e affaticato fin che si vuole, ma sempre il primo giocatore del mondo, superato concedendo la miseria di 5 giochi. Un acuto poi confermato dalla vittoria ai quarti contro Zhinzhen Zhang, prima della sconfitta in 3 set da Alexander Zverev 1-6 7-6(4) 6-2. Una sorpresa assoluta, venuto fuori dal nulla in un amen, come l’italo-argentino Luciano Darderi, semifinalista del Challenger di Cagliari e in quello di Houston e protagonista dei primi giorni qui Roma, o come l’argentino Mariano Navone, finalista a Rio de Janeiro e a Bucharest e totalmente inatteso vincitore a Cagliari, in finale contro il nostro Musetti.
Giocatori purosangue, che dal circuito dei Challenger si prendono subito la scena nei tornei più importanti. Tabilo è nato nel ’97 in Canada, a Toronto, da genitori cileni. Papà Ricardo e mamma Maria, connazionali cileni, si sono conosciuti nel Paese nordamericano. Lì il piccolo Alejandro ha seguito le orme del fratello maggiore Sebastian, anche lui giocatore. Col successo su Zhang ai quarti a Roma, viaggia spedito col miglior ranking di sempre, attualmente n.32 del mondo. È diventato un tennista all’accademia di Nick Bollettieri e nel 2016 ha scelto di rappresentare il Cile dopo aver gareggiato come giocatore canadese.
Nel 2024 ha giocato la finale del ATP 250 di Santiago – persa contro Sebastian Baez – e ha vinto il Challenger francese di Aix En Provence, oltre ad aver passato il primo turno nei primi tre Masters1000 dell’anno (Indian Wells, Miami e Montecarlo). Il suo colpo migliore è la palla corta e come superficie predilige la terra battuta, anche se deve migliorare il rendimento al servizio, spesso debole con la seconda. La città cui è più legato è Roma, e non potrebbe essere altrimenti dopo il torneo che sta giocando (se si giocasse a Busto Arsizio, state certi che avrebbe preferito le bellezze del comune varesino…). Il crocevia della sua carriera è stata la scelta di giocare per il Cile, arrivata proprio dopo una sfida con il connazionale Jarry. Era una sfida in un Future, ad Halifax di 8 anni fa, sul veloce indoor, tutta un’altra cosa da un 1000!
Questi sono, nel giorno delle semifinali, Tabilo e Jarry, i due ossessi cileni. Dopo la sconfitta di Tabilo con Zverev, sfuma quella che sarebbe stata la prima volta di una finale di un 1000 tra connazionali del Cile, che comunque rimane protagonista – come i suoi sparuti ma entusiasti tifosi – con Jarry, nella finale di domenica contro Sasha Zverev.