L’attività sportiva a livello giovanile è una straordinaria esperienza educativa, è emozionante, divertente e come tale coinvolge facilmente i bambini, i ragazzi e i giovani: ha una funziona ludica, sociale, insegna il rispetto di sé e degli altri, delle regole, il valore dell’impegno, la convivenza civile, la cooperazione, l’accettazione della sconfitta; accresce la fiducia in sé stessi aumentandone l’autostima; permette di scaricare le ansie, le frustrazioni e l’aggressività; favorisce l’incontro e facilita l’integrazione. Attorno ai bambini, ai ragazzi e ai giovani che giocano, ruotano numerose figure:
l’Istruttore e l’Allenatore;
il Dirigente; il Presidente;
i Genitori e i familiari.
Tutti partecipano a diverso titolo e in diversa misura a rendere l’esperienza sportiva educativa e formativa per i giovani atleti.
Il buon andamento di una Società Sportiva ben strutturata e organizzata dipende dall’equilibrio tra i diversi ruoli, dove ciascuno deve “giocare” la sua parte senza invadere e interferire in quella degli altri. E’ pertanto importante comprendere quale ruolo gioca ogni figura e quali sono le sue responsabilità. A tale scopo è bene fare il possibile affinché si stabilisca un’Alleanza Educativa tra le diverse figure.
Il Dirigente
Il Dirigente è colui che riveste una specifica responsabilità all’interno di una squadra che gli è stata affidata e rappresenta la Società all’esterno per la parte che gli compete (contatti con le altre Società, con le Federazioni Sportive, con il C.O.N.I., con i Media, ecc). Il Dirigente rappresenta il fulcro tra gli Istruttori, Allenatori, Società, giocatori, genitori e l’esterno. Il suo compito è quello di:
accogliere e trasmettere i suggerimenti e i consigli che arrivano dalle diverse parti; favorire un ambiente sereno tra i Tecnici, la Società; agevolare l’uso delle attrezzature sportive; dettare un codice corretto di comportamento in campo e fuori ai Tecnici e ai giocatori; mediare le interferenze esterne dei genitori.
Il Dirigente rappresenta la Società agli occhi dei giocatori, del pubblico, degli avversari e la sua collaborazione riguarda l’aspetto organizzativo e del comportamento, pertanto non può e non deve sostituirsi all’Istruttore o all’Allenatore, intervenendo nelle scelte e nelle decisioni tecniche poiché tutto ciò non gli compete. Dal suo comportamento e dalle sue reazioni, da ciò che dice e fa, gli altri ricaveranno un’impressione positiva o negativa della squadra e della Società che rappresenta.
L’Istruttore e l’Allenatore
L’Istruttore e l’Allenatore devono essere degli Educatori che “educano attraverso lo sport”, alla condivisione del gruppo e in particolare sono coloro che promuovono e concretizzano un valido progetto sportivo e culturale orientato a far “crescere” i giovani non solo dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto nell’educarli al senso della responsabilità, dell’impegno, dell’autostima e della voglia di migliorare continuamente. Sono un punto di riferimento e un esempio per i giocatori in campo e
fuori dal campo e tale incarico impone loro di avere una specifica formazione tecnica, senza dimenticare il ruolo che giocano all’interno della squadra. I primi a rispettare la differenziazione con i genitori sono proprio gli Istruttori e gli Allenatori, con il loro atteggiamento e di conseguenza ogni Istruttore e ogni Allenatore ha percorso un cammino nel quale si è costruito un’esperienza e questo bagaglio gli permette di potersi definire autorevole, esperto e competente. A volte però la presunzione rende ciechi e fa sentire onnipotenti, esponendo al rischio di compiere errori e non accorgersene, quindi bisogna cercare di essere umili, pur riconoscendo il proprio valore.
Gli Istruttori e gli Allenatori devono collaborare all’interno di una Società Sportiva, confrontarsi e lavorare a contatto sotto la direzione di un Direttore Tecnico, quale punto di riferimento per tutti.
I genitori
I genitori hanno sempre avuto un ruolo importante per la crescita sportiva dei propri figli, anche perché soprattutto a quest’età, i figli devono essere supportati (non esaltati né tantomeno depressi) dai genitori, sia per gli stimoli continui che forniscono, sia per il grande aiuto che possono dare in fatto di educazione, lealtà, fiducia dei propri mezzi, orgoglio e autodeterminazione. I genitori sono una risorsa positiva per l’attività sportiva dei propri figli e il rapporto con la Società è molto delicato, poiché mette in campo una serie di problematiche talvolta difficili da gestire:
giorni e orari degli allenamenti e delle partite;
il tifo a volte eccessivo;
il rapporto con la Società, con gli Istruttori e gli Allenatori (sollecitazioni, raccomandazioni, pretese).
In questo modo si viene a creare un duplice atteggiamento nei confronti delle famiglie: da una parte la partecipazione dei genitori è vissuta in modo positivo perché rappresentano una risorsa per la Società (collaborazione nelle trasferte, organizzazione delle feste, collaborazione dirigenziale); dall’altra parte molte volte le interferenze fanno nascere malintesi e
malumori, destinanti ad esplodere nei confronti dei Tecnici, dei Dirigenti e della Società stessa.
Con i genitori deve essere cercata un’alleanza, perché una collaborazione intelligente può aiutare a risolvere molti problemi, da quelli educativi dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, alle molteplici incombenze organizzative societarie. Il compito dei genitori è di insegnare ai propri figli che lo sport è un grande veicolo di valori fondamentali, che la vittoria è frutto di un duro
lavoro e di un impegno costante e che non conta solo il risultato (capacità empatica).
Specialmente in età evolutiva il bambino, il ragazzo e il giovane devono sentire questo appoggio incondizionato da parte dei genitori che li supportano e li valorizzano per quello che sono.
Ma purtroppo non sempre è così! In alcuni sport di squadra, ma anche a livello individuale, quando i genitori seguono i propri figli durante la gara o la partita, pensano di avere dei piccoli campioni in campo. Il tifo è per il figlio e non per la squadra, gli errori sono degli altri e non del figlio, se l’arbitro fischia contro il figlio è un incompetente, se l’Istruttore non lo fa giocare non capisce niente. Sfogare le proprie frustrazioni sui figli, trattati come alter ego in grado di restituire l’immagine ideale che a volte non si è riusciti a raggiungere da giovani, contribuisce a capovolgere la realtà. E’ profondamente contro natura, oltreché immorale, caricare di responsabilità un bambino o un ragazzo di 10-12 anni. L’ambizione dell’adulto non può agire da scudo
contro il momento dell’aggregazione, il bambino e il ragazzo vanno incontro al mondo, lo vogliono conoscere autonomamente e quindi devono essere lasciati liberi di giocare senza alcuna pressione, senza ricatti, devono divertirsi, devono rispettare le regole del gioco, i compagni, l’Istruttore, l’arbitro.
Qualche esempio:
Nel calcio a livello giovanile, di fronte ad episodi deplorevoli accaduti ultimamente durante le partite, la F.I.G.C. scrive “L’approccio educativo del mondo del calcio è troppo spesso uno specchio attraverso cui si riflettono comportamenti e atteggiamenti degli adulti, quindi competitività esasperata, esclusione dei meno dotati, accentuazione dell’aspetto fisico e agonistico”. Nel Minibasket e nel Basket Giovanile alle partite spesso non ci sono gli arbitri, molti Istruttori si comportano in panchina da allenatori professionisti (urlano, imprecano contro tutti e tutto), difendono a zona per vincere le partite, idem a livello Esordienti e a livello Under 13 molti arbitri sono inesperti (a volte addirittura non arrivano) e commettono molti errori. Nel tennis i bambini non ridono più, sono dei piccoli professionisti, copiano i gesti e i riti scaramantici dei grandi campioni, si innervosiscono per un colpo sbagliato, scagliano le racchette per terra in segno di stizza.
I genitori
Purtroppo si notano molti genitori che vivono le partite dei figli come fossero partite di serie A, i genitori delle squadre opposte si guardano in cagnesco, le urla rimbalzano in campo, vi sono genitori che se la prendono furiosamente con l’Istruttore, perché non fa giocare il proprio figlio, altri che insultano l’arbitro (quando c’è), altri che scatenano baruffe in tribuna con i genitori della squadra avversaria.
Conclusioni
Cari genitori la motivazione per la quale vostro figlio pratica un’attività sportiva può essere completamente diversa da quella che voi avete in testa. La società dei giorni nostri impone paragoni sempre più sfidanti in tutti i campi e quindi anche nello sport e questa pressione ricade tanto sui genitori, quanto sui bambini, sui giovani e sui loro Istruttori e Allenatori. I genitori avvicinano i bambini e i giovani alle attività sportive che essi stessi hanno praticato e che prediligono, aspettandosi che le motivazioni del bambino e del giovane coincidano con le loro. Molti bambini, molti ragazzi e molti giovani si sentono sotto pressione per via delle aspettative dei loro genitori, per il giudizio dell’Istruttore e dell’Allenatore e dei loro compagni di squadra.
Vi propongo un decalogo da leggere bene e da studiare a casa:
1) alle partite non dovete insultare i giocatori della squadra avversaria;
2) durante il gioco non dovete insultare l’arbitro;
3) prima di contestare platealmente davanti a tutti, informatevi bene cosa
dice il Regolamento Tecnico;
4) non dovete difendere i vostri figli sempre, anche se hanno torto;
5) fate i “supporters” non i tifosi!
6) “vivete” le partite in modo tranquillo e non traumatico, rendendole dei
momenti importanti, interessanti e piacevoli, ricordando che si tratta
sempre e comunque di un gioco;
7) incoraggiate i vostri figli a impegnarsi sempre di più, facendo capire
loro che l’impegno in palestra, a scuola e nella vita, sarà una futura fonte
di soddisfazione;
8) ricordatevi che l’attività sportiva a livello giovanile è una forma di
socializzazione e di divertimento e non una “guerra” da vincere sempre e
a tutti i costi;
9) la delusione di una sconfitta diventa un mezzo per crescere, perché la
“non vittoria” stimola a migliorarsi attraverso gli allenamenti e
quest’atteggiamento si riflette positivamente sullo svolgimento delle
attività scolastiche dei vostri figli;
10) fate i genitori: che esempio date ai vostri figli se vi comportate male?