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Il destino di Valerio Bacigalupo sta scritto sin dalla nascita. Dopotutto se vivi in una famiglia di calciatori, non puoi far altro che diventarlo anche tu e un giorno magari alzare pure un trofeo. Per Valerio ci sarebbe anche la possibilità di farlo anche con la Nazionale se non fosse per un terribile incidente aereo che il 4 maggio 1949 se lo porta via a soli venticinque anni.
Per capire come si è arrivati fin lì è necessario però fare un passo indietro e tornare al 12 marzo 1924 quando, in un’umile casa di Vado Ligure, nasce Valerio Bacigalupo, ultimo di undici fratelli fra cui Manlio, portiere di lungo corso fra Vado, Andrea Doria, Torino e Genova 1893. Quando Valerio viene al mondo, quest’ultimo inizia la carriera da estremo difensore posando i guantoni nella culla del fratello e disegnandogli di fatto la strada.
Il piccolo Valerio cresce insomma a “pane e pallone” muovendo i primi passi in quel Vado che aveva conquistato la prima edizione della Coppa Italia prima di affrontare nel 1941 un’amichevole con l’Entella guidato da Manlio. La partita non va nel migliore dei modi e per questo viene scartato finendo per giocare prima nella Cairatese e poi nel Savona. In piena Seconda Guerra Mondiale viene chiamato dal Genova 1893, destinato ad affrontare il Campionato Alta Italia 1944 vincendo anche la Coppa Città di Genova l’anno successivo.
Spregiudicato, autore di interventi acrobatici così come di uscite coraggiose in presa alta o bassa, Valerio colpisce il presidente del Torino Ferruccio Novo nel corso di una gara fra la Rappresentativa Ligure e quella Piemontese venendo così acquistato per 160.000 dalla squadra granata, in fase di ricostruzione dopo gli strascichi del conflitto. Il giovane savonese non è convinto della destinazione, ma il fratello Manlio gli segna ancora una volta la via portandolo a trasferirsi nella città sabauda.
Lì conosce Danilo Martelli e Mario Rigamonti con cui divide un appartamento di via Nizza creando l’omonimo “trio” che diverrà presto celebre grazie ai successi ottenuti sotto la guida di Luigi Ferrero. L’esordio arriva il 14 ottobre 1945 in un derby vinto dalla Juventus per 2-1 grazie alle reti di Pietro Magni e Silvio Piola, ma quel piccolo incidente di percorso è soltanto il preludio a una magica carriera. La conferma arriva durante la stagione quando Bacigalupo è protagonista di una cavalcata vincente che porta il Torino al terzo scudetto della sua storia.
Con lui nasce così il mito del “Grande Torino”, la squadra che spaventa tutto il mondo del calcio, soprattutto quello italiano dove non ci sono avversari per Valerio e compagni. Nonostante una distorsione al polso lo costringa a saltare parte dell’annata successiva, Bacigalupo si aggiudica nuovamente il titolo prendendosi a questo punto anche la Nazionale, pronta a riprendersi dopo la Seconda Guerra Mondiale.
La prima occasione per vestire la tuta azzurra arriva il 14 dicembre 1947 quando a Bari va in scena l’amichevole con la Cecoslovacchia. Allo Stadio della Vittoria sono presenti quarantamila spettatori pronti a seguire le gesta di quella Nazionale che per otto undicesimi è composta da giocatori del Toro. L’avversario è quella squadra giunta sino ai quarti di finale nei Mondiali del 1938, ma non c’è storia: Romeo Menti porta avanti la squadra di Vittorio Pozzo al nono minuto, Guglielmo Gabetto raddoppia al cinquantottesimo e Riccardo Carapellese chiude la pratica al sessantatreesimo. Inutile la rete di Roha all’ottantaquattresimo che buca la rete di Bacigalupo fissando il punteggio sul 3-1.
Siamo o non siamo la squadra più forte del mondo? La conferma arriva il 4 aprile 1948 quando a Parigi si affronta la Francia, anche stavolta l’Italia si veste di granata e fa di un solo boccone i cugini d’Oltralpe. 3-1 con doppietta di Carapellese e gol di Gabetto inframmezzato nel finale da un rigore di Jean Baratte. La doccia fredda arriva però poco più di un mese dopo. A Torino gli azzurri affrontano “i maestri del calcio” dell’Inghilterra, ancora convinti del proprio isolazionismo che li spinge a non aderire alla FIFA. Per l’Italia è una doccia fredda, freddissima: al quarto Stan Mortesen porta in vantaggio i britannici con un po’ di fortuna in acrobazia e con Bacigalupo che si trova spiazzato a causa di una deviazione di Giuseppe Grezar.
Al ventitreesimo Tommy Lawton replica su assist di Mortesen con l’Italia che potrebbe anche segnare, ma spreca le occasioni che capitano sui piedi degli attaccanti azzurri. Nel secondo tempo arriva un momento di black-out attorno al settantesimo: Tom Finney pizzica di testa un cross di Stanley Matthews trafiggendo per la terza volta la porta di Bacigalupo, due minuti dopo completa il poker che lascia l’Italia di sale.
In realtà si tratta soltanto di un piccolo incidente di percorso con Bacigalupo che torna in campo il 27 febbraio contro il Portogallo quando la squadra di Pozzo vince per 4-1 a Genova prima di replicare un mese dopo con la Spagna a Madrid per 3-1. “Baci” sarebbe pronto ad affrontare il Mondiale nel 1950, ma il 4 maggio 1949 accade una tragedia: di ritorno da un’amichevole con il Benfica a Lisbona, l’aereo del Grande Torino finisce per schiantarsi contro i muraglioni della Basilica di Superga, ponendo così fine a un sogno.
Nonostante il numero ridotto di presenze in azzurro, Valerio Bacigalupo rimarrà sempre nel cuore dei tifosi italiani diventando un esempio da seguire per tutti coloro che vogliano diventare un portiere di successo.