“La vittoria ha molti padri, mentre la sconfitta è orfana” sosteneva John Keats facendo riferimento alla tendenza per certi versi tipicamente italiana di salire sul “carro dei vincitori” quando le cose si mettono al meglio e di schivare ogni responsabilità nel momento in cui tutto crolla.
Un po’ come successo con la Nazionale di calcio che, dopo l’eliminazione agli ottavi di finale degli Europei a opera della Svizzera, è stata inghiottita in un vortice dove nessuno sembra essere veramente il colpevole di una spedizione iniziata male e finita pure peggio. Tutti hanno cercato di trovare alibi per difendersi dall’accusa di aver trascinato a fondo un movimento in grande crisi sin dal 2010 quando l’esclusione dal primo turno del Mondiale ha iniziato a far pensare i vertici federali a un “rinnovamento” con l’obiettivo di scongiurare il peggio.
Un’eventualità che puntualmente è accaduta e peraltro si è ripetuta se si eccettuano gli exploit nella competizione continentale dove l’Italia ha raggiunto la finale nel 2012 e la vittoria nel 2021, ben figurando anche nel 2016 quando la squadra di Antonio Conte arrivò a giocarsi i quarti con la Germania.
La “buona stella” degli Europei si è però spenta improvvisamente sotto la gestione di Luciano Spalletti che si è lamentato del poco tempo a disposizione per preparare la kermesse e lanciando quindi un chiaro segnale a una Federazione che poco più di dieci mesi fa si è trovata a cambiare in corsa il ct a causa dell’addio di Roberto Mancini e soprattutto pronta a scaricare le responsabilità su qualcun altro pur di non essere coinvolta in questo vortice di bassa pressione.
Lasciando per un attimo da parte le accuse reciproche e analizzando i dati, si può notare come l’eliminazione dell’Italia sia legata principalmente anche alla poca esperienza in campo internazionale di una Nazionale composta principalmente da giocatori all’esordio in gare di questo peso. Nella graduatoria stilata da Affidabile.org la compagine tricolore sono soltanto decimi con 901 presenze in match ufficiali di stampo internazionale, di cui 501 nelle coppe continentali e 400 con la maglia azzurra. Troppo poco soprattutto se confrontati con formazioni come il Portogallo, fermatosi sì ai quarti, ma in grado di usufruire di giocatori come Cristiano Ronaldo, Pepe, Diogo Costa e Joao Felix, abituati a questo tipo di scenario e in grado di totalizzare 1527 presenze.
Alle loro spalle si posizionano la Germania con 1458 gare e la Svizzera con 1231, risultati ottenuti però in maniera diversa. I tedeschi dimostrano di aver più chance nelle coppe continentali complice anche la decisione di squadroni come Bayern Monaco e Borussia Dortmund di affidarsi ai giocatori nati e cresciuti nello stato d’appartenenza e in grado poi di raggiungere traguardi di spessore come la finale di Champions League ottenuta dai gialloneri e i successi raggiunti nelle scorse stagioni dai bavaresi. La Nazionale appare molto giovane e per questo motivo con un ridotto rodaggio alle dipendenze di Julien Nagelsmann, ma al tempo stesso in grado di farsi le ossa sui campi di Champions, Europa e Conference League.
Discorso diverso per gli elvetici che, da quel 3-0 subito agli Europei del 2021 a opera dell’Italia, hanno cambiato moltissimo puntando su un gruppo compatto e solido sotto la guida di Murat Yakin. Il ct ha fatto scelte ben precise affidandosi spesso agli stessi uomini all’interno delle competizioni, ma al tempo stesso regalando loro quell’esperienza internazionale che con le proprie compagini di club non si può fare. Basti vedere anche la decisione di puntare sul blocco Bologna come abbia fruttato nonostante i felsinei si affacceranno nel calcio che conta soltanto il prossimo anno.
Per l’Italia più esperti sono i giocatori del blocco Inter composto da Matteo Darmian, Alessandro Bastoni, Federico Dimarco, Nicolò Barrella e Davide Frattesi. Un segnale che ci fa capire come il dominio in Serie A non sia scontato che si riproponga in Europa. Se si eccettuano la finale di Europa League nel 2020 e l’ultimo atto di Champions lo scorso anno, i nerazzurri non sono mai andati oltre gli ottavi di finale nelle kermesse europee dimostrando come la Beneamata sia sì devastante sul territorio nazionale, ma come lo stesso non si possa dire all’estero. Una constatazione che porta a pensare come la “spina dorsale” della nostra Nazionale non sia propriamente all’altezza delle grandi aspettative che si facevano alla vigilia.
Le altre squadre che hanno avuto modo in questi anni di andare avanti e guadagnare terreno in campo europeo sono la Roma e l’Atalanta da cui arrivano Gianluca Mancini , Bryan Cristante, Stephan El Shaarawy, Lorenzo Pellegrini e Gianluca Scamacca. Per entrambe le squadre si parla di Europa League principalmente, quindi di una competizione con avversari di livello inferiore rispetto alle grandi squadre a cui attingono le altre Nazionali. Un pochino di esperienza in più la potrebbero portare Gianluigi Donnarumma, Giovanni Di Lorenzo e Jorginho, ma se si eccettua il caso del portiere del Paris Saint Germain, molti di loro sono state fra le delusioni di questo Europeo controbilanciate dalla sorpresa rappresentata da Riccardo Calafiori, proveniente anche lui da Bologna e quasi a secco di competizioni internazionali.
L’assenza di presenze va anche a bilanciare sul conteggio dei gol fatti e subiti, con il primo caso che vede l’Italia in dodicesima posizione con 94 reti, 60 realizzate con i club e 34 con la Nazionale. L’attacco azzurro si basa dopotutto sull’asse Scamacca-Retegui con il primo che ha trascinato sì l’Atalanta alla conquista dell’Europa League, ma che era alla prima vera stagione in campo continentale accompagnata da un rendimento decisamente sotto le aspettative in Nazionale; il secondo che milita nel Genoa e ha quindi a disposizione soltanto le partite con la compagine di Spalletti per fare vedere le proprie doti fuori dal Bel Paese.
Lo stesso si può dire per la porta dove Donnarumma si è confermato un fenomeno che però spesso si accende in azzurro, mentre con la tuta del Paris Saint Germain ha faticato parecchio tanto da rischiare il posto da titolare la prossima stagione. La sua media di gol subiti si aggira attorno allo 0,97 per partita a dispetto del giovanissimo Bart Verbruggen che ha disputato la maggior parte dei match internazionali con l’Olanda riportando una media di 0,68 gol seguito a ruota da Unai Simon con 0,74, in grado di subire soltanto due gol con la Spagna sinora.
Dati che dimostrano come sì serva che i giocatori italiani siano più coinvolti dai club di appartenenza, ma al tempo stesso come il calcio tricolore debba ripartire dal materiale umano, tale da essere all’altezza delle sfide europee e di conseguenza con la Nazionale. Se i nostri principali giocatori non riusciranno a fare la differenza in Champions League o in Europa League, difficilmente riusciranno a disputare gare in campo internazionale e ad abituarsi a quella pressione che, anche solo citando i campioni del mondo del 2006, erano abituati a conoscere. La vittoria europea dell’Atalanta può essere un buon viatico, ma a partire dai risultati provenienti dalla nuova Champions potremo capire veramente se il calcio italiano abbia un futuro oppure no.