Nell’ultimo consiglio della Iaaf, la federazione mondiale dell’atletica leggera, è stata presa in considerazione la possibilità di cancellare la 50 km di marcia dal programma olimpico e di alternare la 20 km alla mezza maratona. Sono anni che soffia un vento pericoloso contro questa disciplina, almeno dal 2000, quando ai giochi di Sydney alcune decisioni dei giudici lasciarono gli spettatori stupefatti e levarono alla nostra Betty Perrone una sacrosanta medaglia d’oro. Ora questo vento soffia forte e le gare di marcia sono decisamente a rischio di essere cancellate.
LE COLPE Uscire dal programma olimpico e mondiale significherebbe la morte: quale giovane si dedicherebbe ancora ad una specialità tanto faticosa senza avere grandi obiettivi da sognare? Di certo qualcosa va modificato. Certe decisioni dei giudici faticano ad essere comprese dagli spettatori, qualche volta alcune squalifiche hanno lasciato il sospetto di complotti politici contro questo o quel atleta o quella nazione. Ma la grossa contestazione arriva per i suoi tempi. Una 50 km di livello sfiora le 4 ore di gara, la 20 km un ora e 20 minuti. Tempi che contrastano ferocemente con quelli televisivi. E poi il fatto che la 50 km è solo maschile negando di fatto la parità fra i sessi che il Cio richiede.
IL SENSO Ma su quest’ultimo punto la Iaaf è già corsa ai ripari permettendo alle donne di iscriversi ad agosto ai prossimi mondiali di Londra alla 50 km. Sarà la prima gara mista. Chi l’accusa dice che quello della marcia è un gesto goffo, ma richiedere il bloccaggio del ginocchio sino a quando il piede è a contatto del terreno e obbligare al contatto continuo con il terreno stesso è l’unico sistema, dal punto di vista biomeccanico, di distinguere la marcia dalla corsa.
CULTURA Lo sport non è un chewing- gum che si mastica e si sputa, dietro ad ogni disciplina ci sono delle storie ed una sua cultura e la marcia è tra i pilastri fondamentali della storia dell’olimpismo. Perché? Semplicemente perché è il gesto motorio più naturale e facile per l’uomo, il cammino. Lo sport di vertice lo vuole cancellare, mentre parte del mondo lo sta riscoprendo come l’attività salutare più semplice, meno costosa e meno traumatica.
IL GUSTO Certo, per apprezzare la marcia non basta guardare il risultato finale, bisogna viverla. Perché per uno spettatore non esiste gara più democratica: niente pista dello stadio, nessuna inferriata a dividere, il suo palcoscenico è la strada, la fatica e il sudore di un atleta si vivono a pochi metri. Basta avere pazienza. Una 50 km è una storia da vivere sino in fondo. E’ una metafora completa della vita umana. Ci sono la preparazione, il talento, il coraggio, le paure, la capacità di sognare e di sfidare se’ stessi ancor prima degli avversari. E poi… Se non abbiamo la memoria corta la 50 km è stata fra le gare più appassionanti dell’Olimpiade di Rio. Certo, cambiamo qualcosa, rendiamola più comprensibile, ma perché cancellarla?
Pierangelo Molinaro