Diciamo subito che l’altezza non è mai stata la mia principale qualità. Lo era ancor meno nei primi anni sessanta quando all’età di undici anni, alto poco più di un soldo di cacio (almeno poi sono arrivato a 1.75), fui catapultato in una nuova dimensione. Venivo da Forte dei Marmi, piccolo paese sul mare e sotto la tutela dell’allora presidente della Virtus Bologna, Giorgio Neri, venni accompagnato a visitare le strutture del club. Il capoluogo emiliano apparve enorme ai miei occhi spalancati, pieno di edifici, con tanti negozi e con un numero incredibile di passanti che riempivano le strade. Non mi ero ancora ripreso dal lungo viaggio e dalla gioia per aver superato per la prima volta l’Appennino che, all’ingresso del circolo, mi trovai di fronte la figura gigantesca di un uomo. Alzai la testa per squadrarlo ben bene da cima a fondo e pensai, istintivamente: “Come sono grandi gli uomini che vivono in questa città”. Lui mi sorrise amabile e si presentò: “Ciao, mi chiamo Dado Lombardi”. Persona speciale, buono come il pane, era davvero altissimo, 1.94, e possente (96 chili), ma mi prese in simpatia e nei giorni seguenti mi portò a vedere l’allenamento della squadra di basket. Conobbi così i suoi compagni Calebotta e Pellanera, diventando la loro piccola mascotte e marchiando a fuoco nel mio giovane cuore la “V nera”.
Dopo un paio di stagioni, fui inserito in una competizione fra i circoli regionali e, nelle trasferte, venivo accompagnato dal mitico Avvocato Gianluigi Porelli che, a breve, sarebbe diventato procuratore generale della Virtus e uno dei più importanti dirigenti a livello europeo. Come dimenticare i consigli e le spiegazioni regolamentari che mi impartiva durante i nostri viaggi in macchina? Tra un allenamento e l’altro di tennis, fuggivo in palestra per seguire da vicino i miei idoli del bnasket, guardando i loro movimenti, quel continuo piegarsi sulle gambe, quelle rapide giravolte e i repentini cambi di direzione. Tutti movimenti che ricalcavano con molta precisione i suggerimenti che mi venivano impartiti sul campo da tennis. Nel corso degli anni, diventato professionista, anche quando mi trovavo all’estero, non mancavo di telefonare in Italia per conoscere il risultato della partita appena terminata delle mie “V nere”.
Come non ricordare con affetto Caglieris, Villalta, Brunamonti e tutti i campioni che hanno dato lustro alla Virtus! In particolare, ho ancora davanti agli occhi il tiro da 3 + 1 di Danilovic nel più importante derby cittadino. Gioie, dicevo, ma anche dolori. I risultati odierni non sono certo pari alla gloriosa storia della squadra, eppure la febbre da tifo non accenna a diminuire. Addirittura, quando commento per la televisione gli attuali tennisti e vedo sul campo atleti che sfiorano o superano i 2 metri di altezza (Berdych, Djokovic, Zverev, Isner, Kyrgios, Fritz) mi viene istintivo chiedermi: “Sono braccia tolte al basket?”. In realtà non credo che sia così: in vista del finale di stagione, un paio di questi protagonisti con la racchetta da tennis li vedrei bene con la canottiera delle V nere, penso proprio che non sfigurerebbero e un paio di canestri, magari da 3 punti sarebbero in grado di metterli a segno.
Paolo Bertolucci