L’Olimpico diventa il Colosseo. Tornano i gladiatori. Il derby Roma-Lazio non è un gioco è una sfida vitale. Appassiona e divide la città. Divide da sempre anche le famiglie.
Perfino la famiglia del Duce, romagnola, non romana, cadde nella trappola. Mussolini il 6 ottobre 1929 aveva fatto domanda per prendere la tessera della Lazio, per cui tifavano i figli Bruno e Vittorio, ma poi andava al Testaccio a vedere le partite della Roma, la squadra del suo ultimo nato, Romano.
Questa volta quella dell’Olimpico è una sfida d’alta quota. Non è certo il “derby del pianto” di Milano. Anzi, se si guarda la somma dei punti, è il derby di qualità più alta: vale 139 punti, contro 131 del derby di Torino, 114 di quello di Milano e 73 ci quello di Genova. La Roma è seconda in classifica, la Lazio quarta. Sono due squadre sulla rampa di lancio. Sognano, per gli anni a venire, lo scudetto.
Nell’ultima giornata hanno segnato dieci gol: 6 la Lazio al Palermo, 4 la Roma al Pescara. Hanno il gol facile. Anche come potenziale di fuoco è il derby migliore: le due romane hanno prodotto 134 gol, contro 131 delle torinesi, 113 delle milanesi e 75 delle genovesi. L’aritmetica dice che sarà un derby spettacolare, ricco di emozioni e di gol.
Questo è il derby numero 169: la Roma ne ha vinti 63, la Lazio 44. Il primo si giocò l’8 dicembre 1929 al Campo della Rondinella e fu deciso da un gol di Volk, il centravanti fiumano della Roma, soprannominato Sciabbolone. Dzeko da una parte e Immobile dall’altra possono calarsi in quella parte.
La Roma ha vinto gli ultimi 4 derby di campionato. Ma questo non inganni. L’1 marzo la Lazio ha inflitto ai giallorossi un 2-0 secco e doloroso nella prima semifinale di Coppa Italia. Ha gli uomini giusti per far traballare i centrali giallorossi, forti nel gioco aereo, ma vulnerabili rasoterra nel triangolo stretto e rapido.
Il derby è una prova del fuoco. Conta l’esperienza. Si faranno valere De Rossi, Strootman, Nainggolan da un lato, Parolo e Biglia dall’altro. Ma conta anche il cuore. Il cuore che scardina la geometria e immette nel gioco il pigmento vincente dell’imprevedibilità. Potrebbe anche essere il giorno di Milinkovic o di Keita, giovani spacca-partita.
La tattica è importante e ancora di più i movimenti senza palla. È la sapienza di Spalletti contro l’imprevedibilità e il gusto dell’azzardo di Simone Inzaghi. Ma saranno gli uomini a decidere, non gli schemi.
È l’aquila contro la lupa. Gli artigli contro i denti. Una sfida cruenta come al tempo dei gladiatori. Tutto è possibile. Anche la goleada. E, se fosse giallorossa, potremmo rivedere in campo Totti per il derby numero 44. Un monumento che si muove.
Claudio Gregori