La grande pallavolo è finalmente in dirittura d’arrivo. Domenica a Civitanova si gioca gara3 di finale. Ma certamente si conclude il campionato maschile, definito Superlega. Continuerà invece, almeno fino a gara4 quello femminile. Con ampie possibilità di toccare perfino il traguardo di gara5. Che al movimento non farebbe davvero male.
Due esiti scontati? Veramente no. Molta la diversità fra i due tornei. Negli uomini, lanci la prima pietra chi non avrebbe pronosticato Lube in finale già ad ottobre. L’alea di una piccola ma reale incertezza la si poteva ancora correre dopo il primo mese. Quando, errare humanum est, ma perseverare est diabolico, lo staff Lube si era presentato ripetendo gli stessi errori della stagione precedente. Errori che erano costati in maniera ingloriosa e assai poco dignitosa per un grande club, la testa del diesse Stefano Recine. Quali? Ma di abbondanza. Di stranieri. A pallavolo si gioca soltanto in sei più il libero. Quattro solo (!) gli stranieri sul campo. Inutile accumulare una legione straniera in panchina. Col rischio evidente di creare un gruppo di sfaticati definiti generosamente “seconde linee”. Ma che in realtà non giocano mai. Poi quando l’equipe sanitaria (medico, osteopata, fisio) ha restituito alla battaglia l’italo-ceco Jiri Kovar, ecco che è avvenuto il miracolo. Chicco Blengini, il cittì, ha trovato la quadra. Recuperando da una remota, pallida, panchina il francese Grebennikov, condannato altrimenti a giocare solo in Champions dove il numero di stranieri è illimitato. Trovato il sestetto, la Lube ha preso a navigare col vento in poppa centrando gli obiettivi della stagione. Unico inciampo in semifinale di Champions, al Palaeur (Lottomatica chissà perché proprio non ci viene) di Roma quando Perugia, rivitalizzata dalle urla del presidente Sirci e del coach Bernardi, che se le erano dette giusto pochi giorni prima a Trento, si è presa la sua giusta rivincita centrando la finale.
Sulle quattro impegnate ai playoff, dubbi non potevano esserci. Dato che Piacenza molto cubana non poteva reggere lo spessore di queste quattro formazioni. Come Verona condannata a un cambio di panchina a metà stagione, con passaggio di testimone fra Giangio Giani e Nikola Grbicv. Quindi: Civitanova, Trento, Perugia, Modena. Un pizzico più su Trento, squadra coriacea ben guidata dal ragazzo prodigio Giannelli. Un pizzico in meno Perugia, che non ha soddisfatto in pieno le attese sull’incertezza di ruolo fra l’opposto titolare Atanasijevic e il posto 4 mascherato Zaytsev. Modena non ha mantenuto le promesse. Anche se onestamente privata della regia della bacchetta di Bruninho, sostituita e affidata all’onesto mestierante Orduna, non era tanto facile pronosticare un campionato di vertice. Il cambio della panchina ha pure influito. Non si lascia un Lorenzetti docente universitario con un Roberto Piazza sergente di ferro. Allenatore bravo e preparato, ma non adatto a quel tipo di formazione. Dove il francese Ngapeth regna sovrano. Tubertini, il secondo proiettato alla disperata numero uno dalla Catia presidente, non poteva fare il miracolo di cementare una squadra che appariva abbastanza scollata. Considerando il sacrificio di Piano “panchinato” a vita per Leroux che ha abbastanza deluso la platea esigente e l’incostanza di Vettori con le Dolomiti trentine nel mirino.
Ed è finita con la Lube che si appresta a tagliare fra due giorni il traguardo del suo quarto scudetto. Nel tripudio del suo nuovo fedele appassionato pubblico in rosso e della dirigenza. Che in questi ultimi tre anni ha speso almeno quanto la metà del famoso ponte sullo stretto. Invano.
Diversa la proiezione sulle donne. Un campionato entusiasmante appassionante, incertissimo, equilibratissimo, sorprendente. Con risultati inattesi ad ogni giornata. Male per la Gazzetta dello Sport che lo ignora relegandolo al lunedì con i soli tabellini più Trofeo senza dedicare nemmeno una riga di commento e il prossimo turno. Ma è noto che la pallavolo rosa, sulla carta rosa soffre. Scelte loro.
Già sulle quattro semifinaliste ci sono state sorprese. Con l’eliminazione di Busto e Bergamo, società solide con formazioni molto quotate. Bergamo può lamentare l’infortunio grave della polacca Skowrosnka a due terzi di stagione, non sostituita per mancanza di palanche. Busto si è almeno ritagliata una bella fetta di gloria arrivando alla finale di coppa Cev. Un premio per la società e per Marco Mencarelli, inopportunamente scaricato dalla federazione dopo un solo anno alla guida delle azzurre. Un maestro, un gentiluomo, un tecnico sopraffino. Avere raggiunto i quarti con una formazione rimaneggiata per le assenze dell’infortunata Pisani e della Diouf a riposo forzato, a spese del Saugella Monza, rappresenta la ciliegina per una società che ha saputo economizzare le risorse ritrovando grande feeling con il suo pubblico.
Così in semifinale sono arrivare Casalmaggiore e Conegliano, cioè le due grandi favorite per lo scudetto, con Novara e l’autentica sorpresa Modena. E qui il campionato femminile ha superato per interesse e alternanza di situazioni quello maschile. Conegliano, handicappata pesantemente dalle assenze forzate di Bricio e De Krujf, ma anche della regista Skorupa a gara3 al Palaverde, è stata eliminata. Da Modena! Qui ha certamente giocato la stanchezza accumulata dalle ragazze nella finale di Champions, disputata a Treviso, che si è malvagiamente alternata alla regolare disputa dei playoff. Ma per la Cev, va tutto bene così. A Conegliano certo non ne sono convinti. E Davide Mazzanti ha così salutato malinconicamente il pubblico trevigiano per avviarsi alla sua nuova avventura in azzurro. Auguroni Davide e signora.
Novara era pure considerata tra le favorite alla vigilia. Ma una condotta sbarazzina e scarsa di continuità avevano indotto a ritenere il sestetto di Fenoglio condannato di fronte alla Pomì. Invece in semifinale, approfittando anche del recupero fresco della bomber Fabris, reduce da intervento al menisco e non ancora al massimo, Novara ha espresso il gioco migliore, guadagnandosi la finale. Indovinate chi c’è fra le azzurre? Ma la Piccinini. L’inesauribile grandissima intramontabile Picci…
E arriviamo a Modena. La Liu Jo dagli improbabili colori bianconero sociali, in una città che si ammanta da sempre del gialloblù, ha sorpreso tutti. Con l’arrivo a novembre sulla panchina di Marco Gaspari, cacciato subito dopo la fine del campionato scorso, quando pure aveva portato Piacenza in finale su 4 gare, la squadra ha risalito la corrente. Tanto da offrire a quel pubblico modenese, rimasto orfano della squadra maschile, eliminata dalla corsa scudetto, la possibilità di vivere due gare al PalaPanini. Al momento, le due formazioni sono sull’uno pari. Con Novara che gioca in casa stasera e avrà ancora dalla sua l’eventuale gara5, la finalissima. E Modena, dopo una media spettatori di poco superiore alle mille unità, in gara1 di finale ha riscoperto di avere un pubblico. Non ci sono i maschi. Andiamo a vedere le ragazze. Pienone.
Ultima nota. L’aumento di pubblico è stato costante in questa stagione. Sia fra i maschi, con punte eccellenti a Modena (ovvio), Civitanova, Perugia, Trento (un ritorno), Verona. E fra le donne con eccellenza a Treviso, Busto, Bergamo, Scandicci, Cremona. Cosa aspetta la stampa italiana a scoprire che la pallavolo in rosa piace, diverte, interessa? Non si vive di solo calcio. Ovvia….
Carlo Gobbi