Nick, lei compie 86 anni a luglio, quanti se ne sente in realtà? “Non ci ho mai pensato davvero, quando vedo la gente della mia età e a me stesso, mi dico: “Ragazzi, sono fortunato”. Non penso alla mia età, vado avanti come ho sempre
fatto, seguo la vita, vado a dormire alle 11 di sera, mi sveglio 4-4.30, la mia prima lezione è alle 6, domenica, volo a Sarasota con l’aereo privato alle 3.30, alle 4.30 sono a casa, alle 6.30 gioco 28 buche di golf, e poi ancora coi miei figli nel pomeriggio”.
Quanti ne hai trascorsi in campo?
“Facciamo i conti: 60 anni, 10 ore al giorno, 300 giorni l’anno, non so, 80mila ore… Tante ore”.
Come vorrebbe essere ricordato nel tennis?
“Come qualcuno che ha aiutato la gente a sfruttare le occasioni della vita, prendere dei bambini innocenti per mano e portarli a giocare a tennis e magari a coronare i propri sogni, quando hai un impatto con le generazioni, e con le vite di tanta gente. Lasciamo perdere quelli che sono diventati poi tennisti professionisti, che sono tanti, ma ci sono tutti gli altri che ho seguito ed allevato… Ne vado fiero”.
Gli ex campiani stanno rubando il mestiere a voi coach…
“Non sono sorpreso. Ivan (Lendl), Becker, Davenport, sono tanti. Sono allenatori diversi di me e di altri, non hanno un impatto sulla tecnica, non cambia il servizio o il rovescio, quel che portano è come reagire nei momenti importanti, col pubblico, nelle interviste, perché ci sono già passati: portano la loro fondamentale esperienza. Anche Paul Annacone, Jim Courier, Martina Navratilova: sono tutti coach straordinari”.
Qual è stato per lei il miglior risultato della sua scuola?
“Il 90% dei ragazzi che vengono da me, poi vanno al college, questo è il miglior risultati. Al di là dei “top ten” e degli altri tennisti professionisti che sono transitati da me, io credo che l’educazione e l’esperienza che hanno acquisito alla mia scuola rappresentano la soddisfazione più grande della mia carriera. Perché gli ho trasmesso qualcosa che gli resterà comunque, nella vita”.
E qual è stata la scommessa, vinta, di cui va più fiero?
“Tutti dicevano: “Come va Monica (Seles) a diventare una giocatrice, colpendo sempre, da fondo, dritto e rovescio, a due mani?”. E ce l’ha fatta, eccome. Dicevano: “Courier, senza rovescio, come fa a imporre il suo gioco da fondo?”. E avete visto dov’è arrivato. La teste può superare spesso i limiti”.
Che ne pensa di Richard Williams?
“Un genio. Un genio folle, come Nick Bollettieri. Ha pensto in modo diverso, ha aspettato prima di portare le sue ragazze al professionismo, mi ha creduto e quando mi ha chiesto di essere il loro coach io gli ho risposto che volevo essere parte del team Williams, perché papà aveva fatto tutto il lavoro”.
Un’eccezione nella storia dei padri-padroni del tennis.
“Ha fatto da solo davvero molto molto bene”.
Le prime tre cose per diventare un top player.
“Tecnica, mentale, fisico, ma la cosa fondamentale è nascere col talento: nessuno può arrivare in alto senza talento, non ascoltate chi vi racconta che chiunque può diventare un campione. La risposta è: “No, no, no”. E poi devi avere un team, perché tutti i giocatori sono diversi l’uno dall’altro e tu devi avere , occhi, gambe, mani, piedi, tutto che funzioni al meglio”.
Meglio cominciare con un team e continuare sempre con quella, come nel caso di Nadal, o è meglio cambiare, come ha appena fatto Djokovic?
“Dipende. Novak ha cambiato perché non vinceva più. Non sono sorpreso dal sua decisione. Per me, nella storia del tennis, Djokovic è stato il tennista più perfetto: non aveva punti deboli. Ora ha bisogno di cambiare e poi penso che possa tornare al suo livello”.
Non somiglia un po’ troppo a Borg? Anche Bjorn da uomo forte divenne in un attimo confuso, anche lui si aggrappò a un guru…
“Dipende d che guru è… Sì, c’è un’analogia. Ora come ora, io lo ascolterei, non direi una parola, mi metterei lì e gli direi: “Io non parlo, dimmi tu, Novak, dimmi tutto, dimmi perché questo, quello, ogni cosa hai fatto. Dimmi la verità, e poi vedo se posso aiutarti”.
Il “corri e tira” di Bollettieri influenza ancora il tennis, quale sarà la new wave?
“Il corri e tira è già il prossimo, il gioco di potenza
si sta allargando però a un gioco a tutto campo, con più variazioni, più colpi in back, più volée, anche più servizio-volée, non più solo da fondo”.
Due parole per descrivere Federer.
“Un regalo di Dio”.
Nadal?
“Super lavoratore”.
Murray?
“Basta proteste”.
Sharapova?
“Prima di quest’ultimo rientro, ho lavorato con lei a Bradenton, si rifiuta di perdere, si rifiuta di perdere”.
Senza Serena, nello scenario di oggi del tennis donne, Maria può tornare numero 1?
“Il circuito delle donne, oggi non è come prima, non c’è Serena, non c’é Venus, non c’è Sharapova, non c’è Jankovic, sono tante che mancano… Quasi tutte le altre possono vincere oggi, o quasi, ma non c’è gente che spicca. E, al momento, non vedo altre che salgono”.
Qual è la differenza maggiore fra allenare un uomo e una donna?
“Le emozioni, le ragazze sono enormemente più complesse dei ragazzi. Devi capire molto di più di loro che dei ragazzi”.
Nadal vincerà a mani basse il Roland Garros?
“Sarà un test importantissimo per lui, al meglio dei 5 set, ce la farà fisicamente a sostenere quelle partite così lunghe?”.
E’ più sorpreso del ritorno di Federer o di Rafa?
“Vedremo, il vero test sarà sulle superfici diverse: Roger ha vinto sul cemento, Rafa sta vincendo sulla terra, ma è tutto normale sulle superficie preferite. Vediamo quando cambiano campo. A cominciare dal Roland Garros”.
Il, tennis di oggi le piace tutto o cambierebbe qualcosa?
“Devono velocizzare il gioco: non possono cambiare racchette e palline, ma devo intervenire sui cambi campo che sono troppo lunghi, così come c’è troppo tempo fra un punto e l’altro, anche quando i giocatori si preparano al servizio. E meno gioco monocorde, meno giocatori zip zip. Servono personalità differenti”.
Come Nick Kyrgios.
“Mi piace, è un ribelle, se qualcuno lo ascoltasse,m gli facesse vedere i suoi video, e gli chiedesse: “Dimmi che cosa vuoi fare”. Non gli imponesse che cosa deve fare, gli domandasse che cosa vorrebbe lui veramente. Ha grandi abilità: gran servizio, gran dritto, si muove benissimo, ha carisma. Può modulare un po’ questo carisma? Non totalmente, non può cambiare del tutto, ma deve fare qualche piccola modifica”.
Quale giocatore potrebbe essere molto più forte?
“Tomic non credo che abbia raggiunto il suo potenziale, conosco la sua famiglia molto bene, e ne sono convinto. Come anche Pospisil”.
Lei ha allenato anche l’italiano Gianluigi Quinzi.
“Quando ha lasciato l’Academy è finito. Era fantastico quando sta con noi, poi non ha fatto più risultati”.
Fabio Fognini ha un potenziale tennistico incredibile.
“Potrebbe stare tranquillamente fra i primi dieci, ha tutti i talenti, ma il talento da solo senza la testa ti impedisce di realizzare il tuo potenziale”.
Lei ha anche allenato Raffaella Reggi.
“Lei per me rappresenta quello che ogni atleta dovrebbe essere: “Lotta, ragazzo, lotta, io non mollerà mai, mai. E’ una ragazza speciale”.
Se Nick Bollettieri è il più forte allenatore di tennis di sempre, chi è il più forte tennista di sempre?
“Non puoi paragonare una generazione con un’altra Laver, Rosewall, Agassi, Sampras, Federer, Djokovic, diverse ere, fanno giocatori diversi. Oggi McEnroe col suo dritto appena spinto non avrebbe mai potuto essere competitivo a livello più alto, come anche col servizio, avrebbe dovuto fare aggiustamenti importanti. Come anche Connors”.
Fra le donne?
“Fisicamente Serena è troppo più forte, se Steffi avesse avuto anche un rovescio diverso, non solo slice…. Troppo slice”
Federer lo ha cambiato…
“Non ha cambiato solo quello: gioca molto più vicino alla riga di fondo, risponde più avanti, ha adottato una racchetta più grande, va molto di più a rete, e ha migliorato tanto il servizio: non cerca la potenza, ma lo piazza in modo superbo per costruire il punto”.
Ciao, grande Nick. C’è una domanda che vorresti fare tu a noi?
“Sì: perché non mi date la cittadinanza italiana? Ne andrei fiero. Sono un po’ italiano, mi sento italiano”.
Vincenzo Martucci