Federer e Nadal hanno portato il tennis Open al livello più alto di spettacolarità ed agonismo, sublimando una rivalità ormai leggendaria nello sport tutto e dimostrandosi campioni esemplari dentro come fuori del campo. Campioni longevi, peraltro, che stanno salvando il tennis dalla stasi cui sarebbe condannata da superfici e materiali troppo uniformi, e dal perfezionamento esasperato dell’allenamento fisico. A Roma, Roger non ci sarà, per conservarsi sotto la campana di vetro che s’è costruito in sei mesi di restaurazione, seguiti da tre mesi di successi che hanno stupito prima di tutti lui stesso. Rafa sta invece marciando da conquistatore sulla prediletta terra rossa europea, come se il tempo e i danni fisici non l’avessero scalfito: novella Nadia Comaneci, ha scritto un inedito 10 sia nell’albo d’oro di Montecarlo che di Barcellona e, a Madrid, ha interrotto la striscia negativa di sette partite e quindici set contro Novak Djokovic volando all’ottava finale nella capitale spagnola, dove cerca il quinto titolo. Certo, non ha ancora superato l’ultimo ostacolo, Dominic Thiem, ma comunque sia, ha recuperato tutta la fiducia che aveva smarrita. E, anche se il micidiale top di dritto non frulla più con la stessa frequenza, non è più così infallibile e non atterra più così profondo, è sicuramente il favorito anche al Masters 1000 che scatta oggi al Foro italico di Roma. Dove, dal 2005 hanno vinto solo tre dei famosi Fab Four, Nadal (7 in 9 finali), Djokovic (4/7) e Murray (una, l’ultima edizione del 2016).
Questo storico appuntamento la terra rossa, nato nel 1930, con le uniche statue mussoliniane a caratterizzare lo stadio Pietrangeli (campi0ne ’57 e ’61) sarà il torneo che sancirà la maturità della Federtennis e del suo partner Coni Servizi, dopo anni di miglioramenti della struttura e della promozione dello sport delle racchette sul terreno nazionale attraverso quel sensazionale canale che è SuperTennis, l’unica tv privata di una federazione sportiva. Sarà anche il torneo che, oltre a distribuire 3.830.295 euro ai protagonisti del torneo maschile e 2.707.664 a quelli del torneo femminile, festeggerà il salto di qualità del pubblico, più giovane e più conscio del valore dell’evento in sé, più ancora che dei protagonisti. I segnali si toccano con mano, al di là delle proiezioni di nuovi record di incasso in prevendita (9.423.789 euro contro 9.117.566 dell’anno scorso, con un incremento del 7% del numero dei tagliandi), perché mai l’interesse era stato così alto già prima del via. Tanto che, nelle pre-qualificazioni di mercoledì e giovedì, ci sono stati 15.768 spettatori, il doppio delle analoghe giornate del 2016, e nelle qualificazioni. Mai, soprattutto, c’era stata tanta e disciplinata attenzione verso qualsiasi partita in cartellone, su qualsiasi campo, con qualsiasi protagonista. Mai c’era stato un pubblico così giovane, con una così massiccia partecipazione delle scuole tennis. E questa è già la più significativa e grandiosa conquista per gli Internazionali d’Italia, il più importante torneo sportivo organizzato nel nostro paese, e per il tennis che, finalmente, anche nella nazione dei super-tifosi, prevarica la nazionalità dei suoi attori.
Certo saranno poi comunque grandi la passione e il sostegno per i rappresentanti di casa, come solo Roma sa fare, ancor di più se butteranno il cuore nella battaglia. Ma siamo anche sicuri che verranno premiati in assoluto, i valori più puliti e importanti, senza favoritismi smaccati come è purtroppo accaduto in passato. Perché gli esempi di comportamento dei vari Andreas Seppi, Roberta Vinci e Sara Errani, per citare tre giocatori di alto livello capaci di toccare i propri limiti e superarli, sono stati di lezione a tutti gli italiani. E questo è un’eredità culturalmente molto importante che questi tre ragazzi hanno regalato ai più giovani, a partire da quel Matteo Berrettini con la faccia pulita da bravo ragazzo, i centimetri giusti per scagliare i servizi da scagliare necessariamente nel tennis moderno, che sembra naturalmente destinato alla wild card per le prime NextGen Finals del 7-11 novembre a Milano coi migliori under 21 del mondo. Con lui, in tabellone, il 32enne Seppi e i 22enni Gianluca Mager e Stefano Napolitano, e Fabio Fognini, in odore di prima paternità con la sua bella Flavia Pennetta.
Così, alla vigilia degli Internazionali d’Italia numero 74, non è tanto importante fare pronostici, peraltro difficile alla presenza di 17 dei primi 20 della classifica mondiale, quanto augurarsi che lo spettacolo sia all’altezza delle aspettative del pubblico giovane già visto da due-tre giorni al Foro. Sulla carta, Murray dovrebbe ritrovarsi con Wawrinka nei quarti, Nadal dovrebbe rinnovare la sfida diretta con Thiem, il più solido fra i giovani. E, visto il Djokovic di Madrid, non è affatto detto che Nole, più determinato e cattivo, ma sempre vuoto di benzina e di di fiducia, emerga nella parte bassa disseminata di bombe a orologeria come Del Potro, Dimitrov, Bautista Agut e Kyrgios. Il match numero 50 fra Rafa e Nole non solo ribadisce la più lunga rivalità in termini di puntate del tennis Open maschile ma, col 26-24 per il mancino spagnolo, e col 14-0 sulla terra rossa di quest’anno a favore del maciste di Maiorca, ristabilisce gli equilibri fra i due sulla superficie dove, l’anno scorso, dopo uno sforzo psico-fisico straordinario, Djokovic aveva finalmente azzerato la distanza, colmando la casella vuota nella collezione di titoli dello Slam.
Mentre fra le donne di un’epoca povera di autentiche protagoniste di qualità, e continuità, rischia tantissimo Maria Sharapova. Che è stretta, nella parte alta del tabellone, nella morsa della arrabbiatissima Kerber, della ritemprata Halep e della Lucic dalle sette vite. Un quarto durissimo che potrebbe favorire poi le veterane Cibulkova o Kuznetsova. Così come apertissima è la parte inferiore della griglia con la motivatissima Konta, la sempre verde Venus Williams, la picchiatrice Pliskova e la terribile Svitolina. Con una speranziella per Sara Errani, assolutamente capace di dribblare tutte nell’ultimo spicchio di tabellone. Sempre che abbia ritrovato la convinzione e l’abnegazione smarrita dopo troppe sconfitte.
Vincenzo Martucci