“Quando è rientrato negli spogliatoi avrebbe potuto distruggere qualcosa, magari scalciare un armadietto, invece l’ho trovato che si preparava le proteine per il recupero”, racconta coach Santopadre, talento mancino un po’ troppo lento per i livelli alti. “Matteo ha lavorato tanto perché non aveva un talento così spiccato, ma si è allenato su tutto, a cominciare sull’attitudine che, secondo me, è il fattore determinante per diventare un giocatore. Perché se stai bene in campo sei già a buon punto, poi gli altri aspetti si legano”. A noi, che di tennisti italiani ne abbiamo visti passare tanti, e tantissimi abbiamo visto irrealizzati in proporzione al talento, Berrettini è piaciuto anche perché, dovendo individuare un idolo, dopo quello tennistico, Federer, ha parlato di Flavio Cipolla che gli ha insegnato “volontà, umiltà, volontà, dedizione, tutte doti da campione”, come sottolinea ancora Santopadre. “Perché ognuno poi ha le sue caratteristiche di base, e si esprime secondo le sue possibilità, ma il campione, per me, è Cipolla che ha l‘atteggiamento giusto, in campo, cerca di risolvere i problemi che gli crea l’avversario e gliene crea a sua volta di continuo”. Questo non vuol dire ignorare l tecnica, anzi: “Io sono fissato per la tecnica, ma se un giocatore deraglia, bisogna tornare sull’atteggiamento di base perché i campioni come Nadal hanno la mentalità vincente tale che poi se fanno un bel colpo quello riluce ancor di più, sboccia come un fiore. E Matteo ha acquisito la mentalità giusta, è intelligente determinato, ascolta. Forse pensa anche troppo, io lo vorrei più istintivo”.
Matteo è cresciuto pian pianino, transitando dai tornei Challenger: “Fra due-tre ani avrà completato la sua formazione, sarà più bravo anche in difesa, oltre che in tutte le altre cose cui stiamo lavorando tutte assieme. Anche se, quando andiamo a vedere le ore specifiche, vediamo che ne fa di più di lavoro fisico, ma abbiano lavorato anche sul ragionamento, perché lui era convinto di essere da terra rossa, mentre ora la partita della vita se la giocherebbe sul veloce. Perché ha servizio-dritto importanti”. Il progetto-Berrettini nasce sei anni fa, quando Matteo non era ancora alto 1.95, per dimostrare pian piano che aveva la volontà di fare il percorso dello sviluppo sportivo. “Io rispetto sempre i tempi di ciascuno, e lui ha avuto problemi fisici, che ha appena risolto, ha dovuto capire chi era e dove andava nel suo percorso. A Roma ha rischiato tanto: se non si fosse qualificato sarebbe passato per una “pippa” e se avesse battuto Fognini sarebbe diventato un fenomeno, io gli ho detto: “Tu non sei né l’uno né l’altro, prendi Roma per fare un’esperienza unica, per migliorare comunque, poi la strada continuerà col primo torneo “250” a Ginevra””. Parola di Santopadre, titolare di un rinomato ristorante in città, che allena anche Berrettini junior, Jacopo, ha 18 anni (eliminato nelle pre-qualificazioni, che anche Matteo ha perso con Mager, ma poi ha vintolo spareggio per la wild card in tabellone contro Arnaboldi). “Chissà se l’anno prossimo sarò almeno direttamente nelle qualificazioni, almeno sono apparsi un torno dove giocano quelli forti”, chiosa Matteo, con la faccia pulita, la parlata educata e l’italiano giusto di chi ha anche voluto concludere gli studi. Bravo, c’è modo e modo di perdere, costruendo la strada per vincere. Nuovi italiani crescono. E faranno una bella figura anche come stile, a cominciare delle NextGen Finals del 7-11 novembre a Milano co migliori otto under 21 del mondo.
Vincenzo Martucci
(Foto sporface)