Il Giro d’Italia numero 100 è Tom Dumoulin, la sua faccia da modello e non da corridore, da attore di telefilm americani e non da passista di montagne alpine, Gino Bartali avrebbe sentenziato “troppo bello per fare il corridore” e lo avrebbe bocciato, e comunque il rosa non gli stona, anzi, è un tono sul tono, un tono sul trono.
Il Giro d’Italia numero 100 è Nairo Quintana, che il rosa lo ha svestito a qualche centinaio di metri dal traguardo, ed è come se fosse arrivato spogliato, il re è nudo, destino di uno scalatore colombiano piombato fra le vie della moda, più farfalla che condor, con quella faccia imperturbabile e imperscrutabile, di un’età indefinita e forse misteriosa.
Il Giro d’Italia numero 100 è Vincenzo Nibali, lo Squalo dello Stretto, uno squalo ristretto, ma orgoglioso, valoroso, vittorioso, l’unico italiano che sia riuscito a vincere una tappa, e che tappa, quella del Mortirolo e dei due Stelvio, anzi, tre, in ascesa verticale da Bormio e dalla Svizzera, in discesa verticale verso Trafoi.
Il Giro d’Italia numero 100 è Giuseppe Fonzi, l’ultimo in classifica, il primo a cominciare dal fondo, dal basso, da zero (e il primo a cominciare da zero non è il numero uno), l’uomo in fuga ma dalla parte sbagliata, abruzzese, “sbronzi di Fonzi” recita il suo fan club, il suo hashtag, il suo clan, quello che l’importante è partecipare, l’importante è divertirsi, l’importante è pedalare, l’importante è arrivare, purché entro il tempo massimo, anche se poi lui ammette, confida, confessa che l’importante sarebbe vincere.
Il Giro d’Italia numero 100 è un male di pancia, un bisogno urgente, una corsa nei prati, uno spogliarello in mondovisione, una festa di liberazione, poi un’affrettata operazione igienica, e un prodigioso recupero, forse per la conseguente leggerezza, un episodio romanzesco che echeggerà nel tempo, la cacca di Dumoulin come la pipì di Gaul, tracce di umanità, eredità di ciclismo, concime di sport.
Il Giro d’Italia numero 100 è l’ultimo chilometro di Paolo Tiralongo, quarant’anni olivastri, e quel cognome che racconta di chilometri tirati e consumati da gregario.
Il Giro d’Italia numero 100 è sempre una tappa turistica, un rifornimento storico, un inseguimento geografico, una volata festiva, una fuga letteraria, una foratura familiare, un elastico quotidiano, un ventaglio sentimentale, un gran premio della montagna romantico, un traguardo volante volato.
Il Giro d’Italia numero 100 è la domenica del ciclismo italiano, una domenica di maggio, solare, strombazzata, passeggera, colorata, caleidoscopica, poi però rimangono in giro le bici da città e da montagna, le bici dei garzoni e dei pensionati, le bici pieghevoli e rubate, le bici sui treni e sui portapacchi, le bici storiche e immaginate, le bici lubrificate e cantate, le bici che svirgolano nel traffico, le bici bianche ai bordi della strada, le bici che forse salveranno il mondo.
Marco Pastonesi