“Stanimal” si sveglia dal suo torpore, come un Grizzly si stiracchia quando esce dal letargo. Appena c’è aria di Slam, Stan Wawrinka si ricorda chi è davvero e qual è l’unico sistema per farsi notare almeno un po’ nella sua Svizzera monoteista nel tennis, adorante del dio Roger Federer come di nessuno mai. Più di qualsiasi eroe degli sport nazionali: lo sci alpino, l’hockey, il calcio. Semplicemente, non c’è gara, né più ci sarà. Il Magnifico è troppo più grande, troppo più oltre, troppo tutto. Figurarsi nel tennis, dove non esiste paragone con alcuno, come può esserci fra il bellissimo, leggiadro, naturale, unico Rogerino e l’atleta costruito, scorbutico, duro etichettato come Svizzera II?
Epperò, Stan è il giocatore che più degli altri ha interrotto l’egemonia nei Majors dei Fab Four, firmandone tre, Australian Open 2014, Roland Garros 2015 e Us Open 2016, salendo già tre anni fa al numero 3 del mondo e tornandoci anche adesso. E, all’improvviso, come sempre, sulle ali del bis nella sua Ginevra, ha ritrovato d’incanto il gioco di potenza da fondo che si poggia sul fulcro servizio-rovescio a una mano. Così ha battuto tutti in tre set. Non avversari qualsiasi, ma di qualità tennistica come Dolgopolov, Fognini e Monfils. Ed è tornato ad indicarsi orgoglioso la testa con l’indice della mano, a ribadire la sua forza mentale che gli fa tirare impressionanti proiettili traccianti di là del net.
Ai quarti, Wawrinka incrocia il gigante di Medjugorje, Marin Cilic, che è arrivato ai quarti perdendo ancor meno games ma che, nell’unico confronto serio, contro Kevin Anderson, è stato favorito dal ritiro dell’avversario già dopo un set e mezzo. Ora, il croato nato in Bosnia Herzegovina sta giocando forse il tennis più vario e bello di sempre, grazie a coach Jonas Bjorkman, ex ottimo doppista svedese, maestro di risposta e volée, ma negli ultimi sette confronti ha pagato la potenza dello svizzero, collezionando in totale appena due successi contro undici sconfitte. Fra cui spiccano i due negli Slam: proprio al Roland Garros 2008 (in tre set) e agli Australian Open 2010 (in quattro).
Tutti e due sono nati e cresciuti sulla terra rossa, e hanno vinto il titolo al Roland Garros juniores, ma Wawrinka – anche lui allenato da un ex tennista svedese, Magnus Norman – ha vinto molto sul rosso anche da pro: 7 titoli su 16, compresi Montecarlo 2014 e Parigi 2015. Mentre Marin se ne è aggiudicati appena due (Umago 2012 e Istanbul quest’anno) fra i 17 in carriera, non è mai arrivato ai quarti a Parigi in 10 tentativi, e non ha mai battuto un top 5 sulla terra rossa.
Morale: a 32 anni e 75 giorni, Stan è favorito a diventare il più anziano semifinalista al Roland Garros da Jimmy Connors (a 32 anni 280 giorni nel 1985). Anche se la sensazione, vedendo quanto più leggero e sicuro è apparso in questi giorni Cilic rispetto a Wawrinka, peraltro handicappato da problemi alla schiena che lo affliggono da tempo, aumentano le possibilità di successo del croato. E promettono un match pieno di violente sbracciate e tanti punti. Col servizio decisivo.
VINCENZO MARTUCCI