Era dal 1986 che i primi tre giocatori della classifica mondiale venivano eliminati dopo le prime due giornate di gara in un torneo del grande Slam: Dustin Johnson, Rory Mcilroy e Jason Day fuori al taglio e con loro altri otto giocatori dei primi dodici della World Ranking. Un segnale molto preciso che questo Us Open ha chiaramente dato al mondo del golf, cioè quello che dopo la fine di Tiger Woods non esiste più il dominatore assoluto. Da Jordan Spieth, Us Open e poi Masters del 2015, sono diventati sette quelli che, per la prima volta, si sono aggiudicati consecutivamente, uno dietro l’altro, il primo Slam.
All’Us Open, ha vinto Koepka, 28 enne di West Palm Beach giocatore dal fisico potente che ha saputo gestire perfettamente i green veloci ed insidiosi di Erin Hills con quattro one putt nelle ultime buche del torneo. Assenti i primi della classifica mondiale, Koepka ha battuto un ottimo Brian Harman, leader dopo tre giri e il giapponese Hideki Matsuyama unico dei top player a non essere eliminato al taglio. Koepka, grazie alla potenza ma soprattutto alla grande personalità, è riuscito a vincere il suo primo Major in carriera, eguagliando lo score più basso nella storia dello US Open stabilito con lo stesso punteggio da Rory McIlroy nel 2011.
Il campione americano non è solo potenza e gioco corto, fa parte di quei giocatori predestinati che riescono ad amalgamare tecnica e potenza ma sopratutto l’ingrediente più importante, una grande personalità che lo potrebbe portare ad essere nei prossimi anni uno dei migliori giocatori al mondo.
Questo torneo ha invece confermato la fragilità di Rickie Fowler che, nei Major, è sempre mancato nei momenti decisivi. Fowler, secondo me, è tecnicamente più forte di Koepka ma ha meno personalità e cattiveria. Da rivedere invece Justin Thomas che è crollato nella quarta giornata con un giro in 75 tre sopra il par, per lui tanti errori dovuti al suo modo di giocare sempre a duecento all‘ora che richiede una perfetta coordinazione e che sotto pressione non sempre è vincente. Thomas, se imparerà a giocare anche al 70% della forza, riuscirà a vincere molto presto un grande torneo.
Ho lasciato per ultimo Francesco Molinari che questa settimana ha avuto un cattivo rendimento sui green. Un campo, quello di Erin Hills, non molto adatto alle sue caratteristiche. Purtroppo, Francesco ha perso una grandissima occasione con tutti i big fuori al taglio ma è stato meno preciso del solito con i secondi colpi e poco incisivo con il putt. Un brutto torneo che Molinari deve mettersi alle spalle perché stiamo entrando nella fase decisiva della stagione con i grandi tornei Europei e le Rolex Series ma sopratutto il terzo major della stagione l’Open Championship al Royal Birkdale, quello sì, un percorso adatto alle caratteristiche del giocatore torinese.
Silvio Grappasonni