E adesso siamo proprio alla frutta. Frase fatta. Ma che lascia intendere davvero bene la situazione della nazionale al tramonto della World League. Mai così male. Superato il record negativo del 2012, quando l’Italia chiuse undicesima. Ma siccome ogni primato è fatto per essere battuto, ecco che gli azzurri si sono superati. Ultimi su dodici!
C’e’ da esserne fieri? No. Preoccupati? Un tantino. Non tanto per il prestigio caduto nella polvere. O per il ricco montepremi lasciato agli altri. Ma per il futuro. Che rischia di vedere la nostra squadra scomparire nel vortice delle incompiute. Leggi nel marasma o nel grigiore della media-bassa classifica. Due vittorie: la prima con l’Iran a Pesaro. La seconda con la Francia a Pau. Ma quando Laurent Tillie, l’allenatore, già certo della qualificazione, aveva deciso di schierare alcune seconde linee. Un 3-2 che aveva almeno rialzato il morale. Ma non fino ad Anversa, che si è dimostrata fatale. Mettendo a nudo le nostre pecche. Dura rimettersi da una facile illusione. Per cadere poi nella profonda delusione.
Scarsa tenuta fisica, stanchezza psicologica, mancanza di concentrazione, incapacità di aggredire l’avversario, poca determinazione nei momenti chiave dei set, alcuni elementi molto al di sotto delle normali prestazioni, cattivo amalgama di squadra, debolezza in attacco e ricezione, troppi errori e non solo in battuta. Per Chicco Blengini una brutta doccia fredda dopo gli allori di Rio e quelli ancor più freschi ottenuti in stagione alla guida della Lube vittoriosa.
D’altronde, che fossimo alla frutta o almeno vicini a una deprecabile macedonia, lo si era visto già nel secondo girone. Quando l’assenza dal campo di Pippo Lanza, fin qui indiscusso leader azzurro, vittima di una contrattura, aveva privato l’attacco azzurro della sua mano più pesante. E ancor di più quando alla partenza per Anversa, il tecnico anzichè attingere dalla riserva dei martelli, ha chiamato di rinforzo Balaso, un libero. Così l’Italia è partita con tre liberi verso l’ultima avventura! E l’attacco ha fatto acqua…
Due quindi le considerazioni che emergono. Scarso numero di giocatori di valore pronti per la nazionale. Pesantezza del calendario che restituisce alla squadra giocatori provati, stanchi, scarichi. Accusa pesante, perché se ai nostri manca lo spirito, agli altri, pure reduci dai loro o dal nostro campionato, questo non fa difetto.
E allora? Scarso attaccamento alla maglia azzurra? Lo si è detto da più parti. Ma è un’accusa pesante che non ci sentiamo di condividere. Preferiamo puntare su problemi tecnici, fisici e di scelta. Con Juantorena fuori per una stagione dietro sua richiesta. Con Kovar lasciato a riposo per non compromettere il suo futuro dopo un’ottima stagione a Civitanova. Con Zaitsev in vacanza per la World League: possibile che il numero dei giocatori sia così esiguo? Al punto da costringere Blengini a convocare anche Tiziano Mazzone, schiacciatore di riserva di Trento, quasi mai entrato in campo con Lorenzetti. Riserve di club convocato in nazionale….
Il problema si estende fatalmente al campionato. Lungo, pesante sfibrante. E alle coppe. Micidiali per i continui viaggi durante la stagione. Si gioca troppo. I giocatori non reggono piu’. La scelta è condizionata dalla massiccia presenza di stranieri, quattro per squadra, ma diversi club ne hanno anche sei o sette nel roster. Che fare? Ridurne il numero? Velasco ha sempre sostenuto che gli stranieri fanno bene perché alzano il livello. E che i giocatori italiani di valore trovano il posto in squadra quando sono forti. Ma questa nazionale ha offerto alcune discrepanze a questo concetto basilare. I martelli ricevitori (no, ricettori per dirla impropriamente alla Lucky, inventore della lingua italiana) sono pochi. Antonov a Trento è il settimo. Al centro, Piano arriva da una stagione dove ha fatto da riserva a LeRoux per scelta tecnica. Così come Buti a Perugia è considerato terzo centrale. Eppure Blengini lo ha meritatamente promosso capitano. Pesaresi rincalzo del francese Grebennikov a Civitanova schierato da quarto schiacciatore per venire utilizzato a set quale cambio dietro (sic!).
Il tecnico ha dovuto fare i salti mortali per inventare la formazione migliore. Ma la quadra raramente è stata trovata. Costringendo così il regista Giannelli a trovarsi accanto una continua girandola di compagni cambiati. E non è facile neppure per un palleggiatore bravo come Simone riuscire a distribuire il gioco con efficacia con formazione continuamente variata.
Rimedi non ne vediamo. Per gli Europei, dopo questa disfatta, si recupera Zaitsev dagli ozi di casa e Lanza ristabilito. Ma francamente non c’è altro da scremare. In attesa che i ragazzini della juniores possano crescere all’interno di qualche club che gli dia fiducia. Come? Mettendoli in campo al posto di qualche rappresentante la nutrita legione straniera che i nostri club continuano a scegliere. Facendoli crescere poi a nostro danno. Nessuna colpa quindi a Blengini, costretto a lavorare con i giocatori che ha a disposizione. Auguriamoci che nella quiete di Cavalese, ideale ritiro azzurro, la squadra ritrovi coesione, voglia di battersi, capacità tecnica, forza fisica, determinazione e quanto altro non ha saputo sfoggiare in questa nerissima World League. Davvero tutta da cancellare. Quasi come l’apporto della Rai che definire offensivo è perfino leggero. Continue differite a ore notturne, sparizioni dal programma, la partita col Belgio a notte fonda poi tagliata a metà per il solito calcio. Perfino una diretta Slovacchia-Polonia del calcio di chissà quale interesse per i teleutenti che pagano il canale con retrocessione dopo le 23 del volley. Questa Rai si comporta con gli italiani quasi come il nostro governo.
Una lunga estate di fuoco attende Chicco Blengini, che forse rimpiangerà quiete e agiatezza della sponda Lube. Lasciata per tentare l’avventura in azzurro e inseguire la gloria del volley internazionale. Ma quando i giocatori accusano defaillance morali come quelle evidenziate contro Belgio e Canada, per un allenatore non c’è molto da fare. Se non ricominciare. Auguri cari amici azzurri. Agli Europei vorremmo vedere quell’impegno che in molti è mancato. Quello di Botto, certamente il migliore in questa spedizione. O la rabbia agonistica di Sabbi, forse troppo sacrificato per un Vettori che lascia spesso più interrogativi che certezze. Ma inutile fare un processo collettivo. Quando si gioca così male certe partite. Quando se ne perdono altre per un soffio causato dai tanti errori nel finale di set. Quando manca quella rabbia agonistica indispensabile per costruirsi la vittoria. Allora la responsabilità è di tutti. Una pagina da cancellare. Sarà bene che il presidente Cattaneo, alla sua prima estate manageriale, arrivi con bastone e carota a dare la scossa. E una bella gomma per cancellare questo periodo nero. La gloria di Rio appartiene ormai al passato. Più che mai dopo questa World League. Italia, in piedi. Almeno quella del volley!
Carlo Gobbi