Nessuna società di basket ha vinto lo scudetto a 74 anni di distanza dal penultimo. Certo, quest’anno i Chicago Cubs del baseball ci sono riusciti dopo 108, la più lunga striscia senza vittorie di un club campione, ma il titolo della Reyer Venezia entrerà comunque nella storia, dopo quelli del 1942 e 1943.
Ma anche se dati come questi ricordano storie e personaggi affascinanti e meravigliosi, sarebbe più giusto dire che la Reyer ha vinto lo scudetto 11 anni dopo una rifondazione effettuata dal presidente-ora sindaco Luigi Brugnaro, che prese una società sparita dai radar anche dei veneziani nel 2006, quando era stata appena promossa in B d’eccellenza (la terza serie) e possedeva il cartellino di un solo giocatore.
Dal primo minuto, Brugnaro ha ragionato come fosse il presidente della più grande società d’Italia, a prescindere dai risultati. Quello che
oggi la Reyer è: l’unico club in A sia con i maschi che con le ragazze, 23 società satelliti, molti titoli giovanili e una politica di marketing sentimentale partita dagli altoparlanti delle auto in giro per i paesi a richiamare la gente e nelle maternità degli Ospedali, dove ogni neonato ha riceveva il kit del tifoso Reyer. Uno sforzo poderoso, con una locomotiva instancabile e una serie di ragazzi eccezionali, in pista 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, addirittura sfiancati dalle continue richieste professionali del presidente. La retorica direbbe che Venezia è campione d’Italia da un bel po’, per tutto quello che ha saputo costruire, poi si sa che nella società di oggi conta solo vincere e soltanto in quel modo si può ottenere il giusto riconoscimento, come è accaduto due anni fa alla Dinamo Sassari. Poi la retorica fa dire anche che sono tutti fiori, anche se talvolta il comportamento negli spogliatoi e in tribuna di Brugnaro è inqualificabile così come è ancora un sogno che la Reyer abbia cementato Venezia e Mestre, rivali di sempre. Molti mestrini sono tristi per questo successo…
La squadra costruita quest’anno ha le sue basi da un
tecnico, Walter De Raffaele, livornese, in campo in quella celeberrima finale del 1989 vinta da Milano (forse) per un centesimo di secondo sulla Libertas, arrivato alla Reyer dal 2011 come vice e coach designato per il futuro anche quando, nel 2014, fu ingaggiato Carlo Recalcati che portò la squadra al miglior risultato dallo scudetto, appunto, del 1943, costruendo un nucleo che ancora resiste: Stone, Peric, Ress, Viggiano, Ortner a cui si sono aggiunti Ejim, Bramos, Tonut. Le squadre vincenti si fanno così…
Se Melvin Ejim è stato votato mvp della finale, c’è un
giocatore che le ha decise: Tomas Ress. Che, a 36 anni,
vanta 8 scudetti (sei a Siena) e 5 coppe Italia. In gara-5, quando Trento stava dominando in casa di Venezia, ha letteralmente cambiato il destino della serie con delle azioni difensive da uomo capace di fare la differenza, anche in Europa, senza neppure tirare. La Reyer era morta a quel punto, ma ha rimontato, vinto e, sul 3-2, è stata superiore nella gara decisiva in Trentino.
Strana serie, vinta 4-2 ma nella quale chi ha perso, un’Aquila Trento comunque encomiabile, è stata in vantaggio per il 60% dei minuti giocati. Ma ha valore solo quello che succede alla fine: Venezia è campione d’Italia e, quel che più conta, non appare alla fine di un ciclo fantastico come nel 2015 la Sassari di Meo Sacchetti, già diviso dal suo presidente da una rottura personale insanabile. La Reyer può riprendere dal prossimo ottobre tale e quale e puntare di nuovo al titolo. Certo, manca la cosa più importante: un impianto moderno e capiente. Il vecchio Taliercio è assolutamente inadeguato. Fosse stato per Brugnaro ne avrebbe già costruito uno nuovo di zecca, ma è stato bloccato prima dalla burocrazia, poi dal ruolo pubblico di sindaco. Speriamo che lo scudetto serva anche a questo.
Luca Chiabotti