Accendendo la tv alla ricerca di sport, non amichevoli, coppette estive di calcio, ci si può imbattere anche in esilaranti situazioni da Ridolini. Che, per i più giovani, è un varierà degli anni 20 che ha lasciato un’impronta nel cinema comico. Le moto, anzi, le motoGP, mi appassionano molto quando piove – poi, via web, ho scoperto che è così per tanti – e la tappa di Brno mi sembrava davvero interessante. Con quella montagna d’acqua che pioveva dal cielo – una manna per noi italiani soggetti alla calura – e quel percorso, fra l’altro, pieno di saliscendi, e quindi ricco di interrogativi per i piloti.
Lo dico: ai miei occhi, di profano, quei ragazzi magri, piccoli e tenaci sono dei guerrieri mitologici, con caschi, tute anti-tutto, para gomiti, para ginocchia. Dove trovano quella forza sovrumana nel manovrare i loro centauri e nello sfiorare il terreno in curva? Noi, in città cadiamo anche da soli, spostando il motorino dal cavalletto! Certo, i motori sono scienza per super-esperti, dove si usa una terminologia ad hoc e si parla sempre al passato, riportandosi ad altre esperienze, etichettate come il buon vino, tipo Misano 2015, che i collezionisti conoscono in tutto il retrogusto e il teleutente della domenica ignora in toto. E mai sarà edotto, a meno che non abbia visto tutte le precedenti puntate del campionato. Con relativo, eccitatissimo, audio a mille del telecronista
Poi però accade l’imprevedibile: dopo due giri, Marc Marques, l’odiato nemico del nostro eroe, Valentino Rossi, rientra stranamente ai box e cambia moto, ma, soprattutto gomme, scommettendo che la pioggia scomparirà del tutto, mentre gli altri nicchiano, perdono tempo, non hanno preparato un altro bolide come lo spagnolo – ma noi italiani non siamo sempre stati i più furbi? -, e poi, addirittura, si scontrano rientrando ai box, come faremmo noi, coi nostri scooter nel parcheggio affollato a pochi minuti da un concerto o dalla partita allo stadio. Lo so, è sbagliato, ma niente strappo una risata quanto una caduta goffa. Facciamo ammenda: non è serio, con tutti quei paroloni tecnici e quella tecnologia che ci sovrastano e ci fanno sentire in grande soggezione. Ma possibile che chi esce dal box non dà la precedenza a chi ci torna, possibile che ci si chieda se serve un vigile, un semaforo, una segnalazione precisa, un altro omino che si aggiunga a quelle formiche laboriose che affollano il paddock? Ma dai! Basterebbe un po’ di buonsenso. Tanto poi – è mai possibile? – vediamo i nostri eroi che smontano dai centauri un po’ traballanti sulle gambe, proprio come noi dopo ore inchiodati sulle notre auto, salgono in un attimo sulla nuova moto e… Stop! Quella non parte. “Non è accesa”, ci dicono gli esperti. Non è accesa? E quindi si perde altro tempo, “Altri secondi preziosi”, ci comunica la tv. Senza sbilanciarsi troppo sul perché e il percome l’essere umano mandi all’aria tutto quel tecnicismo.
La gara finisce come deve finire, con Marquez che se la ride e gli italiani che si lamentano per i punti persi nella classifica del Motomondiale. Il dibattito tv si accende sul retro-pensiero di quel diavolo di spagnolo: ha montato le gomme da pioggia per sviare gli altri, sapendo che sarebbe passato subito a quelle d’asciutto, oppure ha cambiato idea, ma perché l’ha fatto così in fretta, e come ha fatto a fare previsioni meteo così azzeccate, bravura o fortuna? Già, ma anche altri 5-6 avevano pronta la seconda moto attrezzata per l’ipotesi B, perché le Ducati e le altre non ci avevano pensato? Si spulcia il regolamento, si parla, si parla, chi si schiera per l’ipotesi A, chi per la B, chi, come Giacomo Agostini, il primo dio del motociclismo italiano, sceglie salomonicamente il compromesso. Poi, per fortuna arriva lui, Valentino Rossi, che squarcia tutto quel Latinorum (di Manzoniana memoria), e si autoaccusa: “Siamo stati dei somari”. Grazie, Vale, adesso abbiamo capito. E tiferemo ancora di più per te, per la tua istintiva, coinvolgente, semplicità. Alla faccia delle slick.
Vincenzo Martucci