Giovedì, con Italia-Israele, partono i campionati Europei di pallacanestro. Impossibile fare un pronostico sugli azzurri: girone più che abbordabile con Ucraina, Lituania, Georgia, Germania (ne passano 4 su 6), ma si decide tutto nella fase a eliminazione diretta dove il piazzamento del girone influirà nell’accoppiamento degli ottavi nel quale presumibilmente affronteremo una tra Francia, Grecia, Slovenia, Finlandia (o Polonia). Quindi, se ormai sono definitivamente tramontati i fasti della “Nazionale più forte di sempre”, etichetta appiccicata all’Italia negli ultimi due anni, anche sentire da Ettore Messina che il nostro obbiettivo è passare alla seconda fase stride un po’ per mancanza di sana ambizione. Ma non è di un pronostico impossibile da fare che volevo parlare.
La preparazione degli azzurri mi ha lasciato molto perplesso, con 4 sconfitte nelle ultime 6 gare. Col Montenegro abbiamo vinto dopo una rimonta allo scadere, con la Georgia abbiamo approfittato della mancanza del loro miglior giocatore, del fatto che avessero già vinto il torneo Acropolis e della pretattica di coach Zouros che contro l’Italia, all’Europeo, si giocherà gran parte delle possibilità di passare il turno. Tutti hanno parlato di miglioramenti azzurri, francamente non ne ho visti tali da affrontare la prossima manifestazione con serenità. Sarei il primo a essere strafelice di sbagliarmi, anzi lo spero proprio. Nella mia lunga esperienza di preparazioni azzurre, ho sempre dovuto seguire le sensazioni più che i risultati. Mi ricordo perfettamente che nel 2003, quando l’Italia ha vinto l’ultima medaglia europea, al torneo di Strasburgo ebbi la netta sensazione che la Nazionale “ci fosse” nonostante molte assenze che avrebbero potuto affossarci. Mi piaceva, mi convinceva, non so dirvi bene perché… Quando pochi giorni dopo, gli azzurri a Lulea persero male il debutto europeo con la Slovenia per poi essere travolti dalla Francia 85-51, ovviamente pensai di non aver capito niente. Scrissi un articolo molto pesante sull’Italia stando poi male per tutta la notte perché a quei giocatori, e a quella squadra, volevo bene ed ero loro riconoscente per le emozioni straordinarie che erano stati capaci di farmi vivere nel recentissimo passato. La resurrezione e la cavalcata fino alla vittoria proprio con la Francia nella finale per il bronzo restano uno dei miei ricordi più belli, professionalmente e umanamente felici di una intera carriera. In fondo, la squadra c’era stata davvero.
Perché parlo di queste cose facendomi venire, 14 anni dopo, ancora i brividi mentre le scrivo? Perché quest’anno, pur da lontano, per senza il contatto diretto con la squadra, non ho mai avuto la sensazione che la Nazionale di oggi “ci fosse”. E la cosa mi preoccupa. Vero che la formula e gli avversari del nostro girone ci permettono di “crescere durante la manifestazione” ma molti sostengono che i risultati delle qualificazioni non contino nulla, altri che, in questo momento della stagione, sia più importante che la squadra “costruisca buoni tiri” più che segnarli. Vero per carità, ma non ne sono convinto del tutto. Se sbagli i tiri quando la pressione è zero, cosa succede quando ti giochi un Europeo? La preparazione non va sottovalutata.
Per calcolare il valore di una preparazione azzurra ho introdotto una discriminante: conto solo le partite giocate all’estero. L’ho sempre utilizzata nei miei giudizi perché le gare in Italia, spesso disputate nei primi giorni di raduno, in maggioranza contro avversari mediocri e con arbitri italiani sempre pronti a cavarci dai guai, non hanno mai dato indicazioni oggettive. Tanto è vero che se calcoliamo il bilancio delle gare casalinghe pre-Europei dal 2003 (quando abbiamo vinto l’ultima medaglia) a oggi, è di 31 vinte-7 pari ad un surreale 81.5%. Quello delle gare all’estero è 24-25, molto simile al 20-21 ottenuto dagli azzurri nelle gare dei rispettivi campionati Europei. Mi sono preso la libertà di non calcolare due gare contro collegiali americani in vacanza e di aggiungere, invece, una sfida con la Grecia e una con la Francia disputate in Italia come chiusura della preparazione, ambedue perse peraltro. Parziali eccezioni ai consueti dettami, inizio in Italia, poi tornei all’estero, sono il 2011 e 2015 quando la nostra Nazionale ha disputato due tornei a Rimini e Trieste in mezzo alla preparazione (inutile dire che il risultato fu un dopato 5 vinte-1 persa).
Ecco lo schema delle gare “vere” anno per anno:
2003 Vinte 5 (Lituania, Israele, Nuova Zelanda, Russia, Turchia), perse 3 (Francia, Serbia, Germania). Piazzamento Europeo: terzi.
2005 Vinte 3 (Serbia, Russia, Germania), perse 5 (Slovenia, Turchia, Serbia, Grecia, Francia). Piazzamento Europeo: noni.
2007 Vinte 3 (Grecia, Portogallo, Germania), perse 4 (Slovenia, Lituania, Russia, Grecia). Piazzamento Europeo: noni.
2009 non ci siamo qualificati
2011 Vinte 4 (Russia, Polonia, Bulgaria, Grecia), persa 1 (Grecia). Piazzamento Europeo: diciassettesimi.
2013 Vinte 3 (Polonia, Montenegro, Bosnia), perse 5 (Belgio, Israele, Slovenia, Lituania, Grecia). Piazzamento Europeo: ottavi.
2015 Vinte 4 (Lettonia, Estonia, Georgia, Finlandia), perse 2 (Ucraina, Slovenia). Piazzamento Europeo: sesti.
2017 Vinte 2 (Montenegro, Georgia), perse 4 (Belgio, Francia, Serbia, Grecia).
Il dato fondamentale che balza all’occhio, è che è accaduto di aver disputato un’ottima preparazione come nel 2011, almeno considerate le partite vinte-perse, giocando poi un Europeo catastrofico ma non è mai successo il contrario: quando abbiamo giocato maluccio prima dell’Europeo, poi abbiamo fatto maluccio anche ai Campionati. Si potrebbe considerare un’eccezione il 2013 dove sarebbe impietoso dire che abbiamo bucato la manifestazione, considerato come abbiamo perso i quarti di finale con la Lituania. Ma poi siamo scoppiati perdendo la possibilità di conquistare un posto al Mondiale. Quindi non benissimo anche se c’è un’altra cosa da considerare: la formula è cambiata più volte e il diciassettesimo posto del 2011 vale, con l’allargamento del numero delle squadre, più o meno il nono dei due campionati precedenti. Solo i primi otto posti hanno un significato costante nel tempo. Poi c’è un’altra discriminante: nei primi tre campionati considerati, a 16 squadre, una singola sconfitta poteva cacciarti fuori dalle gare decisive a eliminazione diretta, con i tornei a 24 la prima fase ti permette di sbagliare e di recuperare.
Qual è la conclusione? Che se consideriamo la preparazione, appare evidente che la squadra del 2003, che ricordiamo come quella del più grande miracolo azzurro, appaia molto più competitiva della maggior parte di quelle che l’hanno seguita. Certo, dopo la chiamata alle armi di Carlo Recalcati, che nelle qualificazioni riportò in Nazionale perfino Carlton Myers e Riccardo Pittis, la squadra si ritrovò senza i due veterani ma anche, per motivi diversi, Gregor Fucka, Gianmarco Pozzecco, Alessandro Abbio, Andrea Meneghin. Ma aveva comunque sei campioni d’Europa del 1999 che seppero risorgere, dopo aver bucato anche drammaticamente le prime due partite. Sull’altra conclusione preferirei glissare ma visto che siamo qui… L’Italia di oggi non ha convinto in tutte le ultime sei amichevoli disputate, perdendone quattro. Vero che abbiamo perso per strada Danilo Gallinari e dobbiamo trovare nuovi equilibri, ma non è mai successo che una preparazione modesta abbia portato ad un buon risultato all’Europeo. Ma c’è sempre una prima volta. Lo spero, con tutto il cuore.
Luca Chiabotti