C’è qualcosa di magico. Nei luoghi: naturali, fiabeschi, ciclistici. Nella corsa: avventurosa, originale, unica. Nelle strade: antiche, contadine, bianche. Le Strade Bianche è una delle corse più amate dai corridori: sposa la storia con la geografia, collega l’eroismo con la tecnologia, esalta il sacrificio e l’abilità, sovrappone lo spettacolo all’agonismo. Una corsa che è sport e spot, pellegrinaggio e processione, gara e guerra. In un territorio che sa di torri e campanili, di villaggi e contrade, da una ventina d’anni anche di forcelle e pedivelle, di acciaio e carbonio.
Ma le Strade Bianche, la corsa, anzi, le corse, tre, una per i professionisti, una per le professioniste e un’altra per gli amatori, tutte e tre organizzate nel Chianti senese dalla “Gazzetta dello Sport”, è solo l’ultima arrivata di una storia ereditata dall’Eroica dei cicloamatori innamorati del ciclismo d’epoca e addirittura cominciata con il Barone Karl Christian Ludwig Drais von Sauerbronn e la sua draisina, 201 anni fa. Una storia di polvere e fango, di corse e corridori, di miti ed eroi. Così nasce “La leggenda delle strade bianche” (Edicilo, 96 pagine, 8,50 euro), un piccolo elogio e anche un piccolo inno, un po’ spirituale e un po’ filosofico, un po’ corsaro e un po’ corsaiolo, dedicato a quel pedalare così antico da apparire futuristico. E dentro, stavolta, c’è anche un po’ di me.
Marco Pastonesi
ECCO UN ESTRATTO DEL LIBRO…
La musica delle strade bianche è adagio e adagietto, andante e andantino, allegro e allegretto, vivo e vivacissimo, presto e prestissimo, anche affrettando e precipitando, requiem compreso. La musica delle strade bianche è il naso allegro da italiano in gita di Bartali, è l’omino di ferro di Coppi che va e che va e che va, è quel grande campione di Girardengo che nessuno lo segue sullo stradone, ed è chi si alza sui pedali come faceva quando era un bambino e dopo un po’ prendeva il volo dal cancello del giardino. La musica delle strade bianche è il freno che fischia, il pedale che cigola, la sella che gracchia, il cerchione che sibila, la catena che ronza, il telaio che crepita, il vento che spiffera, il fiato che soffia, perfino il ginocchio che scricchiola. La musica delle strade bianche è soprattutto una strada zitta, un’alzaia silenziosa, un incrocio afono, un ponte muto, una rotonda rimasta senza parole. La musica delle strade bianche è l’accordo che si crea in un tandem, la scala dei rapporti davanti e dietro, la croma di una cromatura, è coro e orchestra quando si viaggia in gruppo, è assolo quando si scatta o più spesso ci si stacca, è ritmo e armonia quando le gambe cantano, ed è chiavi, anche quelle inglesi. La musica delle strade bianche è un gregario che si chiama McCartney ma non è Paul, un velocista che si chiama Conte ma non è Paolo, un passista che si chiama Morandi ma non è Gianni, un falso campione che si chiama Armstrong ma ovviamente non era il vecchio Louis. La musica delle strade bianche non sta nelle cuffie ma nei ventricoli, non sta negli iPod ma nel dna, non sta nelle onde ma nello sterrato, ma anche sull’asfalto e nella pista, tant’è vero che sulla pista si balla. La musica delle strade bianche comincia con un si, si comincia, continua con un do, do tutto, e finisce con un fa, ma chi me lo ha fatto fa’….