A sei anni dalla scomparsa di Marco Simoncelli, Carlo Canzano ci racconta il suo ricordo del pilota di Cattolica, morto tragicamente durante il GP della Malesia a Sepang il 23 ottobre 2011. “Faccio sempre molta fatica a parlare di Simoncelli, emergono ricordi sempre più lontani nel tempo e un finale tristissimo. Marco era un ragazzo particolare, diverso dagli altri, un po’ naif nel senso che era aperto, solare, bizzarro. E poi il tutto accentuato dalla enorme statura e da quella selva di capelli che era un po’ il suo marchio di fabbrica. Era speciale perchè Marco era amico di tutti e appariva tale anche agli occhi di chi non lo conosceva. Questa era un po’ la sua grande forza, entrava facilmente in contatto anche con persone a lui sconosciute. Un’altra grande qualità di Simoncelli era quella di avere alla spalle una bellissima famiglia, una famiglia ancorata con i piedi per terra, molto unita, umile e che comuqnue gli aveva trasmesso la giusta tranquillità per affrontare la vita. Tutte queste qualità lo trasformavano in pista in un pilota molto aggressivo, sfrontato, ma sempre corretto e mai sopra le righe. Guidava come viveva, a tutta ma senza uscire dai limiti imposti dalla correttezza e dalla sportività”.
Che legame univa Valentino Rossi a Marco Simoncelli? “Un legame di vera amicizia. Si frequentavano anche quando Marco correva nelle classi inferiori e poi si vedevano molto anche al di fuori delle corse. Marco è stato uno dei primi che Valentino invitata alla “cava” a girare con le moto da cross. E Marco era sempre molto entusiasta di questo. Era una cosa che ne andava veramente orgoglioso. Valentino Rossi, il pilota più titolato e più famoso del mondo, gli permetteva di entrare un questa specie di ranch di 100 ettari per girare con la moto e per di più misurarsi con Valentino Rossi. Io credo che una parte del cuore di Valentino si sia fermata quel giorno a Sepang. Un dolore silenzioso ma straziante che Rossi non ha mai dimenticato e non vuole certo dimenticare”.