Non è record, non poteva essere record nello sport che ha più incidenza con gli autogol della psiche che inghiottono qualsiasi ego e qualsiasi sicurezza in vortici imprevedibili e incontrollabili. Ma certo la rimonta di Justin Rose su Dustin Johnson nell’ultimo giro del World Golf Championship di Shanghai (9.750.000 dollari, prima moneta 1.739.000) sarà una delle tappe memorabili del 2017 che volge al termine. Il campione olimpico dell’anno scorso a Rio, ha recuperato ben 8 colpi di svantaggio sullo statunitense, numero 1 del mondo, staccandolo di altri due, aggiudicandosi col -5 di giornata (- 14 finale) il primo titolo stagionale. Mentre Johnson ha chiuso a +5 (5 bogeys) le ultime 18 buche, concludendo a -12, come Stenson e Koepka, al secondo posto. Fallendo la possibilità di diventare il primo a vincere tre tappe del super circuito World Golf Championship in una stagione.
Bravissimo Justin, 37enne sudafricano che a 5 anni si trasferì con la famiglia in Inghilterra acquisendo la nazionalità inglese per poi maturare golfisticamente sul Pga Tour. Ricordiamo che allo Us Open 1998, giovanissimo dilettante, terminò quarto assoluto. Ricordiamo che ha avuto un inizio di carriera burrascoso: non riuscì a superare il taglio per 21 tornei consecutivi. Ricordiamo che poi ha vinto lo Us Open 2013, ed è diventato il primo inglese ad aggiudicarsi un Major da Nick Faldo nel 1996 e Tony Jacklin nel 1970. Ricordiamo che, conquistando l’oro olimpico, al ritorno del golf ai Giochi dopo 112 anni, è entrato nella storia e nella Hall of Fame del Golf, tra i cinque giocatori che hanno vinto le più importanti competizioni in tutti i continenti. Ricordiamo i due secondi posti al Masters (nel 2015 e quest’anno, dietro Sergio Garcia), e il terzo posto al Pga Championship 2012. Stavolta, a Shanghai, ha piazzato ben 5 birdies nelle seconde nove, a premiare il nono successo Pga in carriera, peraltro dopo una stagione molto solida, ma anche sfortunata, col secondo posto oltre che al Masters anche al Bmw Championship e al Sony Open alle Hawaii, collezionando così il nono piazzamento fra i “top ten” e rientrando nei primi dieci del mondo (da 13 che era giovedì, anche se nel 2013 è arrivato alla classifica record di numero 3).
La sua rimonta rimarrà indimenticabile perché l’ha ottenuta a spese del numero 1 della classifica, con un successo importante in un torneo importante. Ce l’ha fatta contro Johnson che tutti i golfisti ammirano perché è il più “lungo” del circuito, anche se sconta spesso sul green il vantaggio di potenza. Risultando comunque spettacolare, come alla buca 18, quand’ha cercato un miracoloso eagle per agganciare in extremis Rose e disputare almeno il playoff, ma la sua palla è finita in acqua. Accontentando gli dei del golf che prediligono l’accuratezza di tutti i colpi alla forza del drive.
Il record della più consistente rimonta nel giro finale resta quello di 10 colpi di Paul Lawrie, che ci riuscì peraltro in un Major, al British Open 1999, a spese del povero Jean Van de Velde. Recuperando nelle ultime 18 buche da 223 colpi a 123 che era, aggiudicandosi la prova con addirittura 4 buche di vantaggio, grazie al suo 67 contro il 77 finale del francese. Che si suicidò alla 18, a un passo dallo storico successo. Miracoloso fu anche la rimonta di 9 buche di svantaggio all’ultimo giro di Stewart Cink all’MCI Heritage 2004, mentre a quota 8 buche recuperate nelle ultime 18 Rose si aggrega ad altri otto fenomeni. Curiosità numero 1: al Masters del 1956, Jack Bourke Jr rimontò Ken Venturi e al Los Angeles Open 1959 avvenne il contrario. Curiosità numero 2: Johnson può consolarsi, ha imitato campioni come Greg Norman (Masters 1996) e Sergio Garcia (Quail Hollow 2001) come dissipatori di un vantaggio così grande all’ultimo giro nella storia del PGA Tour. Magari è di buon auspicio per lo statunitense. Il popolare DJ, campione dello Us Open 2016 e secondo al British Open 2011. Magari è la conferma che non è da un super drive che si giudica un golfista.
VINCENZO MARTUCCI