Avevo 8 anni quando entrai per la prima volta in uno stadio. All’Olimpico di Roma, che aveva le bandiere al posto delle tettoie, l’Italia superò l’Irlanda del Nord grazie a un golletto di Cervato, che di professione faceva lo stopper. Era la partita d’andata dello spareggio per andare a Mondiali del 1958 programmati nella florida Svezia, esportatrice di talenti a cominciare dal mitico trio Gre-No-Li catturato dal Milan.
L’Italia aveva due risultati su tre nella partita di ritorno a Belfast, ma il pareggio ottenuto a fatica venne annullato dalla Fifa perché l’arbitro designato non era arrivato sul posto causa maltempo. La ripetizione del match fu fatale agli azzurri battuti di misura dai nord irlandesi che ci soffiarono le prenotazioni in Svezia. Sarebbe stata l’unica assenza italiana nella storia de Mondiali, non contando l’edizione del 1930 alla quale non eravamo iscritti.
L’eventualità di replicare quella magra viene ritenuta dai più molto improbabile. La Svezia questa volta non è il paese organizzatore ma la sfidante che il comandante Ventura dovrebbe affondare. Semmai c’è da sottolineare una sinistra coincidenza, il ricorso agli oriundi che erano presenti in abbondanza nella sciagurata avventura del 1958 con il paradosso rappresentato da Alcide Ghiggia, campione del mondo nel 1950 con la maglia dell’Uruguay, chiamato a rappresentare un’altra bandiera come se niente fosse. Non ho niente contro Jorginho e Eder, ma francamente, ne avrei fatto a meno invece di sacrificare un talento come Verdi, specialista nei calci piazzati e autore di una prodezza che non ha precedenti nella mia memoria: segnare due gol su punizione, il primo con il sinistro, il secondo con il destro.
Il recupero di Zaza, che sta facendo bene a Valencia, E’ un altro azzardo non da poco e anche l’esclusione di Pellegrini in favore di Gagliardini è assai discutibile, ma Ventura si gioca tutto e merita dunque rispetto fino a prova contraria. Carletto Ancelotti, intanto, sale sul trespolo.
Enrico Maida