“La prima cosa è la salute”. Robin Soderling ha masticato amaramente questa massima dei nostri nonni per anni, ripensando alla sfortuna che gli ha troncato la carriera sul più bello, rovinandogli la fama di guastafeste, di tennista scorbutico e potente, di rude picchiatore che riduce in poltiglia qualità, classe e blasone di classifica, rovesciando qualsiasi pronostico e qualsiasi record contro qualsiasi avversario. Noi italiani l’avevamo scoperto sul podio dell’ultimo torneo di Milano indoor del 2005, quando, a forza di violenti schiaffoni, deluse la conversione di Radek Stepanek da doppista a singolarista. Gli avversari l’hanno sperimentato sulla propria pelle, fra un infortunio e l’altro, vuoi a una spalla vuoi a un ginocchio. Dava comunque fastidio per quella potenza devastante e quei modi irrispettosi. Come a Wimbledon 2007, quando si arrese a Nadal contestandogli apertamente le ben note perdite di tempo al servizio e poi lo superò clamorosamente al Roland Garros 2009, dopo 4 trionfi e 31 partite di fila dello spagnolo. Per poi concedere a Roger Federer la prima ed unica affermazione sulla terra di Parigi. Ma stoppandolo nel 2010, dopo 23 semifinali Slam consecutive del Magnifico, e cedendo poi solo al solito Nadal, nella seconda finale parigina consecutiva.
La sua corsa finì praticamente lì, insieme al divorzio con coach Magnus Norman, connazionale svedese dal tennis potente e metodico come lui che migliorò il prototipo-Soderling, attaccante da fondocampo, lanciando Stan Wawrinka verso la conquista di tre Slam.
Colpito da una misteriosa mononucleosi, il povero Robin, che il 15 novembre 2010 è arrivato al numero 4 del mondo aggiudicandosi 10 titoli Atp, e guadagnando 10 milioni di dollari di soli premi, si è convinto giorno dopo giorno che doveva ritirarsi ma, da indomabile guerriero vikingo, ha accettato la situazione soltanto adesso, annunciando l’addio ufficiale, e regalando qualche confessione, tipiche di fine carriera: “Sono davvero felice di sentirmi di nuovo bene. Ho sempre la sensazione di non aver finito il mio lavoro, quando guardo alla tv che ci sono giocatori della mia età che ho battuto più volte. Qualche giocatore riesce a fare risultato, ma ripetersi e restare fra i primi come ho fatto io con le due finali di fila a Parigi e i successi su Rafa e Federer dimostrano che ero da primi 5 del mondo, negli ultimi tre-quattro anni della carriera, ho avuto la sensazione che se avessi giocato bene avrei avuto la chance di vincere anch’io uno Slam. Devo comunque pensare positivo, ho avuto una buona carriera e, da coach, sono rimasto coinvolto nel tennis che frequento dai 12 anni ed è la mia vita”. Allena il promettente 21enne Elias Ymer, di genitori etiopi, ma di bandiera svedese. “Ha avuto qualche problema nel passaggio da una buona carriera juniores al professionismo, lavoriamo insieme da luglio, e stiamo insistendo tanto sul fattore mentale. Era preoccupato di dover giocar bene a tutti i costi e si distraeva dal concetto fondamentale di trovare il modo per vincere le partite. E’ sceso in classifica, ha perso fiducia e si è allontanato troppo dalla riga di fondo, perdendo aggressività. Ma è molto migliorato e ha molte chances di qualificarsi agli Australian open di gennaio”.
Il successo su Rafa al Roland Garros resterà l’acme, il ricordo più bello di Soderling, contro il re della terra, che poi ha vinto addirittura 10 volte quel torneo. “L’ho battuto giocando aggressivo, non avevo paura di lui, pensavo solo a mettergli continuamente pressione, restando sul fondo è impossibile batterlo. E poi giocai benissimo. Certo, fra lui, Novak (Djokovic) e Roger (Federer), i problemi più grossi li avevo contro Roger: mi faceva giocar male. Anche se di sicuro, Federer perderà sempre tanto contro Djokovic che si muove così bene e rimanda tante palle indietro. Io vedo sempre Roger, anche agli Australian Open dii gennaio, dove potrebbe duellare con Novak ed Andy (Murray), al rientro. Non credo con Rafa. Se Roger avesse giocato anche sulla terra rossa, avrebbe chiuso il 2017 da numero 1 del mondo”.
Oggi, Roger, Rafa, Novak, Andy ma anche altri, come Wawrinka e Raonic, che giocano “alla Soderling”, cioè tirando tutti i colpi a tutto braccio, si sono fermati per infortunio: “La stagione è troppo lunga, il tennis non è come altri sport che hanno tre-quattro mesi di riposo e recupero. Noi abbiamo solo qualche settimana a dicembre: il nostro sport avrebbe sicuramente benefici se avesse un break più lungo”.
Parola di tennista sfortunato, che sii è fermato sul più bello.
VINCENZO MARTUCCI