Poche righe, per provare a spiegare cosa sia stato (e sia, ovvio) Marek Hamsik per Napoli e i tifosi azzurri. Tutto cominciò in una calda notte d’estate del… 1984.
Sì, perché con il goal alla Sampdoria, Hamsik non solo ha superato la Storia, il Mito, sua maestà Diego, ma soprattutto sancito l’eccezionalità del suo rapporto con una città intera.
A nessun altro, infatti, sarebbe stato concesso ‘l’affronto’, con la stessa naturalezza. Non tanto per la qualità del giocatore – uno dei centrocampisti più belli da vedere ed efficaci sotto porta degli ultimi 10-15 anni – ma per la scelta professionale fatta e ribadita più volte. Ecco perché tutto torna a quella notte d’estate di 33 anni fa. In un’Europa ancora divisa dal muro – Marek sarebbe nato solo tre anni più tardi – e in una città già perdutamente innamorata del messia argentino, sarebbe stato folle immaginare che un giorno sarebbe toccato a un mite ragazzo dell’allora Cecoslovacchia prenderne in qualche modo il posto. Con i 116 goal, certo, ma soprattutto con un senso di appartenenza ormai raro, se non unico. Juventus, Milan (quello vero), Chelsea non sono esattamente squadre di seconda fascia e aver sempre detto di ‘No’, preferendo per dieci, lunghi anni una squadra forte, ma non fortissima, fa di Marek Hamsik il fidanzato ideale di una città intera. Tanto il Dio che salì gli scalini del San Paolo, in quell’estate leggendaria , era sopra ogni riga immaginabile, tanto lo slovacco è un uomo sotto traccia. Tranquillo, riservato fino all’eccesso. Al punto, che fai ancora fatica a spiegarti come gli sia venuta l’idea della cresta. Unica, ma iconica concessione (con i tatuaggi) all’immagine del calciatore di oggi. Più a suo agio in silenzio e con gli occhialini da bravo studente, che con le dichiarazioni da capo-popolo, Hamsik è ormai il Napoli. Da una vita. E lo è, nonostante gli incredibili attaccanti transitati dalle sue parti. Favolosi giocatori, come Cavani e Higuain, che hanno legittimamente fatto scelte diverse. Tirando le somme fra qualche anno, coppe e trofei premieranno certamente loro. Noi, però, vogliamo credere che per qualche (raro) giocatore sia ancora più importante il numero di poster appesi nelle camerette di una città.
Fulvio Giuliani
(tratto da www.fulviogiuliani.com)