“Voglio essere uno dei primi a congratularmi con te per l’obbiettivo che hai raggiunto stasera. Solo poche persone ci sono riuscite e anche se so che non è mai stata una cosa che hai perseguito dall’inizio della tua carriera prova (ti prego, prova) a godere di questo momento per te stesso e per come ci sei arrivato. La Casa della quale stai per far parte ha solo 6 sedie fino ad ora, ma una sarà aggiunta e tu dovrai essere davvero orgoglioso ed onorato di esservi invitato a sederti. Ci sono talmente tante persone da ringraziare per l’aiuto dato perché ciò diventasse possibile (grazie a tutti quanti) e quando tu alla fine di godrai questo momento solo con te stesso, sorridi, rivolgiti verso i cieli più alti e dì GRAZIE! Ancora congratulazioni Giovane Re!”.
E’ la lettera che LeBron James ha scritto a… LeBron James quando ha raggiunto i 30 mila punti realizzati nella Nba, settimo assoluto e il più giovane di sempre a riuscirci. Il più forte giocatore del mondo l’ha scritta al giovane LeBron, quello che giocava al liceo, che già sembrava predestinato ma poi passato attraverso a tanti momenti controversi oltre che gloriosi. Ma che grande è? Già noi cestisti abbiamo Kobe Bryant candidato agli Oscar col cartone animato tratto dalla lettera che ha scritto al basket nel momento del suo ritiro. La carriera di LeBron è ancora lunga, ma promette di regalarci altre piccole opere letterarie. Sincere. Non scritte dagli uffici stampa e dai pr delle aziende che lo sponsorizzano.
Il fatto di essere stato il più giovane della storia a raggiungere i 30 mila punti realizzati, un traguardo ottenuto con un “long two”, come gli esperti chiamano adesso i tiri da due punti fuori dall’area, contro San Antonio, è più suggestivo che realmente significativo. Perché LeBron, come Kobe, fa parte di una generazione entrata nella Nba saltando l’università, quindi a 18 anni mentre chi li ha preceduti, come Michael Jordan o Kareem Jabbar, è passato professionista tre-quattro anni più anziano. Ma sono soltanto 7 i giocatori ad aver raggiunto quota 30 mila: Abdul Jabbar, Karl Malone, Kobe Bryant, Michael Jordan, Dirk Nowitzki, Wilt Chamberlain e LeBron James. Il cui tassametro, a 33 anni appena compiuti, corre ancora senza segnali di cedimento.
Oddio, i Cleveland Cavaliers, come è accaduto spesso in questi anni a metà stagione, stanno vivendo una crisi abbastanza profonda. Partiti male, hanno poi rimesso in piedi la loro classifica per poi cadere in un pozzo che li ha visti vincitori solo in 4 delle ultime 15 partite: nelle ultime sette hanno superato soltanto i derelitti Orlando Magic. LeBron sta tirando, al solito, la carretta, viaggia a 26.8 punti di media, 7.9 rimbalzi, 8.6 assist, e la sua produzione non è calata un granché nel momento bui, se non in una sconfitta contro Minnesota. Un po’ appannato è Kevin Love, pur in una stagione complessivamente convincente. I Cavs hanno un mare di motivi per spiegare i loro alti e bassi, dal rientro dall’infortunio solo a gennaio di Isiah Thomas, lontanissimo dai suoi standard bostoniani e, soprattutto, che ancora deve capire cosa si può fare o non fare accanto a King James, alla saga un po’ alla Cassano di Derrick Rose (gioco, non gioco più, gioco ancora…), dal più che onorevole spegnimento di Dwayne Wade alla considerazione generale che il supporting cast di LeBron è impalpabile, da JR Smith in giù. Il risultato più evidente è che la difesa dei Cavs fa acqua da tutte le parti e, come dice proprio LeBron, giocando così la squadra non può puntare alla finale. Lo dice uno che ha disputato le ultime 7 vincendone tre, quindi piuttosto esperto… Tutti sanno che King James dei playoff è una creatura differente rispetto a quello della stagione regolare nella quale, per forza, deve amministrarsi. E tutti sanno che nella versione “miglior giocatore del mondo”, James può vincere da solo un titolo. Però, quando non è al top, è troppo condizionante per i compagni. Diciamola tutta: i Cavs giocano una pallacanestro di qualità modesta che diventa competitiva solo se LeBron la illumina anche con i suoi strepitosi passaggi.
Di solito le crisi di Cleveland passano in tempo: hanno disputato le ultime tre finali vincendone una. Ma se i grandi rivali di Golden State possono provare a competere se uno tra Steph Curry o Kevin Durant latita, i Cavs senza il miglior James affondano. E questo è un anno particolare per il Re: la prossima estate potrà uscire dal contratto, non ha apprezzato come il suo club ha gestito la dipartita di Kyrie Irving, stanco di fare il suo scudiero, e, notizia delle ultime ore, il proprietario di maggioranza del club Dan Gilbert ha messo in vendita la sua quota. Il che rende piuttosto instabile la situazione economica di un club che deve convincere la sua stella a restare costruendole attorno una squadra da titolo. Ecco che allora cominciano i “rumors” che parlano di LeBron il prossimo anno a Houston assieme al suo miglior amico, Chris Paul, e all’attuale Mvp della lega, James Harden. Un bel modo per finire la carriera… Ma è presto, James deve prima raddrizzare i Cavs e poi cercare di vincere un altro titolo, per foraggiare i sondaggi sul chi sia il più grande giocatore della storia, lui o Michael Jordan. Nel frattempo, ha avuto un momento di dolcezza scrivendo al giovane se stesso, cresciuto a Akron in una situazione disagevole, senza conoscere il padre, e subito sottoposto a pressioni tremende di chi voleva mettere le mani sul grande tesoro cestistico che già mostrava di possedere. E’ stato molto bravo a uscirne, come persona prima che come giocatore. Congratulazioni Giovane Re.
LeBron scrive a LeBron: congratulazioni Giovane Re!
James ha raggiunto i 30 mila punti segnati nella Nba e ha scritto una lettera a se stesso diciasettenne. Intanto i suoi Cavs annaspano e si moltiplicano le voci che questo sarà il suo ultimo anno a Cleveland
[…] sportsenators.it a cura di Luca […]