Il re è nudo. Il rigore di Benatia non è grigio, non è molto dubbio, non è un furto, è chiarissimo, è lampante: è il classico spintone del disperato difensore all’attaccante che sta per tirare da solo davanti al portiere; la reazione di Gigi Buffon è umanamente e sportivamente comprensibile, ma davvero assurda e incondivisibile, tanto che si conclude con l’espulsione dal campo; la filippica del presidente juventino, Andrea Agnelli, contro il designatore arbitrale, l’italiano Collina, reo di occupare da troppo tempo la poltrona, è decisamente astrusa.
Il re è ancor più nudo della famosa favola di Andersen. Era rigore: si vede chiaramente, è fin troppo semplice, eppure diventa terribilmente difficile ammetterlo. Soprattutto per noi italiani, così passionali ed emotivi, così influenzabili dai comportamenti. Così umani – che bello! – da sognare la seconda “remontada”, dopo quella della Roma contro il Barcellona, ancora contro gli antipatici fenomeni di Spagna. Noi, e il nostro bistrattatissimo calcio che non s’è qualificato ai Mondiali. Noi che ci facciamo influenzare volentieri da sentimenti diversi e fortissimi: la passione per la squadra del cuore e i beniamini sportivi, l’emozione del momento che è montata in un bolero esaltante e magnifico, la rabbia di aver mancato per un soffio i sospirati tempi supplementari rovesciando lo 0-3 dell’andata, la frustrazione di una gioia immensa che sfuma, su un campo e contro una squadra importantissimi (e terribilmente ricchi ed antipatici), e viene ricacciata violentemente, prepotentemente, in gola, ancora nella Champions League maledetta della Juventus, addirittura al minuto 93. Noi italiani, paralizzati davanti alla tv, ci siamo ritrovati improvvisamente uniti – oltre gli odi di mezza nazione per la Juventus – intimamente solidali col campione-mito, Gianluigi Buffon, il portiere azzurro che non se lo meritava proprio questo sgarbo del destino. Lui che è agli sgoccioli di una carriera luminosa ma senza gemme mondiali, lui che è tanto amato anche dai colleghi giornalisti che lo hanno frequentato, apprezzandolo sempre di più, negli anni. Tanto quanto compagni ed avversari. Avete visto come a fine partita il pubblico lo ha osannato e come Ronaldo l’ha abbracciato fraternamente, consolandolo?
Eppure il re è talmente nudo che, per contestare un rigore tanto lampante, quanto sanguinoso e indimenticabile, per ribellarsi all’ennesima fiammata del solito CR7 e al destino beffardo, i protagonisti si aggrappano a tesi improponibili. Buffon accusa l’arbitro di non avere un cuore, di non aver saputo valutare il momento, di non aver pesato la situazione specifica, di aver ignorato la storia di questo schizofrenico doppio confronto col Real Madrid e, soprattutto, di non aver tenuto in conto la sua storia personale, di campione segnato dal tempo, senza ormai tante occasioni di vittorie importanti. E Massimiliano Allegri non dichiara che il rigore di Madrid non c’era, recrimina su quello negato al suo giocatore, Cuadrado, nella partita d’andata, a Torino: “L’ho detto subito che ci sarebbe costato caro, e l’ho ricordato a Sergio Ramos a bordo campo”. Come a dire: “Era giusto darli tutti e due, i rigori, ma non avendo dato quello, non dovevano dare questo”. Ma come, dopo anni e anni di discussioni e di processi tv in cui si è dibattuto sulla assoluta necessità da parte degli arbitri di giudizi equanimi, estranei al colore della maglia, ai precedenti, al bilancino che pesasse quanto successo fino ad un attimo prima e in passato, alla ricerca di onestà intellettuale, adesso, all’improvviso, si vorrebbe azzerare e reinterpretare tutto?
Chissà perché siamo convinti che Gigi Buffon, un giorno, racconterà ai suoi figli la favola del re nudo, parlando di un Real-Juve del 2018, quando papà si ostinò a dire che era vestito, ed ammetterà finalmente la realtà così difficile da accettare oggi. Eppoi, quel rigore, senza la sua vivace protesta, senza la sua plateale espulsione, quanto banale sarebbe stato? E quanto male gli avrebbe fatto, di più, se fosse rimasto in campo ed inchinarsi lui, e non Szczesny, a quella cannonata sotto la traversa, e se avete dovuto raccogliere il pallone nella rete, insieme all’ultimo sogno infranto?
VINCENZO MARTUCCI
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